N. 86 SENTENZA 11 - 27 marzo 2009

LA CORTE COSTITUZIONALE composta dai signori:

Presidente: Paolo AMIRANTE;

Giudici: Ugo DE SIERVO, Paolo MADDALENA, Alfio FINOCCHIARO, Alfonso QUARANTA, Franco GALLO, Luigi MAZZELLA, Gaetano SILVESTRI, Sabino CASSESE, Maria Rita SAULLE, Giuseppe TESAURO, Paolo Maria NAPOLITANO, Giuseppe FRIGO, Alessandro CRISCUOLO;

ha pronunciato la seguente

Sentenza nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 85 del d.P.R.

30 giugno 1965, n. 1124 (Testo unico delle disposizioni per l'assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali), promosso dal Tribunale di Milano, nel procedimento civile vertente tra M.R. in proprio e quale esercente la patria potesta' sul figlio minore J.P.Q. e l'Inail, con ordinanza del 6 maggio 2008, iscritta al n. 268 del registro ordinanze 2008 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 38, 1ª serie speciale, dell'anno 2008.

Visti l'atto di costituzione di M.R. nonche' l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

Udito nell'udienza pubblica del 10 febbraio 2009 il giudice relatore Alfio Finocchiaro;

Uditi l'avvocato Maria Stefania Masini per M.R. e l'avvocato dello Stato Francesco Lettera per il Presidente del Consiglio dei ministri.

Ritenuto in fatto 1. - Con ordinanza del 6 maggio 2008, il Tribunale di Milano nel corso del procedimento civile promosso dalla signora R.M., in proprio e quale esercente la patria potesta' sul figlio minore J.P.Q., per il conseguimento della rendita Inail pari al cinquanta per cento della retribuzione percepita dal suo convivente in conseguenza del decesso dello stesso, avvenuto a seguito di infortunio sul lavoro, ovvero la somma di € 17.216,46, o, in subordine, per il riconoscimento del diritto del minore ad una rendita Inail pari al quaranta per cento della retribuzione annua del padre - ha sollevato, su eccezione della ricorrente, questione di legittimita' costituzionale dell'art. 85 (recte: art. 85, primo comma, numeri 1 e 2) del d.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124 (Testo unico delle disposizioni per l'assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali), in riferimento agli artt. 2, 3, 10, 11, 30, 31, 38 e 117 Costituzione e agli artt.

12 e 13 del Trattato C.E.

1.1. - Il giudice a quo, con riguardo alla domanda proposta dalla signora R.M., in proprio, rileva che il predetto art. 85, primo comma, n. 1, del citato d.P.R. n. 1124 del 1965, prevedendo che, in caso di decesso del lavoratore, sia disposta una rendita per il coniuge nella misura del cinquanta per cento si porrebbe, anzitutto, in contrasto con l'art. 2 della Costituzione in quanto, non garantendo al convivente more uxorio la rendita del cinquanta per cento prevista invece per il coniuge, non offrirebbe adeguata tutela alla famiglia di fatto che, al pari di quella fondata sul matrimonio, rende possibile lo svolgimento della personalita' dell'individuo.

La norma censurata violerebbe anche l'art. 3 della Costituzione, negando il diritto alla rendita al convivente more uxorio anche quando la convivenza abbia acquistato i caratteri di stabilita' e certezza propri del vincolo coniugale.

Sarebbe, ancora, violato l'art. 31 della Costituzione, sotto il profilo del vulnus al principio del favor familiaris, che obbliga lo Stato ad impegnarsi per promuovere ed agevolare il nucleo familiare qualunque sia la sua forma.

Allo stesso favor si ispira anche la Convenzione sui diritti dell'infanzia, siglata a New York in data 20 novembre 1989, e ratificata dall'Italia con legge 27 maggio 1991, n. 176, che, all'art. 27, impone agli Stati di adottare adeguati provvedimenti, in considerazione delle condizioni nazionali e compatibilmente con i loro mezzi, per aiutare i genitori ad attuare il diritto di ogni fanciullo a un livello di vita sufficiente a consentire il suo sviluppo fisico, mentale, spirituale e sociale.

Si lamenta, poi, la violazione dell'art. 38 Cost., in virtu' del quale la Repubblica e' direttamente investita delle funzioni di assistenza e previdenza sociale che garantiscano al lavoratore e ai familiari a suo carico un'adeguata protezione verso i rischi professionali e non.

La norma censurata non consentirebbe al genitore non coniugato di provvedere al mantenimento dei propri figli e non preverrebbe ne' ridurrebbe in alcun modo le condizioni di bisogno e disagio individuale e familiare.

La norma censurata si porrebbe, inoltre, in contrasto con gli artt. 11 e 117 della Costituzione, non rispettando i vincoli derivanti dall'ordinamento comunitario (Trattato U.E., Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea, proclamata a Nizza il 7 dicembre 2000) e dagli obblighi internazionali (Convenzione sui diritti sull'Infanzia). Infatti, il Trattato prevede, all'art. 13, un meccanismo attivabile dal Consiglio, su proposta della Commissione e previa consultazione del Parlamento europeo, al fine di combattere le discriminazioni comunque verificatesi all'interno dell'Unione europea. Inoltre, la Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea, all'art. 21, vieta qualsiasi forma di discriminazione fondata sulla nascita e, al secondo comma, prevede che 'nell'ambito d'applicazione del Trattato che istituisce la Comunita' europea e del Trattato sull'Unione europea, e' vietata qualsiasi discriminazione fondata sulla cittadinanza'. Nel caso di specie, la ricorrente subirebbe una discriminazione in ragione della sua nazionalita', dal momento che se essa fosse stata convivente more uxorio con un cittadino non italiano o se il sig. Q. avesse subito l'incidente...

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