Sentenza nº 88 da Constitutional Court (Italy), 12 Aprile 2012

RelatoreGiorgio Lattanzi
Data di Resoluzione12 Aprile 2012
EmittenteConstitutional Court (Italy)

SENTENZA N. 88

ANNO 2012

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

- Alfonso QUARANTA Presidente

- Franco GALLO Giudice

- Luigi MAZZELLA ”

- Gaetano SILVESTRI ”

- Sabino CASSESE ”

- Giuseppe TESAURO ”

- Paolo Maria NAPOLITANO ”

- Giuseppe FRIGO ”

- Alessandro CRISCUOLO ”

- Paolo GROSSI ”

- Giorgio LATTANZI ”

- Aldo CAROSI ”

- Marta CARTABIA ”

- Sergio MATTARELLA ”

- Mario Rosario MORELLI ”

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio per conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato sorto in seguito all’apertura delle indagini da parte del Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Santa Maria Capua Vetere, alle successive richieste di rinvio a giudizio, dell’11 maggio 2009 (R.G.N.R. n. 8213/2009) e del 2 febbraio 2010 (R.G.N.R. n. 5736/2010), da parte del Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Napoli e all’ordinanza del Giudice dell’udienza preliminare del Tribunale di Napoli del 20 ottobre 2010, promosso dal Senato della Repubblica con ricorso notificato il 19 aprile 2011, depositato in cancelleria il 16 maggio 2011, ed iscritto al n. 12 del registro conflitti tra poteri dello Stato 2010, fase di merito.

Visto l’atto di intervento della Camera dei deputati;

udito nell’udienza pubblica del 14 febbraio 2012 il Giudice relatore Giorgio Lattanzi;

uditi gli avvocati Piero Alberto Capotosti per il Senato della Repubblica e Massimo Luciani per la Camera dei deputati.

Ritenuto in fatto

  1. − Con ricorso depositato il 21 dicembre 2010, il Senato della Repubblica ha sollevato conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato, nei confronti del Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Santa Maria Capua Vetere, del Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Napoli, e del Giudice dell’udienza preliminare di quest’ultimo Tribunale, chiedendo alla Corte di dichiarare che non spettava a tali organi aprire e proseguire un procedimento penale a carico del Ministro della giustizia in carica all’epoca dei fatti Clemente Mastella, senza trasmettere, invece, gli atti ai sensi dell’art. 6 della legge costituzionale 16 gennaio 1989, n. 1 (Modifiche degli articoli 96, 134 e 135 della Costituzione e della legge costituzionale 11 marzo 1953, n. 1, e norme in materia di procedimenti per i reati di cui all’articolo 96 della Costituzione), perché di tale procedimento fosse investito il Collegio per i reati ministeriali (di seguito anche tribunale dei ministri), e, comunque, senza informare la Camera competente ai sensi dell’art. 96 della Costituzione.

    Il Senato contesta alla Procura di Santa Maria Capua Vetere di avere iniziato l’indagine penale; alla Procura di Napoli (cui gli atti sono stati trasmessi per competenza territoriale) di averla proseguita, e di avere formulato una duplice richiesta di rinvio a giudizio a carico del ministro Mastella; al Giudice dell’udienza preliminare del Tribunale di Napoli, investito della richiesta, di avere rigettato l’“eccezione di incompetenza funzionale” formulata nei suoi confronti dalla difesa dell’imputato, e di avere disposto che il procedimento proseguisse “secondo il rito ordinario”.

    In particolare, prosegue il Senato, a seguito di indagini aperte dalla Procura di Santa Maria Capua Vetere e concluse da quella di Napoli, senza che, in entrambi i casi, gli atti fossero stati trasmessi al tribunale dei ministri, sono state formulate due richieste di rinvio a giudizio a carico del ministro Mastella (l’una dell’11 maggio 2009, nel procedimento penale di cui al R.G.N.R. n. 8213/09; l’altra, del 2 febbraio 2010, nel procedimento penale di cui al R.G.N.R. n. 5736/10). Nell’udienza del 20 ottobre 2010, il Giudice dell’udienza preliminare del Tribunale di Napoli, con ordinanza, ha poi disposto che il procedimento avesse corso innanzi a sé.

    Con tali omissioni e con tali atti, di cui il Senato chiede l’annullamento, l’autorità giudiziaria avrebbe menomato le attribuzioni costituzionali spettanti al Senato in base all’art. 96 Cost., in forza delle quali la Camera competente a deliberare sull’autorizzazione ivi prevista dovrebbe venire informata della pendenza di qualsivoglia procedimento penale, se relativo a fatti attribuiti a chi abbia rivestito, al tempo di essi, la qualità di ministro e avrebbe titolo a pretendere che, in tali casi, gli atti siano trasmessi, in base all’art. 6 della legge cost. n. 1 del 1989, al tribunale dei ministri, quale «unico organo giudiziario legittimato ad indagare sulla notizia di reato addebitato al Ministro ed a qualificare, all’esito delle indagini, la natura del reato». Solo per tale via, infatti, la Camera competente sarebbe in grado di esprimere, in relazione all’art. 96 Cost., la propria valutazione sulla natura ministeriale o non ministeriale del reato.

