Ordinanza emessa il 14 marzo 2006 dalla Corte di appello di Torino nel procedimento penale a carico di Pistoni Ersilia Processo penale - Appello - Modifiche normative - Limiti all'appello - Possibilita' per il pubblico ministero di proporre appello contro le sentenze di proscioglimento - Esclusione - Inammissibilita' dell'appello proposto prima ...

LA CORTE DI APPELLO

Nel proc. a carico di Pistoni Ersilia, giudicata con sentenza emessa ex art. 442 c.p.p. dal G.u.p. di Torino in data 13 gennaio 2003 e in tale sede assolta dal reato a lei ascritto perche' il fatto non costituisce reato.

Preso atto che avverso tale sentenza ha presentato tempestivo appello il Procuratore della Repubblica di Torino, chiedendo che l'imputata sia dichiarata colpevole e condannata alle pene di legge, non richiedendo la riassunzione di prove ex art. 603 c.p.p. ha emesso la seguente ordinanza.

La Corte si trova a dare applicazione alla recente legge n. 46 del 20 febbraio 2006, entrata in vigore il 9 marzo 2006 che ha modificato l'art. 443.1 c.p.p. nel senso di precludere in ogni caso all'appello avverso sentenze di proscioglimento.

La norma transitoria di cui all'art. 10 della predetta legge impone al giudice, innanzi al quale pende l'appello proposto dal p.m. prima dell'entrata in vigore della novella, di emettere ordinanza non impugnabile con la quale dichiara l'inammissibilita' dell'appello.

Pertanto la normativa in questione e' direttamente rilevante nella presente fase che vede l'imputata assolta in primo grado a seguito di giudizio abbreviato e citata a giudizio innanzi a questa Corte a seguito di appello presentato dal p.m.

Appare del tutto evidente la non manifesta infondatezza della normativa in questione per violazione dell'art. 111 Cost.

La Costituzione enuncia i principi generali cui deve conformarsi la normativa che disciplina il processo in Italia, stabilendo al comma 2 dell'art. 111, che il processo si svolge nel contraddittorio delle parti, in condizioni di parita', davanti a giudice terzo ed imparziale e che la legge ne assicura la ragionevole durata.

La condizione di parita' che deve essere riconosciuta alle parti dalla legge processuale non puo' intendersi limitata alla mera istruzione probatoria (parita' nel contraddittorio), giacche sarebbe allora ridondante la previsione specifica di cui al comma IV del medesimo art. 111, e deve essere dunque intesa in senso piu',ampio e lato.

Per processo la Costituzione intende l'intero iter che, conduce dalla domanda iniziale (civile) o dalla notizia di reato (penale) fino alla sentenza definitiva che appunto chiude la controversia (si veda testualmente l'art. 24.2).

Poiche' nel processo agiscono parti fisiologicamente portatrici di interessi contrapposti, l'art. 111 Cost. disciplina dunque come la legge ordinaria deve regolamentare l'attribuzione alle parti delle facolta' per far valere ed eventualmente farsi vedere accogliere le loro pretese. Nel processo penale il p.m. esercita, fra le altre, la pretesa punitiva che e' ricollegata al principio costituzionale dell'obbligatorieta' dell'azione penale, pretesa che consiste nel vedere affermata la responsabilita' penale di chi, sottoposto a regolare processo, sia riconosciuto colpevole. Nell'esercizio di tale pretesa e' stata riconosciuta al p.m. la funzione di organo teso a realizzare gli interessi generali della giustizia (sent. Corte costituzionale 280/1995).

L'imputato esercita invece, la pretesa, costituzionalmente garantita dal principio di personalita' nella responsabilita' penale e da quello di irretroattivita' della legge penale, di vedersi riconosciuto innocente, attraverso gli strumenti anch'essi rafforzati dalla previsione della Carta della difesa assicurata in ogni stato e grado del procedimento anche ai non abbienti, fino al riconoscimento del diritto alla riparazione degli errori giudiziari.

La legge n. 46/2006 ha abolito le facolta' di appello per le arti a fronte delle sentenze di...

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