Sentenza nº 7 da Constitutional Court (Italy), 19 Ottobre 1996

RelatoreMassimo Vari
Data di Resoluzione19 Ottobre 1996
EmittenteConstitutional Court (Italy)

SENTENZA N. 7

ANNO 1996

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

Presidente :

Avv. Mauro FERRI

Giudici :

Prof. Luigi MENGONI

Prof. Enzo CHELI

Dott. Renato GRANATA

Prof. Giuliano VASSALLI

Prof. Francesco GUIZZI

Prof. Cesare MIRABELLI

Prof. Fernando SANTOSUOSSO

Avv. Massimo VARI

Dott. Cesare RUPERTO

Dott. Riccardo CHIEPPA

Prof. Gustavo ZAGREBELSKY

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio promosso con ricorso del dott. Filippo Mancuso, nella qualità di Ministro di grazia e giustizia-Guardasigilli pro tempore, notificato il 30 ottobre 1995, depositato in Cancelleria il 2 novembre successivo ed iscritto al n. 35 del registro conflitti 1995, per conflitto di attribuzione sorto a seguito:

1) della mozione in data 4 luglio 1995, così come presentata e posta all'ordine del giorno del 18 ottobre 1995 e messa a votazione nominale dal Senato della Repubblica nella seduta del 19 ottobre 1995;

2) dell'atto con cui il Presidente del Senato, per implicito o per esplicito, ha ammesso a discussione la mozione di sfiducia;

3) della proclamazione dei risultati della votazione sulla mozione impugnata, di accoglimento della mozione stessa, così come dichiarata dal Presidente del Senato della Repubblica nella seduta del 19 ottobre 1995;

4) della proposta del Presidente del Consiglio dei ministri per il conferimento, a se medesimo, dell'incarico di Ministro di grazia e giustizia ad interim;

5) del decreto in data 19 ottobre 1995, del Presidente della Repubblica, con il quale è stato conferito l'incarico di Ministro di grazia e giustizia ad interim al Presidente del Consiglio dei ministri, dott. Lamberto Dini;

6) dell'atto successivo, in data 20 ottobre 1995, con il quale il Presidente del Consiglio dei ministri, dott. Lamberto Dini, ha chiesto ed ottenuto "il passaggio delle consegne" del Ministero di grazia e giustizia.

Visti gli atti di costituzione del Senato della Repubblica, della Camera dei deputati, del Presidente del Consiglio dei ministri e del Presidente della Repubblica;

udito nell'udienza pubblica del 5 dicembre 1995 il Giudice relatore Massimo Vari;

uditi gli avvocati Fabrizio Salberini, Donatella Resta e Franco G. Scoca per il dott. Filippo Mancuso; gli av- vocati Giuseppe Guarino e Paolo Barile per il Senato della Repubblica; gli avvocati Giuseppe Abbamonte e Feliciano Benvenuti per la Camera dei deputati; l'Avvocato Generale dello Stato Giorgio Zagari per il Presidente del Consiglio dei ministri e per il Presidente della Repubblica.

Ritenuto in fatto

  1. -- Con ricorso del 18 ottobre 1995, depositato il successivo 19, il dott. Filippo Mancuso, nella qualità di Ministro di grazia e giustizia-Guardasigilli pro tempore, quale "titolare del potere di esercizio delle funzioni amministrative della giustizia, conferite, in via specifica ed esclusiva", dagli artt. 107 e 110 della Costituzione, ha sollevato conflitto di attribuzione contro il Senato della Repubblica, quale "titolare del potere di accordare o revocare la fiducia al Governo conferito dall'art. 94 della Costituzione".

    Ricordata la mozione del 18 maggio 1995, votata dal Senato in materia di attività ispettiva del Ministro di grazia e giustizia, il ricorrente impugna la successiva mozione del 4 luglio 1995 "da discutere nella seduta in data 18 ottobre 1995", con la quale il Senato avrebbe espresso "sfiducia" al Ministro di grazia e giustizia "pro tempore", quale responsabile individuale degli atti del proprio dicastero.

  2. -- Quanto all'individuazione e alla legittimazione delle parti in conflitto, si osserva che "laddove entrino in conflitto con altri poteri dello Stato, quelli attribuiti dalla Costituzione al Ministro di grazia e giustizia, quale titolare del potere di esercizio delle funzioni amministrative della giustizia ex artt. 107 e 110 della Costituzione, è quel Ministro e non altri il legittimo contraddittore dell'organo investito del potere contrapposto con espressa esclusione del Presidente del Consiglio".

    Relativamente all'altra parte in conflitto, è pacifico -- secondo il ricorrente -- che il Senato della Repubblica sia organo competente "a dichiarare definitivamente la volontà del potere" (art. 37 della legge n. 87 del 1953) "quanto alla formulazione delle mozioni di fiducia o sfiducia costituenti un potere tipico, istituzionale, di quell'Organo".

  3. -- Il profilo oggettivo del conflitto risiederebbe nella volontà del Senato della Repubblica di sfiduciare, "personalmente e singolarmente", il Ministro di grazia e giustizia, per le attività di cui agli artt. 107 e 110 della Costituzione, che si assumono esercitate con modalità "confliggenti con il recupero della serenità istituzionale necessaria ad assicurare l'indipendente esercizio della funzione giudiziaria".

