Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.¿ ¢Reati e pene - Recidiva - Determinazione della pena in caso di recidiva reiterata aggravata - Previsione di un aumento obbligatorio e fisso di due terzi - Denunciata previsione di uguale trattamento per situazioni diverse - Lamentata irragionevolezza - Dedotta violazione dei principi...

LA CORTE COSTITUZIONALE composta dai signori: Presidente: Franco BILE; Giudici: Giovanni Maria FLICK, Francesco AMIRANTE, Ugo DE SIERVO, Paolo MADDALENA, Alfio FINOCCHIARO, Alfonso QUARANTA, Franco GALLO, Gaetano SILVESTRI, Sabino CASSESE, Maria Rita SAULLE, Giuseppe TESAURO, Paolo Maria NAPOLITANO; ha pronunciato la seguente

Ordinanza nei giudizi di legittimita' costituzionale degli artt. 69, quarto comma e 99, quarto comma del codice penale, come modificati dagli articoli 3 e 4 della legge 5 dicembre 2005 n. 251 (Modifiche al codice penale e alla legge 26 luglio 1975, n. 354, in materia di attenuanti generiche, di recidiva, di giudizio di comparazione delle circostanze di reato per i recidivi, di usura e di prescrizione), promossi con ordinanze del 12 giugno 2006 dal Tribunale di Perugia, del 18 dicembre 2006 dal Tribunale di Ragusa e del 10 maggio 2006 dal Tribunale di Ragusa sezione distaccata di Vittoria, rispettivamente iscritte al n. 616 del registro ordinanze 2006 ed ai numeri 360 e 384 del registro ordinanze 2007 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica numeri 3, 20 e 21, 1ª serie speciale, dell'anno 2007.

Visti gli atti di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

Udito nella Camera di consiglio del 12 marzo 2008 il giudice relatore Giovanni Maria Flick.

Ritenuto che, con l'ordinanza indicata in epigrafe, il Tribunale di Perugia ha sollevato, in riferimento agli artt. 3 e 27, primo e terzo comma, della Costituzione, questione di legittimita' costituzionale dell'art. 99, quarto comma, del codice penale, come sostituito dall'art. 4 della legge 5 dicembre 2005, n. 251 (Modifiche al codice penale e alla legge 26 luglio 1975, n. 354, in materia di attenuanti generiche, di recidiva, di giudizio di comparazione delle circostanze di reato per i recidivi, di usura e di prescrizione), nella parte in cui - secondo il giudice a quo - prevede, in caso di recidiva reiterata (recte: di recidiva reiterata aggravata), un aumento "obbligatorio e fisso" della pena di due terzi;

che il rimettente - chiamato a giudicare, nelle forme del rito abbreviato, una persona imputata del reato di detenzione e cessione illecite di sostanze stupefacenti, di cui all'art. 73 del d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309 (Testo unico delle leggi in materia di stupefacenti e sostanze psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza), con l'aggravante della recidiva reiterata specifica - osserva come, a fronte dell'irrogazione all'imputato di una pena base pari al minimo edittale (sei anni di reclusione, oltre la multa), l'aumento di pena per la recidiva dovrebbe corrispondere all'intera frazione di due terzi, prevista dalla norma impugnata;

che - stante l'entita' delle precedenti condanne riportate dall'imputato - non verrebbe, difatti, in rilievo il limite stabilito dall'ultimo comma dell'art. 99 cod. pen. (in forza del quale "in nessun caso l'aumento di pena per effetto della recidiva puo' superare il cumulo delle pene risultante dalle condanne precedenti alla commissione del nuovo delitto non colposo"); ne', d'altra parte, sussisterebbero i presupposti per l'applicazione di circostanze attenuanti e il conseguente giudizio di comparazione con l'aggravante contestata;

che il giudice a quo dubita, tuttavia, sotto plurimi profili, della legittimita' costituzionale della norma denunciata;

che il rimettente osserva anzitutto come, alla luce della giurisprudenza costituzionale, il meccanismo piu' idoneo per il conseguimento delle finalita' della pena sia quello della predeterminazione della medesima entro un limite minimo e un limite massimo, cosi' da consentire l'individualizzazione della risposta punitiva in rapporto alle caratteristiche delle singole fattispecie;

che infatti - rileva ancora il giudice a quo - l'adeguamento della pena ai casi concreti contribuisce a rendere quanto piu' possibile "personale" la responsabilita' penale, in ossequio alla previsione dell'art. 27, primo comma, Cost.; concorre ad assicurare una pena quanto piu' possibile finalizzata alla rieducazione, nella prospettiva dell'art. 27, terzo comma, Cost.; e costituisce, altresi', uno strumento di attuazione dell'uguaglianza di fronte alla pena;

che da cio' deriva la tendenziale illegittimita'...

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