Sentenza nº 223 da Constitutional Court (Italy), 25 Luglio 1984

Date25 Luglio 1984
IssuerConstitutional Court (Italy)

SENTENZA N. 223

ANNO 1984

REPUBBLICA ITALIANA

In nome del Popolo Italiano

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

Prof. LEOPOLDO ELIA, Presidente

Prof. GUGLIELMO ROEHRSSEN

Avv. ORONZO REALE

Dott. BRUNETTO BUCCIARELLI DUCCI

Prof. LIVIO PALADIN

Prof. VIRGILIO ANDRIOLI

Prof. GIUSEPPE FERRARI

Dott. FRANCESCO SAJA

Prof. GIOVANNI CONSO

Prof. ETTORE GALLO

Dott. ALDO CORASANITI, Giudici,

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nei giudizi riuniti promossi con ricorsi dei Presidenti delle Regioni Veneto, Toscana, Lombardia, Friuli-Venezia Giulia, notificati il 24 marzo e il 16 aprile 1976; il 16-17 ottobre 1980 e il 6-7 luglio 1981; il 16 ottobre 1980; il 18 dicembre 1980; depositati in cancelleria il 9 e 27 aprile 1976; il 28 ottobre 1980 e il 13 luglio 1981; il 24 ottobre 1980; il 27 dicembre 1980; ed iscritti ai nn. 16, 17, 18, 19, 20, 24 e 25 del registro 1976; ai nn. 29 e 30 del registro 1980 e al n. 29 del registro 1981; al n. 28 del registro 1980; al n. 35 del registro 1980: ricorsi per conflitti di attribuzione sorti a seguito dei decreti ministeriali con i quali sono state costituite le riserve naturali di "Valle Imperina", "Monti del Sole", "Monte Pavione", "Schiara occidentale", "Valle Scura", "Piani Eterni-Errera-Val Falcina" e "Vette Feltrine" (Regione Veneto); "Oasi della Laguna di Orbetello di Ponente", "Lago di Burano", "Laguna di Ponente di Orbetello (parte) "(Regione Toscana); " Bosco WWF di Vanzago " (Regione Lombardia); "Foresta di Tarvisio" (Regione Friuli-Venezia Giulia).

Visti gli atti di costituzione del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nell'udienza pubblica del 28 febbraio 1984 il Giudice relatore Giovanni Conso;

uditi gli avv.ti Guido Viola per la Regione Veneto, Enzo Cheli per la Regione Toscana, Gaspare Pacia per la Regione Friuli-Venezia Giulia e l'avvocato dello Stato Giorgio Azzariti per il Presidente del Consiglio dei ministri.

Ritenuto in fatto

  1. - Con sette ricorsi di identico contenuto, notificati cinque il 24 marzo 1976 e due il 16 aprile 1976, la Regione Veneto ha sollevato conflitto nei confronti dello Stato, chiedendo "dichiararsi di esclusiva competenza della Regione la attribuzione costituzionale di istituire riserve naturali nelle foreste già ricomprese nel patrimonio forestale dello Stato e ricadenti nell'ambito del territorio della Regione Veneto" ed il conseguente annullamento dei decreti del Ministro per la agricoltura e le foreste 20 dicembre 1975 (pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 28 del 31 gennaio 1976), 29 dicembre 1975 (pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 23 del 27 gennaio 1976), 20 dicembre 1975 (pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 24 del 28 gennaio 1976), 29 dicembre 1975 (pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 36 del 10 febbraio 1976), 20 dicembre 1975 (pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 23 del 27 gennaio 1976), 29 dicembre 1975 (pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 52 del 26 febbraio 1976) e 29 dicembre 1975 (pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 56 del 2 marzo 1976), decreti costitutivi, rispettivatnente, delle riserve naturali "Valle Imperina 5" in comune di Rivamonte, "Monti del Sole" nei comuni di Sedico e Sospirolo, "Monte Pavione" in comune di Sovramonte, "Schiara Occidentale" in comune di Sédico, "Valle Scura" in comune di S. Giustina Bellunese, "Piani Eterni-Errera- Val Falcina" nei comuni di Cesiomaggiore, S. Giustina, Gosaldo e Sospirolo e "Vette Feltrine" nei comuni di Sovramonte, Cesiomaggiore, Feltre e Pedavena.

    Premette la ricorrente che il Ministero delle finanze, con nota del 28 aprile 1972, aveva inviato uno schema di decreto, predisposto di concerto col Ministero per l'agricoltura e le foreste, ed un elenco di beni forestali appartenenti allo Stato da trasferirsi alla Regione ai sensi dell'art. 11 della legge 16 maggio 1970, n. 281, richiedendo al Consiglio regionale di far conoscere le proprie osservazioni in merito; che, con deliberazione del 22 settembre 1972, il Consiglio, lamentando, fra l'altro, che lo schema di decreto non facesse cenno alcuno alle riserve naturali e alle stazioni forestali, aveva espresso parere contrario in quanto, senza alcuna motivazione, si intendeva trasferire al patrimonio regionale solo parte del patrimonio forestale della Regione: aveva perciò richiesto il trasferimento delle aree di spettanza della ricorrente non comprese in tale schema di decreto; che, con nota del 13 novembre 1973, il Ministero per l'agricoltura e le foreste aveva giustificato le limitazioni proposte con l'intrasferibilità alla Regione, ai sensi dell'art. 11 della legge n. 281 del 1970, di quei beni che non avessero caratteristiche colturali e produttive forestali, quali, fra gli altri, i terreni - boscati o non - classificati in riserve naturali: e ciò non soltanto perché si tratterebbe di "beni strumentali connessi all'attuazione di compiti statali" ma anche perché le riserve naturali - al pari dei parchi nazionali - "vengono sottratte per i loro valori estetici, scientifici ed ecologici di raro pregio alla utilizzazione produttiva propria dei beni forestali".

