Giudizio per conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato. Parlamento - Immunita' parlamentari - Procedimento penale promosso nei confronti di un parlamentare per dichiarazioni ritenute diffamatorie - Deliberazione di insindacabilita' della Camera dei deputati - Ricorso per conflitto di attribuzione proposto dalla Corte di appello di Venezia...

LA CORTE COSTITUZIONALE composta dai signori:

Presidente: Franco BILE;

Giudici: Giovanni Maria FLICK, Francesco AMIRANTE, Ugo DE SIERVO, Paolo MADDALENA, Alfio FINOCCHIARO, Franco GALLO, Luigi MAZZELLA, Gaetano SILVESTRI, Sabino CASSESE, Maria Rita SAULLE, Giuseppe TESAURO, Paolo Maria NAPOLITANO;

ha pronunciato la seguente

Sentenza nel giudizio per conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato sorto a seguito della deliberazione della Camera dei deputati del 7 ottobre 2003, relativa alla insindacabilita', ai sensi dell'art. 68, primo comma, della Costituzione, delle opinioni espresse dal deputato Vittorio Sgarbi nei confronti del dott. Raffaele Tito promosso con ricorso della Corte di appello di Venezia - sezione IV penale, notificato il 25 gennaio 2006, depositato in cancelleria il 26 gennaio 2006 ed iscritto al n. 21 del registro conflitti tra poteri dello Stato 2005, fase di merito.

Visto l'atto di costituzione della Camera dei deputati;

Udito nell'udienza pubblica del 19 giugno 2007 il giudice relatore Paolo Maddalena;

Udito l'avvocato Roberto Nania per la Camera dei deputati.

Ritenuto in fatto

  1. - Con ricorso depositato il 27 maggio 2005, la Corte di appello di Venezia, quarta sezione penale, ha sollevato conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato, in relazione alla delibera della Camera dei deputati del 7 ottobre 2003 (Doc. IV-quater, n. 19), con la quale si e' dichiarato che i fatti per cui e' in corso procedimento penale nei confronti del deputato Vittorio Sgarbi, pendente innanzi ad essa Corte di appello, riguardano opinioni espresse da un membro del Parlamento nell'esercizio delle sue funzioni, ai sensi dell'art. 68, primo comma, della Costituzione, chiedendo che la predetta delibera venga annullata.

    1.1. - Il ricorrente espone, in fatto, che il deputato Sgarbi e' imputato del reato di diffamazione pluriaggravata per avere, quale conduttore di quattro trasmissioni televisive della serie "Sgarbi quotidiani", diffuse dall'emittente "Canale 5" nei giorni 10, 14, 18 gennaio e 24 luglio 1997, offeso la reputazione del magistrato Raffaele Tito in riferimento all'attivita' di sostituto procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Pordenone da lui svolta nei procedimenti penali a carico del deputato Michelangelo Agrusti e del sindaco del comune di Buia, Molinaro. Diffamazione che - secondo una sintetica ricostruzione del capo d'imputazione (formulato in base al richiamo integrale dei testi trascritti delle predette trasmissioni televisive, dei quali sono allegati al ricorso quelli delle trasmissioni del 10, 14 e 18 gennaio 1997) - si sarebbe concretata nell'addebito al magistrato Tito di aver approfittato della sua relazione sentimentale con la collega Anna Fasan, all'epoca dei fatti giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Pordenone, per ottenere provvedimenti restrittivi e decisioni giurisdizionali compiacenti; addebito che traeva origine dal contenuto di un memoriale consegnato dal marito della Fasan, Danilo Da Re, al deputato Agrusti e da questi diffuso anche ad organi di stampa.

    Il ricorrente - dopo aver ricordato che su tale vicenda era stata presentata, in data 22 dicembre 1996, un'interrogazione parlamentare dal deputato Armando Veneto - rammenta, poi, che in relazione ai predetti fatti erano state proposte due distinte querele, da parte del Tito e della Fasan. La querela della Fasan era stata conosciuta, per competenza territoriale, dal Tribunale di Treviso ed il relativo processo si era concluso con sentenza di proscioglimento, ai sensi dell'art. 129 del codice di procedura penale in relazione all'art. 68, primo comma, Cost., dopo che il medesimo Tribunale aveva proposto ben due conflitti di attribuzione tra poteri dello Stato in relazione alla delibera di insindacabilita' della Camera dei deputati del 24 febbraio 1999, entrambi dichiarati inammissibili (da ultimo con ordinanza n. 358 del 2003).

