Sentenza nº 142 da Constitutional Court (Italy), 18 Luglio 1973

RelatoreVezio Crisafulli
Data di Resoluzione18 Luglio 1973
EmittenteConstitutional Court (Italy)

SENTENZA N. 142

ANNO 1973

REPUBBLICA ITALIANA

In nome del Popolo Italiano

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

Prof. FRANCESCO PAOLO BONIFACIO, Presidente

Dott. GIUSEPPE VERZì

Dott. GIOVANNI BATTISTA BENEDETTI

Dott. LUIGI OGGIONI

Dott. ANGELO DE MARCO

Avv. ERCOLE ROCCHETTI

Prof. ENZO CAPALOZZA

Prof. VINCENZO MICHELE TRIMARCHI

Prof. VEZIO CRISAFULLI

Dott. NICOLA REALE

Prof. PAOLO ROSSI

Avv. LEONETTO AMADEI

Prof. GIULIO GIONFRIDA

Prof. EDOARDO VOLTERRA

Prof. GUIDO ASTUTI, Giudici,

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nei giudizi riuniti di legittimità costituzionale dell'art. 313, terzo comma, e degli artt. 266, 270, 272, 305 e 415 del codice penale, promossi con le seguenti ordinanze:

1) ordinanza emessa il 22 febbraio 1971 dal giudice istruttore del tribunale di La Spezia nel procedimento penale a carico di Marrone Franco, iscritta al n. 127 del registro ordinanze 1971 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 112 del 5 maggio 1971;

2) ordinanza emessa il 22 febbraio 1971 dalla Corte d'assise di Roma nel procedimento penale a carico di De Medio Paolo ed altri, iscritta al n. 16 del registro ordinanze 1972 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 65 dell'8 marzo 1972;

3) ordinanza emessa il 21 settembre 1971 dal giudice istruttore del tribunale di Genova nel procedimento penale a carico di Gibelli Giovanni Battista ed altri, iscritta al n. 41 del registro ordinanze 1972 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 90 del 5 aprile 1972.

Visti gli atti d'intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nell'udienza pubblica del 3 maggio 1973 il Giudice relatore Vezio Crisafulli;

udito il vice avvocato generale dello Stato Raffaello Bronzini, per il Presidente del Consiglio dei ministri.

Ritenuto in fatto

  1. - Con ordinanza emessa il 22 febbraio 1971 nel corso di un procedimento penale a carico di Marrone Franco, il giudice istruttore presso il tribunale di La Spezia ha sollevato questione di legittimità costituzionale - per contrasto con le disposizioni contenute nel titolo quarto, sezione prima, della parte seconda e, segnatamente, con l'art. 104, nonché in relazione all'art. 3 della Costituzione - dell'art. 313, secondo capoverso, del codice penale, limitatamente alla parte in cui prevede che l'autorizzazione a procedere venga concessa dal Ministro della giustizia anziché dal Consiglio superiore della magistratura.

    Sotto il profilo della rilevanza, il giudice a quo fa notare che l'eventuale accoglimento della questione farebbe mancare la condizione di procedibilità in ordine al reato in oggetto.

    Nel merito, l'ordinanza si richiama alla sentenza n. 15 del 1969 di questa Corte, che ha dichiarato illegittima la stessa disposizione, nella parte in cui attribuiva il potere di concedere l'autorizzazione a procedere al Ministro di grazia e giustizia, anziché alla Corte stessa, per il reato di vilipendio in danno di essa: nella specie, trattandosi di vilipendio all'ordine giudiziario, la correlativa potestà dovrebbe spettare al Consiglio superiore della magistratura, che ne é l'organo rappresentativo.

    La norma impugnata contrasterebbe, inoltre, con il principio di eguaglianza, verificandosi un'ingiustificata disparità di trattamento fra coloro che siano imputati del reato di vilipendio nei confronti delle Camere o della Corte costituzionale e chi debba rispondere dello stesso reato nei confronti dell'ordine giudiziario, poiché in questa seconda ipotesi la valutazione sull'opportunità del promuovimento dell'azione penale risulterebbe priva delle garanzie di forma e di sostanza connesse alla deliberazione di un organo collegiale e spetterebbe per di più ad un organo appartenente ad un potere diverso da quello cui inerisce l'istituzione offesa.

  2. - Questione sostanzialmente analoga, ma limitatamente al primo dei due profili di legittimità costituzionale innanzi menzionati, é stata dedotta dalla Corte di assise di Roma, con ordinanza emessa il 22 febbraio 1971 nel corso di un procedimento penale a carico di De Medio Paolo ed altri.

  3. - In questo secondo giudizio é intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocato generale dello Stato, con deduzioni depositate il 22 marzo 1972, nelle quali sostiene fra l'altro, che il precedente costituito dalla sentenza n. 15 del 1969, già ricordata, verrebbe nella specie male invocato, non potendosi considerare valevole anche per l'ordine giudiziario il criterio analogico seguito dal legislatore costituzionale nel regolare la posizione della Corte costituzionale e dei suoi componenti alla stregua di quella del Parlamento e dei suoi membri: la scelta dell'organo più idoneo a pronunciarsi sull'autorizzazione dovrebbe perciò considerarsi rimessa alla discrezionalità del legislatore.

    Le conclusioni dell'Avvocatura dello Stato si precisano nella richiesta di una dichiarazione di infondatezza della questione.

  4. - Una terza ordinanza, emessa dal giudice istruttore presso il tribunale di Genova il 21 settembre 1971, nel corso di un procedimento penale a carico di Gibelli Giovanni Battista ed altri, propone questioni di legittimità costituzionale:

    1. dell'art. 313 cod. pen., nella parte in cui subordina all'autorizzazione del Ministro di grazia e giustizia l'esercizio dell'azione penale per il reato di vilipendio alla Magistratura, per contrasto con gli artt. 102 e 104 della Costituzione;

    2. degli artt. 266, 270, 272, 305, 415 cod. pen. per contrasto con l'art. 3 della Costituzione, nell'assunto che la disciplina in essi contenuta per reati politici dia luogo ad una ingiustificata disparità di trattamento rispetto alle non dissimili fattispecie, rispettivamente previste all'art. 414 o all'art. 416 del codice penale.

    La prima questione viene dedotta sotto un duplice profilo: contrasto della norma in esame con l'art. 104 Cost. secondo una motivazione sostanzialmente analoga a quella delle ordinanze che precedono; ed inoltre, più radicalmente, contrasto dell'istituto dell'autorizzazione a procedere con l'art. 102 Cost., perché il suo diniego se non anche la sua concessione integrerebbe, comunque, un modo di esercizio della funzione giurisdizionale da parte di un organo amministrativo o politico.

    Le altre questioni muovono tutte dalla comune premessa che le norme impugnate costituiscano puntualizzazioni di più ampie ipotesi criminose trattate meno...

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