Legittimità

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Rivista penale 2/2012
Legittimità
CORTE DI CASSAZIONE PENALE
SEZ. VI, 14 DICEMBRE 2011, N. 46537
(UD. 8 NOVEMBRE 2011)
PRES. MILO – EST. CITTERIO – P.M. (CONF.) – RIC. X.
Difesa e difensori y Patrocinio dei non abbienti
y Parte civile ammessa al patrocinio a spese pub-
bliche y Condanna dell’imputato alla rifusione delle
spese da questa sostenute y Modalità y Individua-
zione.
. Nel caso in cui il giudice condanni con sentenza, ex
art. 110, comma terzo, del d.p.r. n. 115 del 2002, l’im-
putato alla rifusione integrale, in favore dello Stato,
delle spese legali sostenute dalla parte civile ammes-
sa al patrocinio dei non abbienti, la somma oggetto di
detta condanna deve coincidere con quella che lo Stato
liquida al difensore di parte civile ex art. 82, comma
primo, d.p.r. cit., dovendo tale specif‌ica liquidazione
essere contenuta nel dispositivo della stessa sentenza.
d.p.r. 30 maggio 2002, n. 115, art. 83; d.p.r. 30 maggio
2002, n. 115, art. 110; c.p.p., art. 541) (1)
(1) Per Trib. pen. Camerino, 27 febbraio 2007, in Arch. nuova proc.
pen. 2007, 788, nel caso previsto dal comma 3 dell’art. 110, T.U. delle
spese di giustizia (secondo il quale con la sentenza che accoglie la
domanda di restituzione o di risarcimento del danno il magistrato, se
condanna l’imputato non ammesso al benef‌icio al pagamento delle
spese in favore della parte civile ammessa al benef‌icio, ne dispone
il pagamento in favore dello Stato), ciascuna delle due liquidazioni
(quella contenuta nel dispositivo della sentenza penale di condanna
e quella di cui all’art. 83 del T.U. cit.) segue le regole che le sono
proprie. Detta soluzione comporta che il giudice procede nella sen-
tenza ad una liquidazione conforme alla tariffa forense e ai relativi
limiti, disponendo il relativo pagamento a favore dello Stato, mentre
successivamente il giudice, su richiesta del difensore e procedendo
ex art. 83 del T.U., disporrà una liquidazione conforme alle regole or-
dinarie di quella diversa sede, e quindi rispettando i limiti dei valori
medi tariffari, come dettato dall’art. 82, comma 1, del T.U. medesimo.
Riportiamo anche gli estremi di pubblicazione della pronuncia della
quarta Sezione della Cassazione penale, citata in motivazione, del 17
novembre 2008, Amato, sempre in Arch. nuova proc. pen. 2009, 747.
Secondo tale precedente, il giudice, quando condanna l’imputato
alla refusione delle spese processuali sostenute dalla parte civile,
liquida gli onorari spettanti al difensore di quest’ultima senza essere
vincolato ai criteri previsti per la liquidazione dei medesimi onorari
dalla disciplina del patrocinio a spese dello Stato.
MOTIVI DELLA DECISIONE
l. Con sentenza 16-25 ottobre 2008 il Gip di Belluno ha
def‌inito ai sensi dell’art. 444 c.p.p. il processo a carico di X.
imputato dei reati ex artt. 81, 610, 572 e 582 c.p. in danno
della ex convivente e dei due f‌igli minori, applicando la
pena concordata tra le parti e condannando il X. alla rifu-
sione delle spese di difesa sostenute dalla parte civile (l’ex
convivente in proprio e quale legale rappresentante dei
minori), che ha liquidato in euro 930 per onorario, 47 per
spese vive, oltre spese generali forfettarie, iva e cpa.
2. Ricorre per cassazione il X. con unico motivo denun-
ciando violazione dell’ art. 444, comma 2, c.p.p. in riferi-
mento agli artt. 75 ss. del d.p.r. n. 115/2002.
