Sentenza nº 223 da Constitutional Court (Italy), 17 Luglio 2009

RelatorePaolo Maddalena
Data di Resoluzione17 Luglio 2009
EmittenteConstitutional Court (Italy)

SENTENZA N. 223

ANNO 2009

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

- Francesco AMIRANTE Presidente

- Ugo DE SIERVO Giudice

- Paolo MADDALENA "

- Alfio FINOCCHIARO "

- Alfonso QUARANTA "

- Franco GALLO "

- Luigi MAZZELLA "

- Gaetano SILVESTRI "

- Sabino CASSESE "

- Maria Rita SAULLE "

- Giuseppe TESAURO "

- Paolo Maria NAPOLITANO "

- Giuseppe FRIGO "

- Alessandro CRISCUOLO "

- Paolo GROSSI "

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio per conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato sorto a seguito delle deliberazioni della Camera dei deputati del 2 maggio 2007, relative alla insindacabilità, ai sensi dell’art. 68, primo comma, della Costituzione, delle opinioni espresse dai deputati Mario Borghezio ed altri, promosso dal Giudice dell’udienza preliminare del Tribunale di Verona con ricorso notificato il 9 gennaio 2009, depositato in cancelleria in pari data ed iscritto al n. 10 del registro conflitti tra poteri dello Stato 2008, fase di merito.

Visto l’atto di costituzione della Camera dei deputati;

udito nell’udienza pubblica del 21 aprile 2009 il Giudice relatore Paolo Maddalena;

udito l’avvocato Massimo Luciani per la Camera dei deputati.

Ritenuto in fatto

  1. ¾ Con ricorso depositato il 24 aprile 2008, il Giudice dell’udienza preliminare del Tribunale di Verona ha sollevato conflitto di attribuzione «in ordine al corretto uso del potere di decidere con riguardo alla ricorrenza dei presupposti di applicabilità dell’art. 68, primo comma, della Costituzione, come esercitato dalla Camera dei deputati con le delibere del 2 maggio 2007 relativamente al procedimento penale», pendente dinanzi al medesimo GUP, «a carico dei deputati Mario Borghezio, Umberto Bossi, Enrico Cavaliere, Giacomo Chiappori, Giancarlo Pagliarini, Luigino Vascon, Roberto Maroni e Roberto Calderoli».

    Il ricorrente precisa che nei confronti dei suddetti deputati – dopo essere intervenuta sentenza di proscioglimento per i reati di cui agli artt. 241, 283 e 271 del codice penale, non più previsti dalla legge come tali a seguito della declaratoria di incostituzionalità recata dalla sentenza n. 243 del 2001 della Corte costituzionale e della successiva novella legislativa 24 febbraio 2006, n. 85 (Modifiche al codice penale in materia di reati di opinione) – residua la richiesta di rinvio a giudizio per l’imputazione «del reato di cui agli artt. 81 c.p., 1 d.lgs. 14 febbraio 1948, n. 43 per avere, con più azioni esecutive di un medesimo disegno criminoso promosso, costituito, diretto, e partecipato – con molte altre persone, alcune identificate ed altre da identificare – ad una associazione di carattere militare con scopi politici, denominata “camicie verdi”, poi confluita in altra più complessa struttura denominata GNP (guardia nazionale padana), organizzata secondo precise regole di ammissione e reclutamento degli aderenti – tutti dotati di uniforme costituita da una camicia verde con maniche lunghe recante un particolare stemma sulla manica sinistra e sul taschino sinistro – e di inquadramento in gruppi territoriali gerarchicamente organizzati, con l’individuazione di responsabili locali tenuti a seguire rigorosamente le direttive del “capo” o delle persone da lui delegate, e a riferire periodicamente sull’attività compiuta in esecuzione di tali direttive; associazione contigua al movimento politico Lega Nord ed avente lo scopo di meglio attuare e di rendere praticabili le proclamate finalità politiche di tale movimento di creazione di nuove realtà statuali – rappresentandone, in qualche modo, le istituzioni di polizia e militari – mediante la creazione di una struttura gerarchicamente organizzata ed opportunamente addestrata per un eventuale impiego collettivo in azioni di violenza e minaccia – peraltro presentate come azioni di legittima difesa di pretesi diritti violati – ed utilizzata, anche, per intimidire gli aderenti contrari alle direttive politiche dei vertici del movimento, e quindi impedirne la partecipazione al dibattito interno, e così imporre, attraverso la riduzione al silenzio dei dissenzienti, all’interno dello stesso movimento Lega Nord una precisa linea politica; con l’aggravante del possesso di armi, essendo state rinvenute numerose armi, peraltro legittimamente detenute, munizioni ed esplosivo nelle abitazioni di vari aderenti all’associazione – In Verona in un periodo ricompreso tra giugno e settembre 1996 e anche successivamente».

