Ordinanza del 5 novembre 2007 emessa dal Corte d'appello di Ancona nel procedimento penale a carico di Sabbatici Mario ed altri Processo penale - Appello - Modifiche normative recate dalla legge n. 46/2006 - Inappellabilita' delle sentenze di non luogo a procedere da parte del pubblico ministero - Inammissibilita' dell'appello proposto prima de...

LA CORTE DI APPELLO

Con sentenza emessa il 3 novembre 2005 il G.u.p. presso il Tribunale di Pesaro dichiarava non luogo a procedere nei confronti di Sabbatini Mario ed altri per il reato di cui all'art. 44 lett. b), d.P.R. n. 380/2001 ed altri con formule diverse.

La sentenza del g.u.p. veniva impugnata dal p.m. che rilevava esservi negli atti processuali sufficienti elementi per procedere alla verifica dibattimentale e quindi chiedeva che venisse disposto il rinvio a giudizio degli imputati.

In pendenza dell'appello, in data 9 marzo 2006 e' entrata in vigore la legge n. 46/2006 che dispone all'art. 11 che va dichiarata l'inammissabilita' dell'appello proposto dai p.m. prima dell'entrata in vigore di essa legge.

All'ufficio del p.m. e' data (art. 4) la facolta' di proporre ricorso per Cassazione contro la sentenza di non luogo a procedere.

Ritiene la Corte che l'eccezione di incostituzionalita' sollevata dal p.g., non sia manifestamente infondata nei termini qui di seguito esposti.

Ed invero l'inappellabilita', anche per i procedimenti in corso, delle sentenze di non luogo a procedere, come previsto dal combinato disposto degli artt. 4 e 11 della legge n. 46/2006 contrasta con il principio della ragionevole durata e speditezza del procedimento (sancito dall'art. 111 Cost.) in quanto potra' verificarsi una regressione dello stesso alla fase dell'udienza preliminare - a seguito di annullamento della Corte di cassazione - con una inevitabile dilatazione dei tempi di definizione del processo, anche per l'inevitabile aggravio di lavoro che ne deriverebbe soprattutto per la medesima Corte di cassazione data l'estensione della sua competenza sul merito.

Con il principio della ragionevolezza (desunto dall'art. 3 della Cost.), perche' la riforma non appare giustificata ne' da esigenze connesse alla corretta amministrazione della giustizia, ne' da concreti, benefici effetti giuridici, e vanifica, inoltre, gli appelli gia' proposti, mentre il giudiziosi secondo grado di merito garantiva un opportuno controllo da parte del giudice collegiale su possibili errori, anche di fatto, delle sentenze, numericamente prevalenti, del giudice monocratico.

Non ritiene invece la Corte ravvisare un contrasto con principio dell'esercizio obbligatorio dell'azione penale (ex art. 111 Cost.) che, secondo il p.g., considerato questo nella sua interezza si esplicherebbe nel corso di entrambi i gradi di giudizio di merito...

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