N. 86 RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE

Ricorso per la Regione Calabria, in persona del l.r. pro tempore Presidente della Giunta regionale on. Agazio Loiero, rappresentata e difesa, giusta delibera G.R. n. 693 del 6 ottobre 2008 e correlato decreto dirigenziale di incarico, nonche' in virtu' di procura speciale a margine del presente atto, dal prof. avv. Massimo Luciani, e dagli avvocati Mariano Calogero e Giuseppe Naimo dell'Avvocatura regionale, ed elettivamente domiciliata in Roma, via Bocca di Leone n. 78, presso lo studio del primo difensore;

Contro Presidenza del Consiglio dei ministri, in persona del Presidente pro tempore, per la dichiarazione di illegittimita' costituzionale, previa sospensione, degli artt. 6-quater, 6-quinquies, 6-sexies, 61, 62, 77 e 77-ter del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, pubblicata in Gazzetta Ufficiale n. 147 del 25 giugno 2008 - Supplemento ordinario n. 152; come convertito, con modifiche, della legge 6 agosto 2008, n. 133, pubblicata in Gazzetta Ufficiale n. 195 del 21 agosto, 2008 - Supplemento ordinario n. 196.

Cosi' indicate le norme avverso le quali si intende svolgere censure, questa difesa intende ora evidenziare l'interesse a ricorrere della Regione Calabria in relazione al parametro di cui all'art. 117, primo comma, Cost. e, per il suo tramite, alle norme comunitarie che verranno in seguito indicate.

L'ammissibilita' di censure che assumono quale parametro l'art.

117, primo comma, Cost., integrandolo con il richiamo, quali norme interposte, alle norme comunitarie, e' ormai saldamente affermata nella giurisprudenza di codesta ecc.ma Corte costituzionale (cosi', da ultimo, sent. n. 102 del 2008).

Come sara' meglio dimostrato, poi, nei singoli motivi di ricorso, la dedotta violazione delle norme comunitarie e' lamentata in quanto essa lede direttamente ed indirettamente le attribuzioni regionali.

Cio' precisato, possono essere esposti, qui di seguito, i singoli motivi del presente ricorso.

1) Illegittimita' costituzionale dell'art. 62 del d.l. n. 112 del 2008, conv. con modif. in legge n. 133 del 2008, per violazione degli artt. 70, 77, 117, terzo comma, 97, 118 e 119 Cost., e per violazione del principio di effettiva e leale collaborazione.

1.1.) L'art. 62 del d.l. n. 112/2008, al comma 1, pone un divieto assoluto di stipula di contratti relativi agli strumenti finanziari derivati e del ricorso all'indebitamento in forme diverse da quelle ivi previste. Innanzi tutto, poiche' le norme introdotte dalla legge di conversione sono sostanzialmente conformi a quelle introdotte dal d.l. n. 112/2008 nella versione originaria, deve denunciarsi la contrarieta' dei commi 1 e 2 all'art. 77 Cost. (e, conseguentemente, all'art. 70 Cost., che riserva la funzione legislativa alle Camere, espropriate delle loro prerogative, in forza dell'illegittimo esercizio della decretazione d'urgenza), per palese mancanza dei requisiti di straordinaria necessita' ed urgenza (cfr., da ultimo, sent. n. 128/2008, par. 6).

Infatti, come ricavabile dai lavori preparatori, l'adozione del d.l. in questione discende esclusivamente dalla scelta di 'anticipare a giugno un provvedimento legislativo contenente le misure che tendono a concretizzare la manovra di bilancio triennale sulla base degli obiettivi programmatici di finanza pubblica indicati nel DPEF 2009-2013'. Nessuna straordinaria necessita' ed urgenza, quindi, ma una semplice scelta 'di lungo periodo': si legge nel DPEF 2009-2013, al punto 1) dell'introduzione, che 'per questo interrompiamo la tradizione di discussioni che sulle ''finanziarie'', per prepararle, per farle, per controllarne infine gli effetti, occupavano ogni anno mediamente 9 mesi su 12. All'opposto, il nostro piano sara' anticipato entro l'estate e stabilizzato proiettandolo sull'arco del triennio', mentre al punto 3) si legge che 'la prossima legge finanziaria viene anticipata nella sua parte sostanziale a prima dell'estate da un provvedimento legislativo che affianca e da' corpo al DPEF'.

Cio' detto, e' evidente lo snaturamento dello strumento scelto: le norme qui censurate, per esplicito riconoscimento dello stesso Governo, hanno intenzioni e ambizioni di lungo periodo e non si collegano in alcuna misura ad esigenze immediate, che possano integrare la fattispecie di quei casi 'straordinari di necessita' e d'urgenza', che sono menzionati dall'art. 77 Cost. Ne' ovviamente, la conversione in legge puo' sanare il vizio, poiche' la carenza dei presupposti e' un vizio in procedendo del decreto-legge (sentt. nn.

360 del 1996; 171 del 2007; 128 del 2008), che non viene meno con la sua conversione (inoltre, la legge di conversione e' caratterizzata nel suo percorso parlamentare da una situazione assolutamente peculiare: artt. 96-bis del Regolamento della Camera e art. 78, comma 4, di quello del Senato).