    Espone ancora il GUP del Tribunale di Verona:

    - che la Corte costituzionale, con ordinanza n. 102 del 2007, richiamata la propria sentenza di inammissibilità n. 267 del 2005, «ha dichiarato inammissibile il ricorso per conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato sollevato da questo Giudice nei confronti del Senato della Repubblica in relazione alle deliberazioni adottate dall’Assemblea nella seduta del 31.01.2001 (doc. IV-quater n. 60) con le quali è stato ritenuto che i fatti oggetto del procedimento penale in epigrafe a carico dei senatori Vito Gnutti e Francesco Speroni concernono opinioni espresse da membri del Parlamento nell’esercizio delle loro funzioni e, in quanto tali, sono insindacabili» e ciò in quanto il conflitto contro la stessa delibera del Senato è stato «riproposto nel corso della stessa fase del giudizio e dall’identico giudice, ossia dal GUP»;

    - che, pertanto, nei confronti dei senatori Gnutti e Speroni è stata pronunciata all’udienza preliminare del 31 marzo 2008 sentenza di non doversi procedere, ai sensi dell’art. 129 del codice di procedura penale e dell’art. 6, comma 8, della legge 20 giugno 2003, n. 140 (Disposizioni per l’attuazione dell’art. 68 della Costituzione nonché in materia di processi penali nei confronti delle alte cariche dello Stato), per difetto della condizione di procedibilità, per essere stati gli imputati «ritenuti immuni ai sensi dell'art. 68, comma primo, della Costituzione»;

    - che, successivamente, con ordinanza del 9 ottobre 2006, lo stesso GUP rimetteva gli atti, ai sensi degli artt. 3, commi 4 e 5, della legge n. 140 del 2003 e 68, primo comma, Cost., al Parlamento italiano in relazione alla posizione dei deputati innanzi indicati ed al Parlamento europeo in riferimento all’analoga posizione di Gian Paolo Gobbo, parlamentare europeo;

    - che, con decisione del 24 ottobre 2007, il Parlamento europeo riteneva di «non difendere l’immunità né i privilegi del parlamentare europeo On. Gian Paolo Gobbo, reputando che i fatti attribuitigli non siano coperti da immunità parlamentare»;

    - che, con nota del 4 maggio 2007, il Presidente della Camera dei deputati comunicava «che l’Assemblea, nella seduta del 2 maggio 2007, ha approvato la relazione doc. IV quater n. 9, deliberando che i fatti per i quali è in corso il presente processo penale a carico di Mario Borghezio, Umberto Bossi, Enrico Cavaliere, Giacomo Chiappori, Giancarlo Pagliarini, Luigino Vascon, Roberto Maroni e Roberto Calderoli, deputati all’epoca dei fatti, concernono opinioni espresse da membri del Parlamento nell’esercizio delle loro funzioni, ai sensi dell’art. 68, comma primo, della Costituzione».

    Ciò premesso, il ricorrente sostiene che, non essendo stata mai investita la Corte costituzionale «della risoluzione di un conflitto di attribuzione contro la delibera della Camera dei deputati con la quale, in data 2 maggio 2007, i fatti addebitati ai parlamentari Mario Borghezio, Umberto Bossi, Enrico Cavaliere...

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