Sentenza nº 4010 da Council of State (Italy), 30 Luglio 2013

Data di Resoluzione30 Luglio 2013
EmittenteCouncil of State (Italy)

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

ha pronunciato la presente

DECISIONE

Giuseppe Severini, Presidente

Maurizio Meschino, Consigliere

Roberto Giovagnoli, Consigliere

Giulio Castriota Scanderbeg, Consigliere

Silvia La Guardia, Consigliere, Estensore

per la riforma

della sentenza del T.A.R. CAMPANIA - NAPOLI: SEZIONE IV n. 1527/2012, resa tra le parti, concernente rimozione impianti pubblicitari all'interno del centro storico - risarcimento danni.

sul ricorso numero di registro generale 4113 del 2012, proposto da:

Clear Channel Jolly Pubblicità s.p.a., in persona del legale rappresentante, rappresentata e difesa dagli avvocati Luigi Manzi, Fulvio Lorigiola, Luciana Palaro, con domicilio eletto presso lo studio dell'avvocato Luigi Manzi in Roma, via Confalonieri, 5;

Comune di Napoli, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Bruno Grimaldi, Giuseppe Dardo, Antonio Andreottola, Giacomo Pizza, Giuseppe Tarallo, Anna Pulcini, con domicilio eletto presso lo studio dell'avvocato Gian Marco Grez in Roma, corso Vittorio Emanuele II, 18;

Ministero per i beni e le attività culturali, in persona del Ministro pro tempore, Soprintendenza per i beni architettonici, il paesaggio, il patrimonio storico artistico ed etnoantropologico di Napoli e Provincia, in persona del Soprintendente pro tempore, rappresentati e difesi per legge dall'Avvocatura generale dello Stato, domiciliataria in Roma, via dei Portoghesi, 12;

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di Napoli, del Ministero per i beni e le attività culturali e della Soprintendenza di Napoli e Provincia;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 4 dicembre 2012 il Cons. Silvia La Guardia e uditi per le parti gli avvocati Andrea Reggio D'Aci, per delega dell'avvocato Manzi, Pizza per delega dell'avvocato Pulcini, e dello Stato Santoro;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO

Risulta dagli atti processuali che Nnel 2002 la qui appellante società Clear Channel Jolly Pubblicità s.p.a. (di seguito solo la società o Clear Channel) si è risultò aggiudicataria della gara indetta dal Comune di Napoli per la concessione di autorizzazioni alla installazione di superfici pubblicitarie ed ha stipulato il contratto n. 71793 del 1° agosto 2002 che, per quanto qui interessa, le attribuiva la facoltà di installare in zona rossa (centro storico) oggetti di arredo urbano pubblicitario per nove anni e il diritto allo sfruttamento a fini pubblicitari di una predeterminata superficie espositiva.

Con disposizione dirigenziale n. 43 del 23 febbraio gennaio 2004 sono stati approvati i progetti distributivi degli impianti, e con vari provvedimenti sono state rilasciate le autorizzazioni all'installazione dei singoli impianti in ciascun atto specificamente indicati.

Nel 2005 la Soprintendenza per i beni architettonici e paesaggistici di per Napoli e provincia le ha contestato l'a installazione di tabelloni pubblicitari in aree prossime a edifici monumentali avvenuta senza autorizzazione dell'autorità preposta, disponendone la rimozione, e con note rivolte anche al Comune lo ?ha sollecitato ad intervenire per quanto di competenza.

Faceva seguito nota dirigenziale del 26 ottobre 2005, n. 4165 con la quale è stato comunicato alla società l'avvio del procedimento volto all'eventuale rimozione dei manufatti nonché all'adozione di intese per lo spostamento dei medesimi, comunicazione riscontrata dalla società con osservazioni di data 14 novembre 2005, nella quale, tra l'altro, si segnalava l'avvenuta impugnazione dei provvedimenti della Soprintendenza.

Più recentemente, con nota del 4 febbraio 2010, n. 476, il Comune, premesso che la Soprintendenza, sulla scorta della documentazione trasmessa dal Comune, aveva dato corso alle verifiche sugli oggetti di arredo urbano già installati, al fine di valutarne la compatibilità ambientale, e che aveva redatto un elenco di quelli che compromettevano la percezione dei valori paesaggistici o monumentali oggetto di salvaguardia, ha comunicato alla società l'avvio del procedimento di annullamento delle autorizzazioni rilasciate in assenza delle prescritte autorizzazioni della Soprintendenza e per le quali non era stato possibile conseguirle.

Da ultimo è intervenuto il provvedimento n. 4128 del 21 settembre 2010 di annullamento parziale, limitatamente agli impianti di arredo urbano pubblicitario, di tipologia quadri topografici, quadri informativi e totem, specificamente elencati (circa 55), delle disposizioni dirigenziali nn. 118 del 2003, 17, 19 e 20 del 2005, 8 e 14 del 2006.

Il provvedimento è stato impugnato dalla Clear Channel, lamentando l'illegittima riduzione della superficie pubblicitaria utilizzabile, e con sentenza 3 aprile 2012, n. 1527 il Tribunale amministrativo regionale della Campania ha respinto il ricorso, ritenendo infondate le censure proposte e, conseguentemente, la domanda di risarcimento del danno.

