Ordinanza del 13 febbraio 2006 emessa dal Tribunale di Salerno - Sezione distaccata di Amalfi nel procedimento penale a carico di Manzi Luigi Reati e pene - Prescrizione - Modifiche normative - Previsto collegamento dei differenti aumenti dei termini di prescrizione, per interruzione, allo status soggettivo dell'imputato e non alla gravita' ogg...

IL TRIBUNALE

Esaminata la richiesta avanzata dal difensore di Mansi Luigi, imputato dei reati di cui agli artt. 581, 582 e 612 c.p. nel processo penale n. 193/2005 R.G. Trib., di emissione di sentenza di non doversi procedere per intervenuta prescrizione; sentito il p.m.;

Ha emesso la seguente ordinanza di rimessione degli atti alla Corte costituzionale.

Premessa in fatto

La difesa dell'imputato ha chiesto emettersi declaratoria di non doversi procedere in ordine ai reati a quest'ultimo ascritti per intervenuta prescrizione: ed invero, invocando la nuova disciplina normativa introdotta dalla legge n. 251 del 2005, e rappresentando che non vi era ancora stata la dichiarazione di apertura del dibattimento - momento processuale che scandisce, ai sensi dell'art. 10, comma 3, legge n. 251/2005, l'applicabilita' o meno dei nuovi termini di prescrizione -, ha chiesto che fosse pronunciata l'estinzione per intervenuta prescrizione con riferimento ai fatti contestati come commessi in data 3 luglio 1999, per il quale il termine massimo di prescrizione, alla stregua della nuova normativa, e' di sei anni, anziche' di sette anni e sei mesi.

R i l e v a n z a

Alla stregua di quanto premesso in fatto, dunque, emerge con evidenza la rilevanza delle questioni di legittimita' costituzionale che verranno esposte in prosieguo: al riguardo, infatti, giova osservare che la richiesta avanzata all'odierna udienza imporrebbe una sentenza di non doversi procedere per intervenuta prescrizione, con riferimento ai reati di percosse, lesioni e minaccia, commessi, secondo l'imputazione, in data 3 luglio 1999, e con un'applicazione congiunta degli artt. 6, comma 1 e comma 4 (che modifica i termini di prescrizione e l'efficacia degli atti interruttivi), e 10, comma 3 (che fa coincidere la non applicabilita' della nuova normativa con la dichiarazione di apertura del dibattimento), della legge n. 251/2005.

Sotto il profilo della rilevanza va altresi' rilevato che la giurisprudenza della Corte costituzionale ha evidenziato che "se e' vero che nessun soggetto puo' essere chiamato a rispondere per un comportamento che all'epoca del fatto non costituiva reato, anche se la relativa norma permissiva venga privata di efficacia ai sensi dell'art. 136 della Costituzione, non per questo occorre concludere che le questioni di legittimita' costituzionale di norme penali di favore sono necessariamente irrilevanti", atteso che "un eventuale accoglimento di un'impugnativa concernente tali norme si rifletterebbe in ogni caso sul fondamento normativo della decisione penale incidendo sulla sua ratio e produrrebbe modificazioni al sistema normativo" (Corte cost., sent. 2 giugno 1983 n. 148, rel. Paladin).

Ed invero, sottrarre le norme di favore, ovvero che inducano trattamenti penali di favore nei confronti degli autori di reati, all'area del sindacato di legittimita' costituzionale della Consulta rischierebbe di creare delle "sacche di impunita" e "di privilegi", proprio allorquando - e' questo il caso, a parere del giudice remittente - le norme di favore vengano introdotte in dispregio dei piu' elementari principi costituzionali, e soprattutto di quello che la dottrina costituzionalistica ha da tempo indicato come un "super-principio costituzionale" - il principio di uguaglianza.

Del resto, anche nei piu' recenti arrets della Corte costituzionale in materia, allorquando, ridimensionando l'orientamento espresso nelle pronunce n. 148/1983, 167/1993, 194/1993 e 25/1994, e' stato sancito che va escluso che la Consulta "possa introdurre in via additiva nuovi reati o che l'effetto di una sua sentenza possa essere quello di ampliare o aggravare figure di reato gia' esistenti, trattandosi di interventi riservati in via esclusiva alla discrezionalita' del legislatore" (Corte cost. 9 marzo 2004, n. 161, rel. Flick), il giudice ad quem ha escluso che l'attivita' caducatoria costituzionalmente rimessa al massimo organo di garanzia possa introdurre nuove fattispecie di reato, ovvero possa ampliare la portata o aggravare il trattamento sanzionatorio di fattispecie criminose gia' esistenti.

Al contrario, nell'ipotesi in esame una...

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