Ordinanza emessa il 16 marzo 2006 dal tribunale di Roma nel procedimento penale a carico di Caruso Luciano ed altri Reati e pene - Prescrizione - Modifiche normative comportanti un regime piu' favorevole in tema di termini di prescrizione dei reati - Disciplina transitoria - Inapplicabilita' delle nuove norme ai processi gia' pendenti in primo g...

IL TRIBUNALE

Ha emesso la seguente ordinanza di rimessione alla Corte costituzionale di questione di legittimita' sollevata in via incidentale.

Con decreto in data 9 giugno 1999 la Corte di appello di Roma, all'esito del procedimento in camera di consiglio sull'appello proposto dal Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Roma in data 20 maggio 1998 verso la sentenza del Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Roma in data 21 aprile 1998, disponeva il rinvio a giudizio davanti al Tribunale di Roma di Caruso Luciano, Rossetti Piero, Cappelli Mario e Pacini Antonio, imputati, tutti, dei reati di cui agli artt. 81, 110, 479, 110, 48 e 479 c.p. (in Roma fino al 13 febbraio 1995) e 81, 110, 640, comma 2 e 61 n. 7 c.p. (in Roma fino al 13 febbraio 1995).

L'apertura del dibattimento veniva dichiarata, una prima volta, all'udienza del 7 luglio 2000 e quindi, a seguito di rinnovazione gli atti per mutata composizione del Collegio giudicante, il 16 giugno 2005.

All'udienza del 23 febbraio 2006 la difesa del Cappelli eccepiva l'incostituzionalita' dell'art. 10, comma 3, legge 5 dicembre 2005, n. 251 (c.d. "ex Cirielli"), nella parte in cui rende inapplicabili le piu' favorevoli norme in tema di termini di prescrizione dei reati ai processi nei quali, alla data di entrata in vigore della stessa, vi era gia' stata la dichiarazione di apertura del dibattimento, per contrasto con gli artt. 3 e 27 della Costituzione. Il pubblico ministero si associava alla richiesta, mentre le difese degli altri imputati chiedevano il rigetto della sollevata eccezione di legittimita'.

Il tribunale si riservava di decidere rinviando all'odierna udienza.

Considerato in diritto

Il tribunale ritiene di dover rimettere alla Corte costituzionale il giudizio sulla legittimita' costituzionale dell'art. 10, comma 3, legge n. 251 del 2005 per violazione degli artt. 3, 10 e 11 della Costituzione.

Va innanzitutto precisato che la questione e' rilevante nel presente processo.

Ed invero, sulla base della previgente disciplina relativa ai termini prescrizionali, il tempo necessario a prescrivere delitti, per i quali la legge prevede un pena edittale massima compresa tra i cinque e i dieci anni di reclusione, e' pari a dieci anni, suscettibile di aumento sino ad un massimo complessivo di anni quindici nel caso che siano intervenuti atti interruttivi (tra i quali il decreto che dispone il giudizio).

Per determinare tale tempo si doveva, infatti, aver riguardo - ai sensi del secondo comma dell'art. 157 c.p. - al massimo della pena stabilita per il reato "tenuto conto dell'aumento massimo di pena stabilita per le circostanze aggravanti". In caso di concorso tra circostanze aggravanti e attenuanti, applicato il giudizio di valenza di cui all'art. 69 c.p., la pena massima applicabile veniva determinata all'esito di detto giudizio (art. 157, comma 3, c.p.).

Ne consegue che, alla stregua della normativa previgente, nessuno dei reati ascritti agli imputati e' prescritto (per entrambi i reati il termine di prescrizione maturerebbe al 13 febbraio 2010).

La nuova disciplina contenuta nella legge n. 251 del 2005 (art. 6 che modifica gli artt. da 157 a 161 del codice penale) prevede, invece, che "La prescrizione estingue il reato decorso il tempo corrispondente al massimo della pena edittale stabilita dalla legge e comunque un tempo non inferiore a sei anni se si tratta di delitto...". Per determinare il tempo necessario a prescrivere "si ha riguardo alla pena stabilita dalla legge per il reato consumato o tentato, senza tenere conto della diminuzione per le circostanze attenuanti e dell'aumento per le circostanze aggravanti, per le quali la legge stabilisce una pena di...

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