    Pur dando atto che il conflitto è, allo stato di proposizione del ricorso "soltanto virtuale", si assume comunque la "inammissibilità della iniziativa volta alla sfiducia de qua", sotto un triplice profilo: 1) della "inammissibilità di una personalizzazione dell'istituto della mozione parlamentare di sfiducia"; 2) della "inesistenza, nel caso di specie, di una responsabilità politica (e di qualsiasi ulteriore responsabilità) del ministro da sfiduciare"; 3) infine "della vindicatio potestatis del Guardasigilli in relazione ai poteri specifici che costituzionalmente gli competono".

    Dopo aver rilevato che il rapporto fiduciario Camere-Governo "nel suo complesso" appare "insuscettibile di essere parzializzato, e parzialmente revocato, a scapito della unitarietà delle funzioni del Governo stesso (art. 95 della Costituzione e art. 2 della legge n. 400 del 1988) e della sua collegialità", si osserva che, d'altra parte, le eventuali conseguenze dell'approvazione di una mozione di sfiducia individuale "sembrano difficilmente collocabili nel presente assetto costituzionale se non ipotizzando le dimissioni dell'intero Governo, in assenza di quelle del ministro sfiduciato, non certo revocabile in mancanza di qualsiasi indizio normativo che ne consenta il ritiro dal Governo con siffatte modalità".

    Sull'uso, invece, della mozione di sfiducia come "procedura surrettiziamente allusiva all'impeachement anglosassone", attraverso una chiamata di responsabilità del Ministro di grazia e giustizia per atti e fatti del suo dicastero, si ritiene -- muovendo dalla distinzione fra responsabilità "politica" e "giuridica" dei ministri -- che la responsabilità politica individuale si configuri come una responsabilità imperfetta, "giacché le Camere possono bensì chiedere conto dell'operato dei ministri mediante gli strumenti del sindacato parlamentare (interrogazioni, interpellanze, inchieste parlamentari), ma non possono attivare un provvedimento sanzionatorio a carico di un ministro se non coinvolgendovi collegialmente l'intero Governo".

    Quanto alla responsabilità giuridica, "neppure la mozione ostile contro cui si ricorre ne ha potuto ipotizzare una qualsivoglia", a carico del ricorrente.

    Lamentando un'"indebita interferenza" del Senato nell'attività amministrativa del Guardasigilli, si rileva che sia la mozione di sfiducia in discussione il 18 ottobre, sia quella precedente del 18 maggio, "originano e si riducono sostanzialmente ad una critica sommaria circa lo svolgimento di alcune incombenze amministrative, ed in particolare di alcune ispezioni", rappresentando siffatte valutazioni di merito come "risultato di un incondivisibile (per i presentatori) indirizzo politico proprio del ministro da sfiduciare", e suscitando il problema del "se" e "quanto" un organo parlamentare, ancorché di indiscussa autorevolezza, possa sovvertire le regole sulla responsabilità amministrativa, civile e penale dei ministri per gli atti del loro dicastero.

    La mozione impugnata, dando per scontato che l'esercizio dei poteri autonomamente spettanti al Ministro di grazia e giustizia in materia ispettiva "non si sarebbe sempre ispirato agli indirizzi generali del Governo in materia di equilibrato rapporto tra i poteri dello Stato, ovvero si sarebbe svolto secondo principi di inadeguatezza e di non proporzionalità tra i comportamenti in astratto addebitabili ai magistrati e la tutela dei beni a garanzia dei quali la facoltà di azione disciplinare è attribuita al Ministro", lamenterebbe "la mancanza di indirizzi di governo in ordine alle problematiche dell'attività ispettiva del Ministro, rivolti per un verso ad evitare interferenze di tale attività sull'indipendente esercizio della funzione giudiziaria, e per altro verso a prevedere che eventuali interruzioni del rapporto di collaborazione tra i magistrati ispettori e il Ministro fossero adeguatamente motivate".

    Ad avviso del ricorrente, dette doglianze, "del tutto infondate nel merito", costituirebbero "una indebita intromissione di un organo legislativo nella attività dell'esecutivo, anche per la ulteriore pretesa di voler dettare regole di buona amministrazione con un mezzo, quello della mozione di sfiducia, assolutamente non preordinato dal Costituente a tale scopo".

    Del resto, contro le attività amministrative che si assumano illegittime, o addirittura illegali, "l'ordinamento appronta più di un mezzo per la loro rimozione dal mondo giuridico", senza necessità di chiamare in causa "la credibilità politica del Ministro competente".

  4. -- Con atto del 21 ottobre 1995, depositato il 23 successivo, "il Ministro dott. Filippo Mancuso, quale titolare del potere di esercizio delle funzioni amministrative della giustizia, conferite, in via specifica ed esclusiva", dagli artt. 107 e 110 della Costituzione, ha proposto un ulteriore ricorso per conflitto di attribuzione tra i poteri dello Stato contro: a) il Senato della Repubblica, quale "titolare del potere di accordare o revocare la fiducia al Governo conferito dall'art. 94 della Costituzione"; b) il Presidente del Consiglio dei ministri, "quale titolare del potere di proporre al Presidente della Repubblica il suo nome per assumere ad interim le funzioni di Ministro...

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