Ricordato che la parte civile era stata ammessa al pa-
trocinio a spese dello Stato, deduce che la liquidazione
come in concreto disposta dal Gip potrebbe prof‌ilare un
indebito arricchimento della medesima parte civile, e un
corrispondente danno dell’imputato, in ragione della pos-
sibilità che questa ottenga una duplicazione della liqui-
dazione dei compensi al proprio difensore. Richiama la
giurisprudenza di merito a sostegno della tesi che il Gip
avrebbe dovuto limitarsi ad affermare il diritto della parte
civile all’an debeatur, in ordine alla rifusione delle spese
legali, con rinvio per la quantif‌icazione alla procedura pre-
vista nell’ambito della disciplina speciale del patrocinio
a spese pubbliche. Chiede l’annullamento della relativa
statuizione, senza o con rinvio.
2.1 Il procuratore generale in sede, richiamato l’inse-
gnamento di Cass. pen., sez. IV, sent. n. 26663/2008 e de-
dotto dell’autonomia delle due liquidazioni, quella ex art.
541 c.p.p. e quella ex art. 82 d.p.r. n. 115/2002, ha chiesto
il rigetto del ricorso.
3. Il ricorso è fondato, nei termini che seguono.
3.1. Va premesso che sussiste l’interesse del ricorrente
all’impugnazione, non già in relazione al paventato even-
tuale arricchimento indebito della parte civile, ma perché,
in quanto debitore di somma da corrispondere con rife-
rimento alle spese di difesa sostenute nel processo dalla
parte civile, egli ha diritto a conoscere l’esatta indicazione
del suo unico creditore (nel caso di specie lo Stato e non
direttamente la parte privata, trattandosi effettivamente
di parte civile che risulta dai verbali di udienza essere
stata ammessa al patrocinio a spese dello Stato).
3.2. La fattispecie all’esame della Corte di legittimità è
quella del processo penale nel quale la parte civile sia sta-
ta ammessa al patrocinio a spese dello Stato e l’imputato
sia stato condannato anche alla rifusione delle spese di
difesa sostenute dalla medesima parte civile.
Tale fattispecie apparentemente vede il contrasto tra
due discipline.
Infatti, il primo comma dell’art. 541 c.p.p. prevede che
“con la sentenza che accoglie la domanda di restituzione o
di risarcimento del danno, il giudice condanna l’imputato
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al pagamento delle spese processuali in favore della parte
civile, salvo che ritenga di disporne, per giusti motivi, la
compensazione totale o parziale”. La quantif‌icazione di tali
spese avviene secondo le norme ed i criteri generali della
tariffa professionale penale ed è appunto uno dei capi
della sentenza, suscettibile di autonoma impugnazione.
La disciplina del patrocinio a spese dello Stato prevede
invece che il compenso al difensore della parte ammessa
sia liquidato dal giudice che ha proceduto con apposito de-
creto di pagamento (art. 82, comma 1, t.u.s.g. e per quanto
pertinente al nostro caso), al termine di ciascuna fase o
grado del processo (art. 83, comma 2). La quantif‌icazione
del compenso avviene sempre con l’osservanza delle tariffe
professionali, ma incontra il limite indefettibile del valore
medio delle singole voci (art. 82, comma 1).
Quando appunto ammessa al patrocinio a spese pub-
bliche è la parte civile, l’art. 110, comma 3, t.u.s.g., con
disposizione specif‌ica, prescrive che “con la sentenza che
accoglie la domanda di restituzione o di risarcimento del
danno il magistrato, se condanna l’imputato non ammesso
al benef‌icio al pagamento delle spese in favore della parte
civile ammessa al benef‌icio, ne dispone il pagamento in
favore dello Stato”.
È evidente pertanto che in questo tipo di fattispecie vi
è la sovrapposizione di tre “relazioni”: quella tra l’imputato
e la parte civile, quella tra l’imputato e lo Stato, quella tra
lo Stato e la parte civile.
