La proprietà

AutoreAntonio Vito Pasquale Boccia
Pagine31-81
LA PROPRIETÀ
LA PROPRIETÀ
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2. La proprietà.
2.1. Il contenuto del diritto.
Il terzo libro del codice è titolato “la proprietà”, con ciò signif‌icando
che detto diritto, ossia il diritto di disporre pienamente di una cosa propria,
assume un rilievo fondamentale nel nostro ordinamento civilistico. Peraltro
anche il successivo dettato costituzionale, all’art. 42, riconosce e garantisce
la proprietà privata; ma, più specif‌icamente, l’articolo 832 del codice civile
afferma che il proprietario ha il diritto di godere e di disporre delle cose in
modo pieno, fatti salvi i soli limiti imposti dall’ordinamento.
E’ chiaro quindi che il nostro ordinamento salvaguarda l’interesse del
singolo in materia: ma, nel contempo, impone al titolare del diritto di
proprietà anche dei limiti e degli obblighi, come meglio sarà chiarito qui
di seguito. Si può quindi affermare che, da un lato, la proprietà è garantita
dalla Legge e che, dall’altro, la nostra Costituzione permette al legislatore
ordinario di def‌inirne i modi di acquisto e di godimento.
Con tali premesse è agevole affermare che la proprietà, a rigore di
codice civile, è riconosciuta come il diritto reale per eccellenza in quanto è
un diritto assoluto: tuttavia occorre aggiungere che la Carta Costituzionale,
redatta successivamente al codice, è rappresentativa di una idea di
compromesso che assegna alla proprietà una funzione sociale e non più
sacrale, come invece era stato in passato.
Pur con la espressa riserva di legge di cui sopra, si deve riconoscere
quanto segue: dal contenuto letterale dell’art. 832 e dell’art 42 del Dettato
Costituzionale si deduce che le norme che pongono limiti al diritto di
proprietà non consentono applicazioni analogica, in quanto esse possono
essere dettate solo ed esclusivamente da ragioni di interesse generale e quindi
da sole ragioni di carattere pubblicistico. La proprietà non può quindi essere
sottoposta per ragioni privatistiche ad oneri tali che ne rendano fortemente
limitato il suo contenuto essenziale: ciò signif‌ica che le limitazioni temporali
di carattere privatistico sono incompatibili sia con il principio dell’ assolutezza
(che permane tutt’oggi), sia con quello della perpetuità del diritto in esame.
Invero i diritti reali di godimento costituiscono nel nostro ordinamento
positivo un numerus clausus, con la conseguenza che non è confìgurabile
un rapporto di dominio utile, corrispondente ad uno ius in re aliena, cioè al
diritto di godere indeterminatamente di un fondo altrui, non essendo peraltro
consentiti, al di fuori dei casi tipici previsti dalla legge, ulteriori rapporti di
natura perpetua, in quanto contrari ad interessi di natura pubblicistica (Cas-
sazione, sezione II, 26 febbraio 2008, n. 5034).
Ben si vede come la proprietà pertanto non possa che appartenere
alla categoria dei diritti “autodeterminati”, ossia a quei diritti che vengono
individuati in base alla mera indicazione del loro contenuto, che è

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