Il giudice di prime cure ha, in estrema sintesi, ritenuto che l'esercizio del potere di autotutela era avvenuto nell'ambito dei parametri fissati dall'art. 21 nonies l. 7 agosto 1990, n,. 241, stante la necessità del doppio titolo abilitativo e la pretermissione della Soprintendenza, che doveva necessariamente intervenire nel procedimento, nonchéè la prevalenza dell'interesse pubblico in materia di tutela dei valori paesaggistici e storico culturali, interesse che, peraltro, non trovava di fronte a sé una posizione di affidamento meritevole di tutela della società ricorrente.

La società ha proposto appello contestando l'omessa considerazione dei profili di illegittimità dedotti in via principale, ciascuno dei quali idoneo ad autonomamente determinare l'annullamento del provvedimento impugnato (censure indicate sotto la lettera A), e l'erronea valutazione delle critiche svolte in via graduata (critiche esposte sub B), lamentando che il primo giudice abbia considerato, in buona sostanza, solo le rappresentate violazioni dell'art. 21- nonies l. n. 241 del 1990, con argomenti del tutto apodittici e non condivisibili.

Dopo un'ampia premessa nella quale viene diffusamente illustrata la vicenda, l'appellante deduce:

A1) assoluta assenza di valutazione e motivazione, nonché grave incongruità rispetto al motivo, qui riproposto, di eccesso di potere per assoluta inesistenza del presupposto relativo a profili di irregolarità dei manufatti installati, assunto quale essenziale motivazione del provvedimento impugnato, e violazione dell'art. 3 l. 7 agosto 1990, n. 241; sostiene che la localizzazione degli impianti era stata comunque approvata dapprima in via generale con la disposizione dirigenziale n. 43 del 2004, indi con i successivi atti di autorizzazione, riferiti anche all'esatta ubicazione di ogni singolo elemento;

A2) assoluta assenza di valutazione e motivazione, nonché grave incongruità, relativamente al riproposto motivo di ?Violazione e falsa applicazione del combinato disposto dell'art. 21, comma 5, e dell'art. 10, commi 1, 3 lett. a) e 4 lett. g) ovvero del combinato disposto di quest'ultima disposizione con l'art. 12 del D. Lgs. 22 gennaio 2004, n. 42 ? Violazione dell'art. 157 del D. Lgs. 29 ottobre 1999, n. 490 e, in subordine, dell'art. 165 del medesimo Decreto Legislativo ovvero violazione dell'art. 160, nonché degli artt. 49, 162 e 168 del Codice dei Beni Culturali ? Violazione dell'art. 23, comma 7, del D.Lgs. 30 aprile 1992, n. 285, nonché dell'art. 13 del D.Lgs. 8 agosto 2000, n. 267?; mancherebbe ogni fondamento normativo del provvedimento impugnato, considerato che non sussiste alcuna violazione della disciplina di tutela dei vincoli architettonico-culturali o paesaggistici, in primo luogo perché si tratta di meri elementi di arredo urbano per i quali altro non occorre che l'autorizzazione dell'ente proprietario della strada, non essendo equiparabili a opere o interventi edilizi e non comportando una irreversibile trasformazione dei luoghi, essendone prevista la rimozione alla scadenza novennale, ed ulteriormente perché gli arredi non producono alcun danno a beni tutelati, dovendosi anche considerare che il piano di arredo urbano risponde a finalità pubbliche di miglioramento estetico e funzionale; inoltre: a) nella specie tutti gli impianti e le relative localizzazioni erano stati autorizzati con il provvedimento del 23 gennaio 2004, n. 43 (avendo le successive autorizzazioni, ai sensi del contratto, il mero scopo di verificare la corresponsione delle somme previste dal Piano generale degli impianti) e non potrebbe essere applicata retroattivamente la disposizione dell'art. 10 del nuovo Codice dei beni culturali entrato in vigore il 1° maggio 2004 secondo cui ?i beni mobili e immobili appartenenti allo Stato, alle Regioni, agli altri Enti Pubblici Territoriali o a persone giuridiche private senza fine di lucro, sono sottoposte alle disposizioni di tutela fino a quando non sarà effettuata la verifica di interesse culturale ai sensi dell'art. 12?; b) con riferimento alle pubbliche piazze,vie altri luoghi pubblici, il regime vincolistico potrebbe considerarsi applicabile solo a far data dalla presentazione, per ciascun luogo, della richiesta di attivazione della procedura di cui agli artt. 12 e 13 d.lgs. n. 42 del 2004 ed in presenza di una minimale documentazione che ne attesti, almeno in ipotesi, un qualche rilievo ai fini della tutela, non potendo accettarsi una interpretazione dell'art. 10, comma 4, lett. g), e 12 d.lgs. citato che conduca ad un regime vincolistico generalizzato e indiscriminato; c) con riferimento ai vincoli paesaggistici, l'appellante, rilevato che spetta all'autorità locale ex at. 157 d.lgs. 29 ottobre 1999, n. 490, vigente ratione temporis, la competenza, subdelegata al Comune, a svolgere la valutazione di compatibilità, sostiene che l'autorizzazione degli impianti di arredo urbano dimostri come i...

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