3.3. Nei casi come quello che ci occupa, si pone pertan-
to innanzitutto il quesito se la somma che il giudice con la
sentenza deve porre a carico dell’imputato per la rifusione
delle spese di difesa sostenute dalla parte civile vincitrice,
ma che vedono come destinatario lo Stato e non la parte
privata, debba o meno coincidere con quella, a carico del-
lo Stato, che lo stesso giudice deve liquidare al difensore
della parte civile, con il decreto ex art. 82 t.u.s.g..
In altri termini, il quesito è se vi sia (vi debba essere)
coincidenza tra la quantif‌icazione delle spese legali che
l’imputato è condannato a corrispondere in favore dello
Stato/Erario e la quantif‌icazione della somma dal mede-
simo Stato/Erario liquidata al difensore della parte civile
con una sostanziale sovrapposizione tra le distinte rela-
zioni imputato parte civile, Stato-parte civile ammessa al
patrocinio pubblico, imputato-Stato.
Come corollario, si pone l’ulteriore quesito se il regime
delle eventuali impugnazioni sul punto della quantif‌ica-
zione della somma che l’imputato è condannato a pagare
in favore dello Stato (e che lo Stato liquida al difensore
della parte civile) sia poi quello ordinario previsto dagli
articoli 574 c.p.p. ss. o quello speciale disciplinato dagli
artt. 84 e 170 t.u.s.g..
3.4. La questione proposta ha due autonomi ambiti di
rilevanza, uno sostanziale e l’altro procedimentale.
3.4.1. Nel merito, a sostegno della soluzione positiva
(tesi della necessaria coincidenza tra la somma che l’im-
putato deve corrispondere allo Stato e quella che lo Stato
deve poi corrispondere al difensore di parte civile) può
richiamarsi l’operare sinergico sia del generale principio
di divieto dell’ingiustif‌icato arricchimento (lo Stato non
potrebbe ricevere, per la prestazione del difensore di
parte civile, più di quanto poi è tenuto a corrispondere al
medesimo professionista proprio per quella specif‌ica pre-
stazione), sia di quello altrettanto generale dell’evitare
ingiustif‌icati danni erariali (che si verif‌icherebbero ove lo
Stato - si noti: per la medesima causale - ricevesse dall’im-
putato, in ragione della sua soccombenza civile, somma
inferiore a quella che poi corrisponde al difensore della
parte civile).
A sostegno della risposta negativa potrebbe osservarsi
che altrimenti l’imputato benef‌icerebbe paradossalmente
proprio della non abbienza della persona che ha danneg-
giato, trovandosi a rimborsare spese legali che, in ragione
del limite quantitativo imposto dall’art. 82 t.u.s.g., sareb-
bero senz’altro inferiori a quelle da lui dovute se il dan-
neggiato fosse abbiente e, quindi, fossero state liquidate
senza il limite del valore medio delle voci tariffarie. Deve
tuttavia osservarsi che quest’ ultimo rilievo, se coglie un
aspetto certo singolare della questione (= di fatto l’impu-
tato trae personale vantaggio economico dalla non abbien-
za di colui che ha danneggiato), tuttavia presuppone che
si attribuisca alla rifusione delle spese di lite tra le parti
un contenuto in qualche modo anche “sanzionatorio”. Ciò,
dal punto di vista sistematico, è certo improprio, in quan-
to presupposto e f‌inalità della rifusione delle spese di lite
sono il rendere appunto indenne la controparte delle spe-
se effettivamente sostenute in ragione del processo, ma
solo di quelle (esulando del tutto alcuna f‌inalità “punitiva”
del tipo di quella ora prevista dall’ultimo comma dell’art.
96 c.p.c.).
Quindi, se le spese di difesa sostenute vanno parame-
trate ai sensi del richiamato art. 82 - come il difensore di
parte civile ha accettato che fosse, assumendo la difesa
nel sistema retributivo del patrocinio a spese dello Stato
- l’integrale, e def‌initiva, rifusione coincide con la somma
liquidata secondo i parametri indicati dall’art. 82.
