Sentenza nº 237 da Constitutional Court (Italy), 30 Luglio 1984

RelatoreAlberto Malagugini
Data di Resoluzione30 Luglio 1984
EmittenteConstitutional Court (Italy)

SENTENZA N. 237

ANNO 1984

REPUBBLICA ITALIANA

In nome del Popolo Italiano

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

Prof. ANTONINO DE STEFANO, Presidente

Prof. GUGLIELMO ROEHRSSEN

Avv. ORONZO REALE

Dott. BRUNETTO BUCCIARELLI DUCCI

Avv. ALBERTO MALAGUGINI

Prof. LIVIO PALADIN

Dott. ARNALDO MACCARONE

Prof. ANTONIO LA PERGOLA

Prof. VIRGILIO ANDRIOLI

Prof. GIUSEPPE FERRARI

Dott. FRANCESCO SAJA

Prof. GIOVANNI CONSO

Prof. ETTORE GALLO

Dott. ALDO CORASANITI, Giudici,

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nei giudizi riuniti di legittimità costituzionale degli artt. 1, 183, 184, 195 e 334, primo comma, n. 2, del d.P.R. 29 marzo 1973, n. 156, (Codice postale e delle telecomunicazioni) modificati dall'art. 45 della legge 14 aprile 1975, n. 103 promossi con le ordinanze emesse il 20 dicembre 1977 dal pretore di Firenze, il 30 novembre 1979 dal pretore di Torino, il 29 marzo e 12 giugno 1980 dai pretori di Putignano e Modena; il 14 gennaio 1981 dal pretore di Torino, l'11 marzo 1981 dal tribunale di Livorno, il 27 marzo e 15 maggio 1981 dal pretore di Susa, il 5 ottobre 1981 dal pretore di Reggio Emilia (2 ordinanze) il 31 marzo 1982 dal pretore di Verona, il 3 novembre 1982 dal pretore di Saluzzo, il 1 dicembre 1982 dal pretore di Bologna, il 16 novembre 1982 dal pretore di Terralba e il 13 gennaio 1983 dal pretore di Morbegno, iscritte rispettivamente al n. 262 del registro ordinanze del 1978, ai nn. 76, 347, 838, del registro ordinanze 1980, ai nn. 291, 358, 512, 698, 704, 705 del registro ordinanze 1981 e ai nn. 460, 916 del registro ordinanze 1982 e ai nn. 33, 40 e 143 del registro ordinanze 1983 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 222 del 1978, nn. 92 e 166 del 1980, nn. 56, 262, 248, 304 del 1981, nn. 33 e 344 del 1982, nn. 142, 149, 177 e 191 del 1983.

Visti gli atti di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

Udito nell'udienza pubblica del 10 gennaio 1984 il Giudice relatore Alberto Malagugini;

Udito l'avvocato dello Stato Giorgio Azzariti per il Presidente del Consiglio dei Ministri.

Ritenuto in fatto

  1. - Nel corso di un procedimento penale a carico di Pieri Piero, imputato del reato di cui all'art. 195 d.P.R. 29 marzo 1973, n. 156, come modificato dall'art. 45 legge 14 aprile 1975, n. 103, per aver attivato un impianto ripetitore dei programmi televisivi della RAI nella Valle del Mugnone senza la prescritta autorizzazione ministeriale, il pretore di Firenze, con ordinanza del 20 dicembre 1977 (r.o. 262/78), sollevava una questione di legittimità di tale norma incriminatrice, assumendone il contrasto con l'art. 3 Cost.

    Dopo aver rilevato che la legge n. 103 del 1975, sulla scorta dei principi posti dalla sentenza della Corte Costituzionale n. 225 del 1974, ha introdotto il regime della concessione per gli impianti di diffusione radiotelevisiva via etere in ambito locale (c.d. radio libere) e quello della autorizzazione per gli impianti ripetitori, e che il primo regime é stato caducato per effetto della successiva sentenza della Corte n. 202 del 1976, il pretore osservava che in tale situazione risulta del tutto libera un'attività prima sottoposta a regole più rigide, e per contro assoggettata ad obblighi (necessità di preventiva autorizzazione, pagamento di tasse e canoni) penalmente sanzionati un'attività analoga che sin dal primo esame era sembrata non creare pericoli di monopolio od oligopolio.

    La norma impugnata - strettamente collegata a quella parte della stessa disposizione dichiarata incostituzionale ed anzi attinente ad un sistema necessariamente unitario - contrasterebbe quindi, ad avviso del pretore, col principio di uguaglianza di cui all'art. 3 Cost.. E ciò in quanto, pur essendovi parità di condizioni oggettive (esercizio di apparati radiotrasmittenti) e pur dovendo le due situazioni, secondo un'autorevole interpretazione, essere assoggettate ad un analogo regime di autorizzazione, esse subiscono invece un trattamento differenziato senza che la disparità sia fondata su presupposti logici ed obiettivi che ne giustifichino razionalmente l'adozione.