    Secondo la ricorrente, quindi, lo Stato, pur non avendo provveduto ad emanare i decreti di individuazione dei beni forestali trasferiti, aveva costituito le predette riserve su beni forestali da trasferire adottando decreti ministeriali "evidentemente preordinati" all'esclusione dal trasferimento dei beni forestali costituiti in riserva naturale: tutto ciò sarebbe avvenuto in base ad un'errata interpretazione della legge 16 maggio 1970, n. 281, e del d.P.R. 15 gennaio 1972, n. 11, con conseguente invasione della sfera di competenza attribuita alla Regione Veneto "a norma dell'art. 117 in relazione all'art. 119 della Costituzione medesima, dell'art. 11 della legge 16 maggio 1970, n. 281, e degli artt. 1, 4 e 21 del d.P.R. 15 gennaio 1972, n. 11".

    Tutti i beni oggetto dei decreti impugnati dovrebbero essere qualificati come foreste ai sensi delle norme vigenti in materia e conseguentemente trasferiti alle regioni "perché le norme sul trasferimento non contengono, al riguardo, alcuna distinzione": nessun rilievo rivestirebbe il fatto che tali beni siano preordinati a fini di pubblica utilità di portata nazionale, dato che questi fini non sarebbero in contrasto con quelle utilità che i beni procurano alla collettività in quanto foreste appartenenti alle regioni. D'altro canto, la Corte costituzionale avrebbe escluso, con le sentenze n. 79 del 1972 e n. 219 del 1972, che la istituzione di riserve naturali su beni forestali da parte dello Stato sia compatibile con il disposto del quinto comma dell'art. 11 della legge n. 281 del 1970.

    Rileva, infine, la Regione che il d.P.R. n. 11 del 1972 sul trasferimento alle regioni a statuto ordinario delle funzioni amministrative statali in materia di agricoltura e foreste stabilisce che il decreto stesso ha effetti, per quanto riguarda il trasferimento delle funzioni amministrative, dalla data fissata nel decreto legge 28 dicembre 1971, n. 1121, convertito nella legge 25 febbraio 1972, n. 15, e cioé dal 1 aprile 1972: i decreti ministeriali che hanno costituito le riserve naturali oggetto dei sette ricorsi sono stati invece emanati dopo la scadenza di detto termine " invadendo la sfera di competenza della Regione".

    In tutti i sette giudizi si é ritualmente costituito il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato.

    Deduce preliminarmente l'Avvocatura che nulla dispongono i decreti impugnati in ordine alla proprietà dei terreni inclusi nelle riserve naturali (l'art. 3 di ognuno di tali provvedimenti si limiterebbe ad accennare solo alla loro " tutela " e " gestione " che vengono attribuite all'Azienda di Stato per le foreste demaniali in relazione ai prevalenti interessi nazionali coinvolti); pertanto, ogni questione relativa al trasferimento delle foreste al patrimonio regionale (quali che possano essere gli intendimenti manifestati dal Ministero per la agricoltura e le foreste con la nota 13 novembre 1973, che non é l'atto impugnato) non può essere sollevata in questa sede (cioé in sede di impugnazione dei provvedimenti aventi per oggetto la costituzione di riserve naturali) ma dovrà essere affrontata soltanto in sede di eventuale ricorso avverso il decreto di trasferimento delle foreste in relazione ad eventuali esclusioni.

    Il vero dispositivo dei decreti impugnati sarebbe contenuto nell'art. 2 di ciascuno di essi, che permette l'accesso nei terreni costituiti in riserve solo per studio, fini educativi, escursioni naturalistiche, compiti amministrativi e di vigilanza, ricostruzione di equilibri naturali. Un tale potere del Ministero non verrebbe contestato né rivendicato dalla Regione la cui impugnativa si limiterebbe ad affermare il diritto al proprio patrimonio delle foreste incluse nelle riserve.

    Inoltre, l'appartenenza allo Stato del potere in effetti esercitato con i decreti impugnati sarebbe stata riconosciuta dalla Corte con la sentenza n. 142 del 1972, la quale, respingendo le censure mosse all'art. 4, lettere s e h, del d.P.R. n. 11 del 1972, ritenne essere legittimamente conservata allo Stato la competenza in materia di interventi in difesa dell'ambiente a prevenzione di ogni specie di danni provenienti da eventi naturali o da opera dell'uomo.

    Comunque, ove fosse possibile controllare l'esattezza di quanto osservato nella nota del 13 aprile 1973 circa la non trasferibilità alle regioni di terreni compresi in riserve naturali, il controllo darebbe esito positivo.

    Se gli interventi per la protezione della natura, ai quali é diretto l'istituto della riserva naturale, rientrano nella competenza statale e non in quella regionale, dovrebbe escludersi il trasferimento alle regioni dei terreni relativi. Il trasferimento delle foreste previsto dall'art. 11 della legge n. 281 del 1970, comportandone l'appartenenza al patrimonio indisponibile, dimostra che il trasferimento si spiega in quanto si tratta di beni strumentali ai fini dello svolgimento...

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