Va pure ricordato, infatti, che mentre nel caso di
liquidazione a spese pubbliche della difesa d’uff‌icio,
quando venisse poi comprovata la possibilità di un’utile
escussione del patrimonio dell’imputato il difensore può
chiedere all’assistito la corresponsione di somme ulteriori,
relative alla differenza in aumento tra quelle “calmierate”
e quelle possibili secondo le norme tariffarie, invece nel
sistema del patrocinio a spese dello Stato nulla può più
essere chiesto dal difensore alla parte assistita (ex art. 85
stesso Testo Unico), perché l’eventuale venir meno dello
stato di non abbienza rileva solo nel rapporto tra la parte
ammessa al patrocinio a spese pubbliche e l’Erario (art.
111 t.u.s.g.).
3.4.1.1. È poi vero che il rapporto imputato-parte civile,
quanto alla rifusione delle spese, ha comunque una sua
potenziale autonomia (ai sensi dell’art. 541 c.p.p.) rispet-
to all’altro (Stato/difensore della parte civile ammessa),
giacchè il giudice, ricorrendone le circostanze di merito e
legittimità, potrebbe compensare tali spese (soluzione ben
possibile anche quando la parte civile sia stata ammessa al
patrocinio a spese dello Stato).
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In tale evenienza, quindi, ed ovviamente a maggior ra-
gione anche nel caso dell’assoluzione dell’imputato, nulla
sarebbe dovuto dall’imputato allo Stato, mentre il difensore
della parte civile ammessa al patrocinio a spese pubbliche
manterrebbe sempre il diritto, nei confronti dell’Erario,
alla liquidazione dei propri compensi, secondo i consueti
criteri ex art. 82 cit.. Tale assetto consegue al fatto che la
difesa tecnica della parte danneggiata nel processo penale
ha presupposti, contenuti e disciplina distinti, rispetto a
quella del soggetto non abbiente che agisca nel processo
civile: basti pensare all’irrilevanza del presupposto della
non manifesta infondatezza delle ragioni (art. 74, comma
2, t.u., rispetto al primo comma) ed alla possibilità di
impugnare nonostante la soccombenza (art. 120 t.u.). In
def‌initiva, il difensore della parte civile ammessa al pa-
trocinio a spese dello Stato ha diritto alla liquidazione del
compenso anche nel caso di mancato accoglimento delle
domande civilistiche, con il solo limite, comune a tutti i
casi di ammissione al patrocinio a spese pubbliche nel
processo penale, dell’impugnazione dichiarata inammis-
sibile, ex art. 106, comma 1, t.u. (per tutte, Cass. pen., sez.
IV, sent. n. 42508/2009).
Ma è appunto esclusivamente in tali due casi - assolu-
zione e compensazione - che le discipline degli artt. 541
c.p.p., 82 e 110 t.u.s.g. mantengono la propria autonomia.
Quando invece la sentenza penale contiene il ricono-
scimento della responsabilità dell’imputato anche ai f‌ini
civili e la sua condanna alla rifusione delle spese legali,
tale autonomia vien meno, trovando applicazione esclusi-
vamente la disciplina di cui all’art. 110 d.p.r. n. 115/2002,
normativa successiva, speciale e specif‌ica rispetto a quella
dell’art. 541 c.p.p..
In altri termini, in realtà non vi è una sovrapposizione
di norme non coordinate (situazione che pur imporrebbe
la ricerca di soluzione interpretativa sistematica), bensì
l’operare in concreto del generale principio di specialità tra
diverse discipline che riguardino la medesima fattispecie.
In tal senso non può essere condivisa la giurisprudenza
della Quarta sezione di questa Corte sul punto, secondo la
quale i provvedimenti ex art. 541 ed ex art. 82 sarebbero
sempre “distinti ed entrambi necessari”, “rispondendo a f‌i-
nalità e ratio legis assolutamente differenti tra loro”, sicché
la “diff‌icoltà, anche dal punto di vista pratico, di coordina-
re le due liquidazioni” e gli “inconvenienti” conseguenti
dovrebbero essere evitati solo “riconoscendo l’autonomia
delle due liquidazioni” (per tutte, sentenze nn. 42844/08 e
26663/08). Appare invero francamente assorbente l’osser-
vazione che non si comprende quale spazio avrebbe, nella
fattispecie esaminata ed alla luce delle considerazioni
sistematiche prima svolte, la statuizione relativa all’art.