Invero, 'la preesistenza di una situazione di fatto comportante la necessita' e l'urgenza di provvedere tramite l'utilizzazione di uno strumento eccezionale, quale il decreto-legge, costituisce un requisito di validita' costituzionale dell'adozione del predetto atto' (sent. n. 128 del 2008, cui adde sentt. nn. 29 del 1995 e 171 del 2007). Nella specie, nessuna 'situazione di fatto', come si e' visto, 'preesisteva' alla scelta normativa censurata, radicata semplicemente - in un astratto indirizzo di politica economica.

La censura di violazione dell'art. 77 Cost., e' bene precisare, e' proposta in una con quelle relative alla violazione degli altri parametri costituzionali indicati in epigrafe, in quanto il ricorso al decreto-legge lede direttamente le competenze regionali, anche risolvendosi nell'omissione di qualunque procedura di confronto con la regione, tale da impedire il rispetto del principio di leale collaborazione.

1.2) Il divieto totale di cui al comma 1 della disposizione impugnata, in combinato disposto con il comma 01, viola gli artt. 97;

117, terzo comma; 118; 119 Cost.

Come chiarito da codesta ecc.ma Corte costituzionale con la sentenza n. 376 del 2003, 'La disciplina delle condizioni e dei limiti dell'accesso degli enti territoriali al mercato dei capitali rientra principalmente nell'ambito di quel ''coordinamento della finanza pubblica'' che l'art. 117, terzo comma, della Costituzione attribuisce alla potesta' legislativa concorrente delle regioni, vincolata al rispetto dei principi fondamentali stabiliti dalle leggi dello Stato'. I poteri di coordinamento 'devono essere configurati in modo consono all'esistenza di sfere di autonomia, costituzionalmente garantite, rispetto a cui l'azione di coordinamento non puo' mai eccedere i limiti, al di la' dei quali si trasformerebbe in attivita' di direzione o in indebito condizionamento dell'attivita' degli enti autonomi'.

E' evidente, quindi, che il totale divieto imposto dalla norma, comprendente anche la possibilita' di rinegoziare contratti gia' in essere, lede la sfera di competenza concorrente riconosciuta alla Regione Calabria, la quale, infatti, con l'art. 27, commi 6 e 7, della l.r. 4 febbraio 2002, n. 8, ha disciplinato normativamente per la parte di sua competenza - la materia.

Non e' il caso di sottacere come il divieto di cui al comma 1 collida con l'ultimo comma dell'art. 119 Cost.: infatti la Carta costituzionale consente il ricorso all'indebitamento (senza limitazione alcuna, quanto agli strumenti utilizzabili) per spese di investimento, mentre la norma sopra citata preclude in radice l'accesso anche per tale finalita'.

Violati, poi, sono gli artt. 97 e 118 della Costituzione.

L'astratta e generale previsione normativa statale di divieto di certe tipologie contrattuali impedisce la considerazione delle peculiarita' delle singole regioni e appare in frontale contrasto con l'esigenza del puntuale apprezzamento delle esigenze dell'amministrazione regionale, sottesa al principio del buon andamento della pubblica amministrazione. Inoltre, determina una diretta invasione nel dominio dell'amministrazione regionale, che l'art. 118 Cost. riserva alle regioni stesse.

1.3) Anche il comma 2, in combinato disposto coni commi precedenti, determina la sopra lamentata lesione della sfera di competenza regionale, nella parte in cui rimanda ad un atto esclusivamente statale (regolamento ministeriale) la dettagliata determinazione delle tipologie di contratti che la regione potra' stipulare, e la fissazione unilaterale di criteri e condizioni della stipula.

Il comma 2, come sopra accennato, prevede che, con regolamento emanato dal Ministro dell'economia, vengano individuate le tipologie dei contratti relativi a strumenti finanziari che la Regione potra' stipulare, nonche' i criteri e le condizioni per la conclusione delle relative operazioni.

Tale norma lede gravemente le attribuzioni regionali per una pluralita' di ragioni.

Innanzi tutto, e' violato l'art. 117, sesto comma, Cost., a tenor del quale il regolamento statale non e' ammesso nelle materia di legislazione concorrente. Si aggiunga che il regolamento ministeriale e' ammesso solo nelle materie di competenza del Ministro (art. 17, comma 3, legge n. 400 del 1988), cio' che qui non e'.

In secondo luogo, e' violato l'art. 117, terzo comma, poiche' si stabiliscono (asseriti) principi fondamentali, vincolanti per le regioni, con una fonte diversa dalla legge. Non solo: il d.l. n. 112 del 2008 non indica al regolamento ministeriale alcun criterio o limite, con la conseguenza che l'autonomia regionale finisce per essere condizionata da una fonte di rango terziario.

Violato, poi, e' l'art. 119 Cost., in quanto al regolamento ministeriale si consente - addirittura! - di dilazionare nel tempo, senza limite alcuno (e quindi, potenzialmente, ad infinitum), la possibilita' per le regioni di stipulare contratti relativi a strumenti finanziari derivati. Anche qui, l'autonomia regionale finisce per essere affidata alle mani del Ministro dell'economia.

E' il caso di rimarcare, anche alla luce di quanto gia' sopra dedotto, che le violazioni appena indicate in ordine all'uso e alla tipologia dello strumento...

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