Sentenza nº 214 da Constitutional Court (Italy), 18 Luglio 2014
Relatore | Giuseppe Frigo |
Data di Resoluzione | 18 Luglio 2014 |
Emittente | Constitutional Court (Italy) |
SENTENZA N. 214
ANNO 2014
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
- Sabino CASSESE Presidente
- Paolo Maria NAPOLITANO Giudice
- Giuseppe FRIGO
- Alessandro CRISCUOLO
- Paolo GROSSI
- Aldo CAROSI
- Marta CARTABIA
- Sergio MATTARELLA
- Mario Rosario MORELLI
- Giancarlo CORAGGIO
- Giuliano AMATO
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dellart. 135 del codice penale, come modificato dallart. 3, comma 62, della legge 15 luglio 2009, n. 94 (Disposizioni in materia di sicurezza pubblica), e dellart. 53, secondo comma, della legge 24 novembre 1981, n. 689 (Modifiche al sistema penale), promosso dal Tribunale ordinario di Imperia nel procedimento penale a carico di G.F. con ordinanza del 22 novembre 2013, iscritta al n. 15 del registro ordinanze 2014 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 9, prima serie speciale, dellanno 2014.
Visto latto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nella camera di consiglio del 21 maggio 2014 il Giudice relatore Giuseppe Frigo.
Ritenuto in fatto
-
Con ordinanza del 22 novembre 2013, il Tribunale ordinario di Imperia, in composizione monocratica, ha sollevato, in riferimento agli artt. 3 e 27 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale della disposizione combinata dellart. 135 del codice penale, come modificato dallart. 3, comma 62, della legge 15 luglio 2009, n. 94 (Disposizioni in materia di sicurezza pubblica), e dellart. 53, secondo comma, della legge 24 novembre 1981, n. 689 (Modifiche al sistema penale), nella parte in cui prevede che, ai fini della sostituzione delle pene detentive brevi con la pena pecuniaria, il valore giornaliero della pena detentiva non possa essere inferiore ad euro 250, anziché ad euro 97.
1.1. Il giudice a quo premette di essere investito del processo penale nei confronti di una persona imputata del reato di cui allart. 186, comma 2, lettera b), del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 (Nuovo codice della strada), per aver guidato un motoveicolo sotto linfluenza dellalcool.
Riferisce, altresì, che in una precedente udienza limputato aveva chiesto, ai sensi dellart. 444 del codice di procedura penale con il consenso del pubblico ministero lapplicazione della pena di un mese e dieci giorni di arresto ed euro 800 di ammenda, con sostituzione della pena detentiva in pena pecuniaria sulla base di un coefficiente di ragguaglio «pari ad euro 100 (quale frazione di euro 250 ai sensi dellart. 135 c.p.) per ogni giorno di pena detentiva»: e, così, lapplicazione di una pena finale di euro 4.800 di ammenda. La richiesta era stata peraltro rigettata dal Tribunale, in ragione della ritenuta inaccettabilità del coefficiente di ragguaglio proposto.
A fronte della conseguente incompatibilità del giudice che aveva respinto la richiesta, il procedimento era stato assegnato al rimettente, davanti al quale limputato aveva presentato una nuova istanza di patteggiamento, identica quanto allentità della pena da applicare in prima battuta, ma con richiesta della sua sostituzione in ragione di euro 250 di pena pecuniaria per ogni giorno di pena detentiva e, quindi, con applicazione di una pena finale di euro 10.800 di ammenda, da pagare ratealmente.
Tanto premesso, il giudice a quo dubita della legittimità costituzionale della disposizione combinata dellart. 135 cod. pen. e dellart. 53, secondo comma, della legge n. 689 del 1981: disposizione della quale sarebbe chiamato a fare applicazione a fronte della nuova istanza dellimputato.
Preliminarmente, il rimettente nega validità allinterpretazione prospettata in un primo tempo dallimputato, con lavallo del pubblico ministero, in base alla quale posto che lart. 135 cod. pen. prevede che il ragguaglio fra pene pecuniarie e pene detentive abbia luogo calcolando «euro 250, o frazione di euro 250», per ogni giorno di pena detentiva ciascun giorno di arresto potrebbe essere sostituito anche con 100 euro di ammenda, quale «frazione di euro 250». Il riferimento al computo frazionario non riguarderebbe, infatti, il caso in cui occorra convertire una pena detentiva in pena pecuniaria, ma unicamente il caso opposto, stante la possibilità che la pena pecuniaria da convertire in pena detentiva non sia pari allimporto previsto per il ragguaglio o ad un suo multiplo. Una diversa interpretazione comporterebbe, daltra parte, «un inaccettabile vulnus al principio di tassatività», in quanto il giudice potrebbe sostituire un giorno di pena detentiva con qualsiasi frazione di euro 250, e quindi anche con un solo euro di pena pecuniaria.
Nellipotesi della sostituzione della pena detentiva breve, linterpretazione in parola sarebbe comunque testualmente esclusa dallart. 53, secondo comma, della legge n. 689 del 1981, in forza del quale il giudice deve determinare il valore giornaliero della pena detentiva tenendo conto della condizione economica complessiva dellimputato e del suo nucleo familiare, con la precisazione che tale valore «non può essere inferiore alla somma indicata dallarticolo 135 del codice penale e non può superare di dieci volte tale ammontare». Risulterebbe, pertanto, evidente che la somma prevista dallart. 135 cod. pen. ossia, attualmente, 250 euro costituisce limporto giornaliero minimo sotto il quale non si può scendere in sede di sostituzione.
1.2.− Ciò posto, il rimettente rileva come il coefficiente di ragguaglio fra pene pecuniarie e pene detentive previsto dallart. 135 cod. pen. sia stato oggetto di reiterate modifiche, variamente cadenzate nel tempo, volte ad adeguarne progressivamente lammontare alla mutata «realtà economico-sociale». Da ultimo, a distanza di sedici anni dalla precedente modifica, operata dalla legge 5 ottobre 1993, n. 402 (Modifica dellarticolo 135 del codice penale: ragguaglio fra pene pecuniarie e pene detentive), che aveva portato il coefficiente in questione a lire 75.000 (convertite poi, per arrotondamento, in euro 38), lart. 3, comma 62, della legge n. 94 del 2009 lo ha aumentato ad euro 250: dunque, in misura pari a circa sei volte e mezzo in termini nominali e ciò che più conta, nella prospettiva del rimettente a quasi cinque volte in termini reali (al netto, cioè, dellaumento corrispondente alla svalutazione monetaria).
Ad avviso del giudice a quo, un simile incremento risulterebbe «del tutto sproporzionato e irragionevole».
La censurata modifica dellart. 135 cod. pen. si colloca, infatti, nellambito di un complesso di misure previste dai commi da 60 a 65 dellart. 3 della legge n. 94 del 2009 intese ad adeguare al mutato quadro economico il sistema delle sanzioni pecuniarie, sia penali che amministrative, e ad accrescerne, al tempo stesso, lefficacia deterrente. Tale obiettivo è stato perseguito mediante tre ordini di interventi: il sensibile innalzamento dei limiti minimi e massimi della multa e dellammenda, stabiliti dagli artt. 24 e 26 cod. pen. (art. 3, commi 60 e 61, della legge n. 94 del 2009); laggiornamento appunto del parametro di ragguaglio tra pene...
Per continuare a leggere
RICHIEDI UNA PROVA