    Nel caso di specie, viceversa, il Senato, ignaro della pendenza del procedimento, sarebbe stato «posto nella condizione inammissibile di dovere ricercare altrimenti le informazioni necessarie all’esercizio dei suoi poteri di prerogativa». Dapprima, il 22 dicembre 2009 e il 17 giugno 2010, attivando il Ministro della giustizia pro tempore affinché acquisisse ogni elemento conoscitivo utile e, in seguito, il 30 ottobre 2010, richiedendo la trasmissione degli atti direttamente al Presidente del Tribunale di Napoli, che, il 16 novembre 2010, avrebbe dato atto dell’intervenuta trasmissione, in data 2 novembre 2010, da parte del Procuratore della Repubblica al Ministro della giustizia, a seguito di richiesta del precedente 4 ottobre.

    Il ricorrente osserva che, fin dalle origini, l’ordinamento repubblicano, pur devolvendo alla Corte costituzionale il giudizio sui reati ministeriali, aveva avvertito la necessità di «una disciplina analitica dei rapporti fra la giurisdizione penale costituzionale e la giurisdizione penale comune», disposta sia con gli artt. da 10 a 14 della legge 25 gennaio 1962, n. 20 (Norme sui procedimenti e giudizi di accusa), sia con l’art. 8 della legge 10 maggio 1978, n. 170 (Nuove norme sui procedimenti d’accusa di cui alla legge 25 gennaio 1962, n. 20): in particolare, si era stabilito che, in caso di esercizio dell’azione penale a carico di un ministro, il pubblico ministero fosse tenuto a darne notizia al Presidente della Camera, che ne informava la Commissione parlamentare inquirente. Veniva poi demandata a questa Corte la risoluzione di eventuali conflitti, che fossero potuti insorgere tra Commissione e autorità giudiziaria.

    A seguito della revisione dell’art. 96 Cost., a parere del Senato ricorrente, permane la medesima esigenza di coinvolgere in ogni caso la Camera competente, ove sia avviato un procedimento penale a carico di un ministro, come questa Corte avrebbe riconosciuto con la sentenza n. 241 del 2009, sulla base dell’art. 8 della legge cost. n. 1 del 1989.

    Per tale ragione, e al fine di consentire l’eventuale esercizio del potere di autorizzazione previsto dall’art. 96 Cost., «il collegio per i reati ministeriali costituisce il raccordo indefettibile per la regolazione dei rapporti dell’autorità giudiziaria con le Camere rappresentative»: esso, perciò, andrebbe investito ai sensi dell’art. 6 della legge cost. n. 1 del 1989 di ogni notizia di reato concernente un ministro, affinché eserciti la propria valutazione anche in ordine al carattere ministeriale del reato ed attivi, in tal caso, la Camera competente, ovvero, nel caso cui il reato sia ritenuto di natura comune, disponga la c.d. archiviazione asistematica, della quale, in base all’art. 8 della medesima legge, è informata tale Camera, anche al fine dell’esercizio delle proprie attribuzioni.

    Deve, viceversa, negarsi, secondo il Senato, che (come avrebbe affermato il Giudice dell’udienza preliminare del Tribunale di Napoli) sussista «una sorta di competenza esclusiva sulla competenza del potere parlamentare», esercitabile dall’autorità giudiziaria: tale sarebbe infatti la conclusione ove quest’ultima potesse procedere per un’ipotesi di reato avverso un ministro nelle forme ordinarie, eludendo le attribuzioni del tribunale dei ministri, e conseguentemente quelle, ad esse collegate da “un nesso strettissimo”, della Camera.

    Ciò si sarebbe verificato nel caso di specie per la condotta sia delle procure, sia del giudice dell’udienza preliminare, il quale avrebbe dovuto invece «quanto meno (…) provvedere autonomamente» ad informare il Senato.

    Secondo il ricorrente, inoltre, non sarebbe discutibile la propria legittimazione a sollevare il conflitto, in quanto il Senato della Repubblica è la Camera competente a concedere l’autorizzazione nel caso di specie, sia per la posizione di senatore rivestita all’epoca dei fatti dal ministro Mastella, sia per la circostanza che quando l’azione penale è stata esercitata nei suoi confronti egli aveva cessato di appartenere al Parlamento; né sarebbe contestabile la legittimazione delle autorità giudiziarie, nella specie il Giudice dell’udienza preliminare del Tribunale di Napoli, il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Santa Maria Capua Vetere e il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Napoli, a resistervi. Ricorrerebbe, parimenti, il requisito oggettivo del conflitto, che riguarda la menomazione che il Senato della Repubblica lamenta in ordine alla propria sfera di attribuzioni direttamente conferite dalla Costituzione, nonché dalla legge cost. n. 1 del 1989, a causa della condotta di tali organi giudiziari, che hanno omesso il compimento di adempimenti processuali previsti a tutela delle prerogative del Senato, e hanno disposto la prosecuzione del procedimento nelle “forme ordinarie”.

    Afferma infine il ricorrente di avere interesse a proporre il ricorso, dal momento che lillegittima procedura con cui lautorità giudiziaria ordinaria ha qualificato come non ministeriale gli illeciti addebitati al ministro Mastella lo avrebbe privato di ogni possibilità di partecipazione e coinvolgimento nel procedimento, indispensabili per il compimento delle proprie valutazioni...

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