Sentenza nº 109 da Constitutional Court (Italy), 26 Aprile 2012

Date26 Aprile 2012
IssuerConstitutional Court (Italy)

SENTENZA N. 109

ANNO 2012

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

- Alfonso QUARANTA Presidente

- Franco GALLO Giudice

- Luigi MAZZELLA "

- Gaetano SILVESTRI "

- Sabino CASSESE "

- Paolo Maria NAPOLITANO "

- Giuseppe FRIGO "

- Alessandro CRISCUOLO "

- Paolo GROSSI "

- Giorgio LATTANZI "

- Aldo CAROSI "

- Marta CARTABIA "

- Mario Rosario MORELLI "

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 49, comma 1, del decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 546 (Disposizioni sul processo tributario in attuazione della delega al Governo contenuta nell’articolo 30 della legge 30 dicembre 1991, n. 413), promosso dalla Commissione tributaria regionale della Lombardia, nel procedimento cautelare vertente tra la s.p.a. Mazzoni Pietro e l’Agenzia delle entrate, Direzione provinciale II di Milano, con ordinanza pronunciata il 19 maggio 2011 e depositata il 24 maggio successivo, iscritta al n. 236 del registro ordinanze 2011 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 48, prima serie speciale, dell’anno 2011.

Udito nella camera di consiglio del 4 aprile 2012 il Giudice relatore Franco Gallo.

Ritenuto in fatto

  1. – Nel corso di un procedimento instaurato a séguito dell’istanza proposta da una contribuente per ottenere, in via cautelare, la sospensione dell’esecuzione di tre sentenze tributarie di secondo grado impugnate per cassazione, la Commissione tributaria regionale della Lombardia, con ordinanza pronunciata il 19 maggio 2011 e depositata il 24 maggio successivo, ha sollevato – in riferimento agli artt. 3, primo comma, 24, 53, primo comma, 111, primo e secondo comma (entrambi i commi anche in relazione all’art. 6, comma 1, della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, firmata a Roma il 4 novembre 1950, ratificata ed eseguita con legge 4 agosto 1955, n. 848, a sua volta «in relazione all’art. 10 Cost.»), e 113 della Costituzione – questione di legittimità dell’art. 49, comma 1, del decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 546 (Disposizioni sul processo tributario in attuazione della delega al Governo contenuta nell’articolo 30 della legge 30 dicembre 1991, n. 413). La disposizione denunciata stabilisce che «Alle impugnazioni delle sentenze delle commissioni tributarie si applicano le disposizioni del titolo III, capo I, del libro II del codice di procedura civile, escluso l’art. 337 e fatto salvo quanto disposto nel presente decreto». Il primo comma dell’art. 337 cod. proc. civ. prevede, a sua volta, che «L’esecuzione della sentenza non è sospesa per effetto dell’impugnazione di essa, salve le disposizioni degli artt. 283, 373, 401 e 407», Il primo comma dell’art. 373 cod. proc. civ., infine, stabilisce che «Il ricorso per cassazione non sospende l’esecuzione della sentenza. Tuttavia il giudice che ha pronunciato la sentenza impugnata può, su istanza di parte e qualora dall’esecuzione possa derivare grave ed irreparabile danno, disporre con ordinanza non impugnabile che la esecuzione sia sospesa e che sia prestata congrua cauzione». In particolare, la Commissione tributaria regionale ha denunciato il menzionato art. 49, comma 1, del d.lgs. n. 546 del 1992 nella parte in cui «non prevede la possibilità di sospensione dell’esecutività della sentenza di appello impugnata con ricorso per cassazione, quando dalla sua esecuzione possa derivare all’esecutato un “grave ed irreparabile danno”».

  2. – Il giudice rimettente riferisce, in punto di fatto, che: a) con tre proprie sentenze, emesse in sede di appello, aveva rigettato – in riforma delle sentenze di primo grado ed in accoglimento dei gravami proposti dall’Agenzia delle entrate nei confronti della contribuente – i ricorsi proposti da una società per azioni avverso gli avvisi di accertamento con i quali l’amministrazione finanziaria aveva richiesto il pagamento di alcuni tributi (l’IVA degli anni 2001 e 2002; l’IVA, l’IRPEG e l’IRAP del 2003) in ragione dell’asserita omessa fatturazione della cessione di materiale e dell’omessa regolarizzazione di fatture passive; b) le decisioni di appello erano motivate con il rilievo della mancanza della prova dell’assunto della ricorrente secondo cui i materiali acquistati dalla società per espletare un appalto ad essa commesso dalla s.p.a. Telecom erano stati consegnati alle imprese subappaltatrici solo «in conto lavorazione» e non a titolo di cessione non fatturata (cessione, invece, desumibile dalla dicitura «addebito materiali», risultante dalla documentazione acquisita in giudizio); c) la società contribuente aveva successivamente presentato tre distinti ricorsi per cassazione avverso le predette sentenze di appello, sostanzialmente riproponendo le censure rivolte agli avvisi di accertamento; d) nelle more dei giudizi di cassazione, la medesima contribuente aveva presentato alla Commissione tributaria regionale un’istanza di sospensione dell’esecuzione delle impugnate sentenze di secondo grado, invocando l’applicazione dell’art. 373 del codice di procedura civile e deducendo, quanto al fumus boni iuris, le stesse argomentazioni contenute nei ricorsi per cassazione e, quanto al periculum in mora, che dall’esecuzione della sentenza poteva derivarle grave ed irreparabile danno, in considerazione dell’elevato importo della pretesa tributaria nonché delle difficoltà economiche in cui versava, tali da farle rischiare il dissesto, con conseguente perdita del posto di lavoro di tutti i propri 433 dipendenti.

  3. – La Commissione tributaria regionale premette altresí, in punto di diritto, che – come eccepito dalla resistente Agenzia delle entrate – il denunciato comma 1 dell’art. 49 del d.lgs. n. 546 del 1992 esclude espressamente l’applicabilità al processo tributario dell’art. 337 cod. proc. civ. e quindi, secondo «la grande maggioranza degli interpreti», esclude l’applicabilità anche dell’art. 373 cod. proc. civ., da esso richiamato, il quale prevede, al secondo periodo del primo comma, che «il giudice che ha pronunciato la sentenza impugnata può, su istanza di parte e qualora dall’esecuzione possa derivare grave ed irreparabile danno, disporre con ordinanza non impugnabile che l’esecuzione sia sospesa o che sia prestata congrua cauzione».

  4. − Tanto premesso, il giudice a quo dichiara di riproporre, nella sostanza, le argomentazioni svolte dalla ordinanza n. 322 del 2009, emessa in data 13 ottobre 2008 dalla Commissione tributaria regionale della Campania, con la quale era stata sollevata analoga questione di legittimità costituzionale, dichiarata manifestamente inammissibile dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 217 del 2010. In particolare, il giudice rimettente afferma che la disposizione denunciata nel consentire allamministrazione finanziaria di procedere alla riscossione del tributo e degli accessori durante la pendenza del giudizio, senza prevedere in favore del contribuente, dal grado di appello in poi, alcuno strumento di tutela...

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