  2. - Della legittimità costituzionale degli artt. 1, 183 e 195 d.P.R. 29 marzo 1973, n. 156, come modificati dall'art. 45 legge 14 aprile 1975, n. 103, dubitava altresì il Pretore di Putignano, con ordinanza 29 marzo 1980 (r.o. 347/80) emessa pregiudizialmente alla decisione su una richiesta della P.G. di perquisizione domiciliare, tendente al sequestro di un apparecchio ricetrasmittente (C.B.) di debole potenza usato senza concessione. Ad avviso del pretore dette disposizioni contrasterebbero: a) con l'art. 3 Cost. per essere allo stato "del tutto libere e esenti da tasse di concessione l'installazione e l'esercizio di impianti di diffusione radiofonica e televisiva di potenza assai maggiore"; b) con l'art. 21 Cost., in quanto le norme impugnate sottopongono ad un regime di concessione amministrativa il diritto di tutti i cittadini di "manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto ed ogni altro mezzo di diffusione": c) con l'art. 10 della Convenzione internazionale per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, firmata a Roma il 4 novembre 1950 e resa esecutiva in Italia con legge 4 agosto 1955, n. 848 che sancisce la libertà di espressione e di, "conseguenza", con l'art. 10 della Costituzione.

  3. - Intervenendo nel giudizio instaurato con la prima delle predette ordinanze, l'Avvocatura dello Stato rilevava innanzitutto che la Corte, nel dichiarare - con la sentenza n. 202 del 1976 - l'illegittimità costituzionale della disciplina che assoggettava le attività di diffusione radiotelevisiva via etere in ambito locale al regime concessorio anziché a quello autorizzatorio, aveva avvertito che la caducazione del primo non avrebbe implicato l'automatica applicazione (agli impianti già esistenti) del secondo. Essa avrebbe invece "reso necessario l'intervento del legislatore per stabilire i modi e le condizioni di attuazione, in attesa del quale, poiché il regime di autorizzazione presuppone un vero e proprio diritto perfetto del richiedente, sarebbero state "inapplicabili sanzioni penali prevedute per ipotesi diverse anche se analoghe" (cfr. n. 5 sent. cit.).

    Finora l'auspicabile intervento del legislatore non si é concretizzato, sicché allo stato, le attività ora dette godono di un anomalo regime transitorio di libertà.

    Questa precaria carenza di disciplina delle suddette attività, già per la sua stessa contingente provvisorietà, non può però riflettersi, ad avviso dell'Avvocatura, sulla persistente legittimità della specifica disciplina che la legge del 1975 detta, in armonia con la ricordata giurisprudenza costituzionale, per altre attività come quelle inerenti agli impianti ripetitori; e neppure autorizza il sospetto che la diversità di trattamento possa non essere giustificata.

    Già nelle sentenze nn. 225 e 226 del 1974 - con le quali erano stati "liberalizzati", rispettivamente, i ripetitori di trasmissioni estere ed il settore delle reti locali di trasmissione via cavo - la Corte aveva sottolineato la legittimità (ed anzi l'opportunità) dell'assoggettamento di tali attività ad un regime autorizzatorio, in quanto interferenti col monopolio radiotelevisivo statale ed al fine di coordinarle con questo e tra di loro, a salvaguardia di preminenti interessi pubblici. Le stesse esigenze erano state poi ribadite nella sentenza n. 202 del 1976.

    Di qui, dunque, da un lato la legittimità dell'attuale disciplina delle attività inerenti agli impianti di ripetizione - data la loro incidenza sul limitato numero di bande assegnate all'Italia e la loro interferenza con il servizio statale, con la c.d. libertà di antenna nell'ambito locale e con il limite della localizzazione delle attività private -; e dall'altro, la non ipotizzabilità di una irrazionale disparità di trattamento per l'eventuale diverso regime di queste attività rispetto ad altre, come quelle inerenti alle emittenti private locali, diverse per le implicazioni tecniche e per quelle giuridiche.

    D'altra parte, se la ricordata giurisprudenza postulasse la necessità di assoggettare le diverse attività ad analogo regime autorizzatorio, ne discenderebbe non già l'ingiustificatezza della disciplina cui sono assoggettati gli impianti ripetitori, per i quali é appunto richiesta l'autorizzazione, bensì del regime transitorio di libertà del quale provvisoriamente godono le emittenti private locali.

    Quanto al contrasto tra un regime di autorizzazione e la libertà di manifestazione del pensiero (artt. 21 Cost. e 10 Convenzione Europea), sostenuto dal pretore di Putignano, esso ésecondo l'Avvocatura, smentito dalle sentenze della Corte già ricordate (nn. 225 e 226 del 1974, 202 del 1976), tutte concordi nel ritenere necessaria una disciplina autorizzatoria.

  4. - Nel corso di un procedimento penale a carico di Cavalli Giancarlo - imputato del reato di cui agli artt. 183 e 195 d.P.R. 29 marzo 1973, n. 156, come modificato dall'art. 45 legge 14 aprile 1975, n. 103, per aver installato ed utilizzato nella propria azienda, senza la prescritta concessione, due apparecchi ricetrasmittenti di debole potenza - il pretore di Torino sollevava in riferimento agli artt. 3 e 27 Cost., una questione di legittimità costituzionale delle predette norme, nonché dell'art. 334, primo comma, n. 2 del...

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