541 c.p.p. (intesa come condanna diretta dell’imputato in
favore della parte civile), risultando così in realtà solo inu-
tiliter data. Perché, giova ripeterlo, quando la parte civile
è ammessa al patrocinio a spese dello Stato, in ordine alla
disciplina della rifusione delle spese legali non residua al-
cun rapporto diretto tra l’imputato soccombente e la parte
civile, perché l’unico rapporto di quest’ultima - e del suo
difensore - è solo con lo Stato.
Sicché porre a carico dell’imputato la liquidazione del-
le spese in favore della parte civile ammessa al patrocinio
a spese dello Stato costituisce solo un errore di diritto e
realizza un vizio di violazione di legge.
3.4.1.2. Deve pertanto privilegiarsi la soluzione della
coincidenza tra le somme, per cui la prima conclusione
è l’affermazione del principio di diritto che, quando il
giudice del processo penale condanna l’imputato alla ri-
fusione integrale delle spese legali sostenute dalla parte
civile, ammessa al benef‌icio del patrocinio a spese pub-
bliche, la somma che l’imputato deve rifondere in favore
dello Stato deve coincidere con quella che lo stato liquida
al difensore; essa va pertanto subito determinata secondo
i parametri di cui all’art. 82 d.p.r. n. 115/2002.
3.4.2. Del resto, passando agli aspetti in rito, la ne-
cessaria coincidenza tra le somme relative al rapporto
imputato-Stato ed a quello Stato-parte civile si ottiene
agevolmente liquidando direttamente con la sentenza al
difensore le spese di difesa sostenute dalla parte civile
ammessa al patrocinio.
Il giudice del processo penale - che ben sa che la parte
civile è ammessa al patrocinio a spese pubbliche - quando
condanna l’imputato anche al pagamento delle spese di
difesa sostenute da tale parte, nel medesimo dispositivo
deve provvedere all’indicazione dello Stato come creditore
del pagamento a carico dell’imputato, quantif‌icandolo ai
sensi dell’art. 82 d.p.r. n. 115/2002 e contestualmente prov-
vedendo alla liquidazione della stessa somma in favore del
difensore della parte civile, sempre ai sensi di tale norma.
Si tratta, in realtà, non tanto o non solo soluzione siste-
matica quanto, giova precisarlo, la conseguenza immediata
dell’applicazione concreta della specialità della disciplina
dell’art. 110 t.u.s.g. rispetto all’art. 541 c.p.p., ovviamente
sul punto della sola quantif‌icazione rimanendo l’an debea-
tur disciplinato integralmente e solo dall’art. 541 c.p.p..
Il difensore della parte civile ammessa al patrocinio a
spese pubbliche, pertanto, deve presentare al momento
delle proprie conclusioni, all’esito della discussione, la
propria nota spese già conforme alle regole dell’art. 82.
Del resto, per quanto ormai più volte evidenziato,
una sua nota spese che prescindesse del tutto da quelle
regole e da quei criteri non avrebbe alcuna eff‌icacia né
troverebbe senso sistematico alcuno, posto che il suo rap-
porto è, quanto ai propri onorari ed alle proprie spese e dal
momento in cui assume la difesa di persona danneggiata
ammessa al patrocinio a spese pubbliche, solamente con
lo Stato.
E, in ogni caso, la liquidazione del giudice procedente
non potrebbe che vincolarsi a quei parametri, quali che
fossero le entità delle singole voci sollecitate dalla nota, in
esubero o non conformità ai criteri di cui all’art. 82.
Conseguenza sistematica ulteriore è che le impugna-
zioni relative all’an debeatur sono disciplinate dal codice
di rito, come tutte quelle relative ai singoli punti della
decisione, mentre quelle relative al quantum debeatur
sono disciplinate dagli artt. 84 e 170 d.p.r. n. 115/2002 (che
prevedono la partecipazione di tutte le parti processuali
interessate), posto che il difensore ha diritto alla liqui-

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