Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale. Processo penale - Appello - Modifiche normative - Possibilita' per il pubblico ministero di proporre appello avverso le sentenze di non luogo a procedere emessa in esito all'udienza preliminare - Preclusione - Disciplina transitoria - Prevista inammissibilita' dell'appello proposto pri...

LA CORTE COSTITUZIONALE composta dai signori: Presidente: Franco BILE Giudici: Giovanni Maria FLICK, Francesco AMIRANTE, Ugo DE SIERVO, Paolo MADDALENA, Alfio FINOCCHIARO, Alfonso QUARANTA, Franco GALLO, Luigi MAZZELLA, Gaetano SILVESTRI, Sabino CASSESE, Maria Rita SAULLE, Giuseppe TESAURO, Paolo Maria NAPOLITANO; ha pronunciato la seguente

Ordinanza nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 428 del codice di procedura penale, come sostituito dall'art. 4 della legge 20 febbraio 2006, n. 46 (Modifiche al codice di procedura penale, in materia di inappellabilita' delle sentenze di proscioglimento) e dell'art. 10 della stessa legge n. 46 del 2006, promossi con ordinanze del 15 marzo 2006 dalla Corte militare d'appello di Verona nel procedimento penale a carico di D.F.F. e del 5 maggio 2006 dalla Corte d'appello di Salerno nel procedimento penale a carico di D.L.V., iscritte ai nn. 276 e 490 del registro ordinanze 2006 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica nn. 36 e 46, 1ª serie speciale, dell'anno 2006. Visto l'atto di costituzione di G. A.; Udito nell'udienza pubblica dell'11 dicembre 2007 e nella camera di consiglio del 12 dicembre 2007 il giudice relatore Giovanni Maria Flick. Ritenuto che, con l'ordinanza indicata in epigrafe, la Corte militare d'appello, sezione distaccata di Verona, ha sollevato, in riferimento agli artt. 3, 111 e 112 della Costituzione, questione di legittimita' costituzionale dell'art. 428 del codice di procedura penale, come sostituito dall'art. 4 della legge 20 febbraio 2006, n. 46 (Modifiche al codice di procedura penale, in materia di inappellabilita' delle sentenze di proscioglimento), nella parte in cui ha soppresso la facolta' del pubblico ministero di proporre appello avverso la sentenza di non luogo a procedere;

che la Corte rimettente riferisce di essere investita dell'appello proposto dal pubblico ministero avverso la sentenza emessa l'8 marzo 2005, con la quale il Giudice dell'udienza preliminare del Tribunale militare di Padova ha dichiarato il non luogo a procedere nei confronti di un vice brigadiere dell'Arma dei Carabinieri, imputato del reato di diffamazione aggravata continuata (artt. 227 e 47, numeri 2 e 4, del codice penale militare di pace), perche' il fatto non costituisce reato, stante la ritenuta applicabilita' della causa di non punibilita' prevista dall'art. 598 del codice penale;

che il gravame - prosegue il giudice a quo - benche' perfettamente rituale alla stregua della legge processuale vigente al tempo della sua proposizione, sarebbe destinato ad una declaratoria di inammissibilita' a fronte della sopravvenuta legge n. 46 del 2006; quest'ultima, novellando l'art. 428 cod. proc. pen., ha reso inappellabili le sentenze di non luogo a procedere, stabilendo, altresi', all'art. 10, che gli appelli proposti contro sentenze di proscioglimento anteriormente all'entrata in vigore della novella sono dichiarati inammissibili;

che, ad avviso del rimettente, il nuovo art. 428 cod. proc. pen. - nella parte in cui sottrae al pubblico ministero la facolta' di appellare le sentenze di non luogo a procedere - si porrebbe in contrasto con plurimi parametri costituzionali;

che risulterebbe leso, anzitutto, il principio di ragionevolezza (art. 3 Cost.), in quanto la norma censurata introdurrebbe uno "sbarramento" privo di giustificazione razionale, tale da impedire alla parte pubblica di coltivare la propria domanda di giudizio in modo completo ed efficace;

che la nuova disciplina priverebbe, difatti, il pubblico ministero della possibilita' di chiedere ad un ulteriore giudice il riesame delle risultanze processuali "nella totalita' del loro significato e della loro consistenza", imponendogli di esperire un mezzo di impugnazione - il ricorso per cassazione - non coerente con il tipo di valutazione che sovrintende alla decisione di rinvio a giudizio e con la natura dell'udienza preliminare: udienza nella quale il giudice e' chiamato ad una deliberazione di carattere processuale riguardo alla necessita' di procedere al dibattimento;

che ne deriverebbe, in pari tempo, una irragionevole discriminazione tra i procedimenti che richiedono l'udienza preliminare e i procedimenti a citazione diretta, nei quali la domanda di giudizio del pubblico ministero trova, invece, immediato riscontro della fissazione dell'udienza dibattimentale, senza correre il rischio di venire "prematuramente bloccata";

che nei procedimenti in cui e' prevista l'udienza preliminare - ossia nella totalita' dei casi, quanto alla giurisdizione penale militare (davanti alla quale non trovano applicazione le disposizioni del Libro VIII del codice di rito, sul procedimento davanti al tribunale in composizione monocratica) - si verificherebbe, altresi', avuto riguardo alle conseguenze del provvedimento conclusivo della fase, un irragionevole "sbilanciamento" delle posizioni delle parti, lesivo del principio di parita' enunciato dall'art. 111, secondo comma, Cost.;

che, infatti - mentre per l'imputato il piu' sfavorevole degli esiti e' rappresentato dal rinvio a giudizio davanti al suo giudice naturale, ossia da un provvedimento "meramente interlocutorio" - per...

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