Legittimità

AutoreCasa Editrice La Tribuna
Pagine489-526

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@CORTE DI CASSAZIONE PENALE sez. i, 16 marzo 2010, n. 10409 (ud. 24 febbraio 2010). Pres. Chieffi – Est. Barbarisi – P.M. Febbraro (diff.) – Ric. P.G. in proc. Nartey

Armi e munizioni – Speciale attenuante di cui all’art. 4, L. 18 aprile 1975, n. 110 – Fatto di lieve entità – Ambito di applicabilità – Riferimento alla categoria delle c.d. “armi improprie” – Fondamento

L’attenuante della “lieve entità”, prevista dall’art. 4, comma terzo, della legge 18 aprile 1975 n. 110 con riguardo al porto dei soli “oggetti atti ad offendere” va ritenuta applicabile al porto di tutti gli oggetti indicati nel precedente comma secondo dello stesso art. 4, essendo essi da riguardarsi come compresi nella categoria delle c.d. “armi improprie”, in contrapposizione alle “armi proprie” , aventi cioè come destinazione naturale l’offesa alla persona, cui si riferisce invece il comma primo, ricomprendendovi anche le mazze o bastoni ferrati, gli sfollagente e le noccoliere. (Mass. Redaz.) (l. 18 aprile 1975, n. 110, art. 4) (1)

    (1) I giudici di legittimità aderiscono, con la pronuncia in rassegna, all’orientamento tracciato dalla sentenza delle SSUU. del 27 novembre 1982, Paola, in Cass. pen. 1983, 1297 e successivamente da Cass. pen. sez. I, 9 agosto 1997, Milizia, in questa Rivista 1998, 83. Si veda anche Cass. pen. sez. I, 24 dicembre 1996, Stuto, ivi 1997, 512, per la quale, ai fini della configurabilità dell’attenuante in questione, deve tenersi conto non solo delle dimensioni dello strumento atto ad offendere, ma anche di tutte le modalità del fatto e della personalità del reo, che possono dare un particolare significato al fatto obiettivo del porto ingiustificato.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. Con sentenza in data 20 gennaio 2009, depositata in cancelleria il 30 gennaio 2009, il Tribunale di Verona dichiarava Nartey Maxwell colpevole del reato a lui ascritto (art. 4 l. 110/75) e, ritenuta l’ipotesi lieve di cui al comma terzo del medesimo art. 4, lo condannava alla pena di euro 200,00 di ammenda.

1.1. Secondo la ricostruzione del fatto operata nella sentenza gravata Nartey Maxwell, durante una perquisizione sulla vettura nella sua disponibilità, veniva rinvenuto in possesso di un coltello a serramanico lungo complessivamente 16 centimetri di cui 7 centimetri e mezzo di lama.

2. Avverso tale decisione, ha proposto tempestiva impugnazione il Procuratore Generale territoriale (appello convertito in ricorso per cassazione) per il seguente profilo:

- il Tribunale ha fatto ricorso a un’attenuante, quella della lieve entità dell’arma (comma terzo dell’art. 4 L. 110/75) che non è applicabile ai coltelli a serramanico come quello per cui è giudizio.

MOTIVI DELLA DECISIONE

3. Il ricorso è destituito di fondamento e va rigettato.

3.1. Sulla questione oggetto di giudizio si sono formati due orientamenti giurisprudenziali. Il più recente divisamento della Corte di Cassazione afferma che la diminuente speciale del caso di lieve entità, prevista dalla L. n. 110 del 1975, art. 4, comma terzo, ultima parte, è inapplicabile ai coltelli, come quello della vicenda in esame, classificabile come da punta e da taglio. Infatti l’attenuante in questione sarebbe relativa ai casi di lieve entità riferibili al porto dei soli ‘oggetti’ atti ad offendere. Con questo termine la norma si ricollegherebbe ai commi precedenti ove si distinguono gli strumenti atti ad offendere dalle ‘armi da punta e taglio’ (Cass., sez. F, 28 luglio 2009, n. 33396, Balacco, RV 244643; sez. I, 14 ottobre 2008, n. 44609, Errante, RV 242043; sez. I, 22 giugno 1998, n. 9335, RV 211288, Ciro).

3.2. L’altro filone giurisprudenziale (che si pone invece sul solco dell’insegnamento delle Sezioni Unite della Cassazione, sez. un., 27 novembre 1982, n. 861, Paola, RV 157193, decisione peraltro non citata da nessuna delle sentenze che propugnano l’orientamento dianzi esposto) ha rilevato che l’applicazione dell’attenuante della lieve entità, in materia di armi, va operata senza distinguere tra gli oggetti atti ad offendere: infatti il riferimento ad essi, contenuto nell’ultima parte del terzo comma dell’art. 4 della legge 18 aprile 1975, n. 110, non ha né significato né valore limitativo, ma rilevanza generica e si riferisce a tutte le cose - in esse compresi gli strumenti da punta e taglio - indicate nel precedente comma secondo e costituenti armi improprie (Cass., sez. I, 11 dicembre 1996, n. 1664, in proc. Ferretti, RV 206935) trattandosi di strumenti non predestinati alla offesa alla persona, ma che possono essere occasionalmente adoperati per un tale scopo.