    Sulla querela del Tito, invece, si era aperto procedimento penale davanti al competente Tribunale di Venezia, il quale, con sentenza del 23 marzo - 13 giugno 2001, aveva condannato il deputato Sgarbi per i reati ascrittigli alla complessiva pena di un anno e un mese di reclusione e di lire 3 milioni di multa, oltre al risarcimento del danno, in solido con il responsabile civile Reti Televisive Italiane S.p.A., in favore del Tito.

    Nel corso del giudizio di appello avverso tale sentenza era intervenuta, in data 7 ottobre 2003, la delibera di insindacabilita' della Camera dei deputati in relazione ai fatti oggetto di cognizione da parte della Corte ricorrente.

    1.2. - Tanto premesso, la Corte di appello di Venezia - escluso di dover provvedere immediatamente con sentenza di proscioglimento ai sensi dell'art. 3 della legge 20 giugno 2003, n. 140 (Disposizioni per l'attuazione dell'art. 68 della Costituzione nonche' in materia di processi penali nei confronti delle alte cariche dello Stato) e negata ogni rilevanza al precedente specifico costituito dal processo celebratosi dinanzi al Tribunale di Treviso, giacche' i conflitti di attribuzione tra poteri dello Stato sollevati da quel Tribunale sono stati decisi soltanto "in rito" dalla Corte costituzionale, rimanendone cosi' impregiudicato il merito - argomenta sull'impossibilita' di ricondurre i fatti oggetto del giudizio ad attivita' connessa alla funzione parlamentare del deputato Sgarbi, precisando che, alla stregua degli insegnamenti della giurisprudenza costituzionale, il nesso funzionale puo' individuarsi soltanto in riferimento a specifici atti parlamentari, giacche' solo tale aspetto e' essenziale ai fini della sussistenza della prerogativa dell'insindacabilita'. Di conseguenza, secondo la Corte ricorrente, non inciderebbe sull'applicabilita' di tale prerogativa il fatto che il parlamentare abbia utilizzato espressioni, in ipotesi diffamatorie, in veste di conduttore di una trasmissione televisiva, sulla base di un rapporto contrattuale retribuito con l'editore televisivo, giacche' ad avere dirimente rilievo e' proprio ed esclusivamente la circostanza che l'opinione manifestata all'esterno del Parlamento "sia funzionalmente connessa ai lavori parlamentari".

    Tuttavia, si sostiene ancora nel ricorso, l'immunita' deve reputarsi limitata "alle sole proprie opinioni espresse nei lavori parlamentari", risultando irrilevanti, come anche affermato con la sentenza n. 347 del 2004 della Corte costituzionale, gli atti parlamentari posti in essere da altri membri del Parlamento. Sicche', nella specie, poiche' l'atto parlamentare cui si fa riferimento nella delibera di insindacabilita' e' del deputato Veneto e non gia' dell'on. Sgarbi, difetterebbe, ad avviso del giudice ricorrente, "questo essenziale presupposto per l'esercizio dello speciale potere attribuito dall'art. 68, primo comma, Cost. alla Camera dei deputati".

    In ogni caso, prosegue la Corte di appello di Venezia, si perverrebbe alla medesima conclusione anche aderendo all'interpretazione che consente di estendere la prerogativa dell'insindacabilita', propria di chi ha manifestato l'opinione nell'ambito dei lavori parlamentari, a tutti gli altri membri del Parlamento. Estensione dell'immunita' che sarebbe soggetta, pero', allo stesso limite oggettivo che viene in rilievo per il parlamentare che quell'opinione abbia manifestato, e cioe' che si tratti di "sostanziale ripetizione e non anche di integrazione o modificazione di quella espressa nell'ambito dei lavori parlamentari".

    Nella fattispecie, si precisa nel ricorso, dovrebbe quindi verificarsi se sussista "sostanziale corrispondenza" tra il contenuto dell'interrogazione parlamentare proposta dal deputato Veneto in data 22 dicembre 1996 e le successive dichiarazioni televisive del deputato Sgarbi (il quale, peraltro, richiama specificamente detta interrogazione nella trasmissione del 10 gennaio 1997), oggetto del processo penale cui si riferisce la delibera di insindacabilita' del 7 ottobre 2003.

    Tale corrispondenza di contenuti, ad avviso della Corte ricorrente, deve essere esclusa.

    In primo luogo, osserva la stessa Corte, nella interrogazione del...

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