4. Ciò posto, ritiene questo Collego di dover dare continuità al principio di diritto già espresso dalla citata sentenza delle Sezioni Unite secondo la quale la legge n. 110 del 1975, pur modificando profondamente la regolamentazione delle armi, ha tuttavia lasciato inalterata la tradizionale distinzione tra armi proprie da un lato - quelle cioè da sparo e tutte le altre la cui destinazione naturale è l’offesa alla persona - e armi improprie dall’altro, costituite da oggetti che, pur avendo una diversa, e specificaPage 490 destinazione, possono tuttavia servire, per caratteristiche strutturali o in dipendenza di determinate circostanze di tempo o di luogo, per l’offesa delle persone; la stessa citata legge ha altresì operato, in questa summa divisio, un ampliamento della nozione delle predette due categorie comprendendo in quella di armi proprie, di cui al citato art. 4, comma primo non solo gli strumenti da punta o da taglio la cui destinazione naturale è l’offesa (art. 45 p.p. Reg. T.U. S.P.S.), ma anche le mazze ferrate o bastoni ferrati, gli sfollagenti e le noccoliere e nella nozione di armi improprie contemplate dal secondo comma di detto art. 4, non solo i bastoni muniti di puntale e gli strumenti da punta o da taglio atti ad offendere (art. 42, comma secondo del Regolamento citato) ma anche le mazze, le catene, i bulloni, le fonde, le sfere metalliche e qualsiasi altro strumento, non considerato espressamente come arma da punta o da taglio, “chiaramente utilizzabile, per le circostanze di tempo e di luogo, per l’offesa alla persona”. Quelle di cui al secondo comma sono tuttavia due specie di strumenti diversi, ma ambedue ricomprese nell’unica categoria di armi improprie, perché sia l’una che l’altra contemplano oggetti o strumenti solo occasionalmente offensivi per la persona. Ne consegue che l’attenuante di cui al comma terzo dell’art. 4 è applicabile a tutte le armi improprie indicate nel secondo comma di tale articolo (tra cui vi è appunto il coltello a serramanico per cui è causa) e non ai soli ‘oggetti’ atti ad offendere. (Omissis)

@CORTE DI CASSAZIONE PENALE sez. III, 10 marzo 2010, n. 9447 (ud. 21 gennaio 2010). Pres. Grassi – Est. Petti – P.M. Passacantando (Conf.) – Ric. M.A. ed altra

Prostituzione – Sfruttamento – Esercizio di casa di prostituzione – Estremi di configurabilità – Concorso con il reato di associazione per delinquere – Fondamento

Il reato di associazione per delinquere finalizzata alla perpetrazione di delitti in materia di prostituzione può concorrere con quello di esercizio di casa di prostituzione, non postulando quest’ultimo l’esistenza di una struttura associativa ma soltanto la presenza di un soggetto che sovraintenda alla gestione della casa in posizione sovraordinata rispetto alle prostitute (principio affermato, nella specie, con riguardo ad un caso in cui era stato un intero nucleo familiare ad assumere la gestione di un circolo proprio per adibirlo a casa di prostituzione). (Mass. Redaz.) (l. 20 febbraio 1958, n. 75, art. 3; c.p., art. 416) (1)

    (1) Giurisprudenza conforme. Si vedano Cass. pen. sez. III, 14 dicembre 2007, Luka, in questa rivista 2008, 933 e Cass. pen. sez. I, 7 gennaio 2003, Ugbo, pubblicata per esteso ivi 2003, 224.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

La Corte d’appello di Salerno, con sentenza del 24 marzo del 2009, in parziale riforma di quella resa dal giudice dell’udienza preliminare presso il tribunale di Nocera Inferiore, riduceva la pena inflitta a M.A. e V.E., rispettivamente ad anni tre e mesi quattro di reclusione e ad anni due e mesi uno di reclusione ed euro 6.000 di multa ciascuno, quali responsabili, in concorso con altri, giudicati separatamente, di associazione per delinquere finalizzata alla perpetrazione di reati in materia di prostituzione, nonché per avere gestito una casa di prostituzione e sfruttato e favorito l’altrui prostituzione. Fatti commessi in (omissis) fino al 25 gennaio del 2008.

Ricorrono per cassazione entrambi gli imputati con separati ricorsi, con un unico articolato motivo con cui in sintesi lamentano mancanza di motivazione sotto diversi profili. Assumono che il circolo il T.d.E. esisteva da tempo ed essi ne avevano assunto la gestione solo dal 2007; che non è configurabile il reato associativo trattandosi di gestione a livello familiare;che le prestazioni sessuali svolte nel circolo costituivano una libera scelta dei soci alla quale erano estranei i gestori;che per le prestazioni sessuali gli imputati non percepivano alcuna percentuale; che non era stato provato il ruolo di capo e promotore svolto dal M.; che, per il principio di specialità, non era configurabile il concorso tra il delitto associativo e l’esercizio di una casa di prostituzione; che illegittimamente erano state negate le circostanze attenuanti generiche; che la pena era eccessiva.

MOTIVI DELLA DECISIONE

I ricorsi vanno respinti perché infondati.

Con riferimento al reato associativo è ben vero che dalla semplice perpetrazione di più reati da parte dello stesso nucleo familiare non si può desumere automaticamente l’esistenza di un “pactum sceleris” o di un programma criminoso sia pure generico, elementi questi costitutivi del reato associativo,essendo necessario, infatti, accertare se della preesistente organizzazione familiare i componenti si siano di volta in volta avvantaggiati per la commissione dei vari reati, ovvero se, nell’ambito della...

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