Sentenza nº 103 da Constitutional Court (Italy), 21 Aprile 1983

RelatoreAlberto Malagugini
Data di Resoluzione21 Aprile 1983
EmittenteConstitutional Court (Italy)

SENTENZA N. 103

ANNO 1983

REPUBBLICA ITALIANA

In nome del Popolo Italiano

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

Prof. LEOPOLDO ELIA, Presidente

Prof. ANTONINO DE STEFANO

Prof. GUGLIELMO ROEHSSEN

Avv. ORONZO REALE

Dott. BRUNETTO BUCCIARELLI DUCCI

Avv. ALBERTO MALAGUGINI

Prof. LIVIO PALADIN

Dott. ARNALDO MACCARONE

Prof. ANTONIO LA PERGOLA

Prof. VIRGILIO ANDRIOLI

Prof. GIUSEPPE FERRARI

Dott. FRANCESCO SAJA

Prof. GIOVANNI CONSO, Giudici,

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 13, commi terzo e quarto, del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 637 (Imposta sulle successioni - Debiti risultanti da atti scritti, da provvedimenti giurisdizionali e da titoli di credito) promosso con ordinanza emessa il 6 marzo 1980 dalla Commissione tributaria di 2 grado di Rovigo, sul ricorso proposto dall'Ufficio del registro di Rovigo contro Colognesi Franco ed altri, iscritta al n. 446 del registro ordinanze 1980 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 215 del 6 agosto 1980.

Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nell'udienza pubblica del 14 aprile 1982 il Giudice relatore Alberto Malagugini;

udito l'avvocato dello Stato Giuseppe Angelini Rota, per il Presidente del Consiglio dei ministri.

Ritenuto in fatto

  1. - In sede di liquidazione dell'imposta di successione dovuta dagli eredi di Colognesi Mario, veniva in contestazione la detraibilità dall'attivo ereditario di un saldo passivo di conto corrente recante un debito di L. 17.272.969 nei confronti della Cassa di Risparmio di Padova e Rovigo, negata dall'Ufficio del Registro di Rovigo ed affermata invece, su ricorso degli eredi, dalla Commissione tributaria di I grado di quella città in base all'assunto per cui l'esistenza di un contratto di apertura di credito in conto corrente può essere provata - a sensi dell'art. 13, 3 comma, d.P.R. 26/10/1972, n. 637 - anche in base a documenti interni dell'Istituto concedente.

    Avverso tale decisione proponeva appello l'Ufficio del Registro, negando che avessero all'uopo efficacia probante i due documenti prodotti (dichiarazione di sussistenza di credito e copia della scheda contabile del c/c) e deducendo che comunque - secondo l'interpretazione data dalla stessa amministrazione finanziaria al 3 e 4 comma del citato art. 13 - non soltanto si ammette in detrazione il solo debito derivante da emissione di assegni negli ultimi dodici mesi, ma il debito stesso in tanto é deducibile in quanto non resti assorbito dagli accreditamenti operati sul conto corrente bancario nel medesimo periodo di tempo. Nella specie, quindi, il debito doveva ritenersi inesistente alla data di apertura della successione, dato che i prelevamenti negli ultimi dodici mesi erano stati inferiori ai versamenti.

    Con riferimento a tale interpretazione, la Commissione tributaria di 2 grado di Rovigo sollevava d'ufficio, con ordinanza del 6/3/1980, questione di legittimità dell'art. 13, 3 e 4 comma, d.P.R. 637/72, assumendone il contrasto con l'art. 53 Cost..

    Dovendo invero la capacità contributiva degli eredi essere "commisurata all'arricchimento del loro patrimonio in funzione dell'ammontare della quota ereditaria a ciascuno di essi in concreto spettante", il "limitare l'addebitamento agli assegni emessi nell'ultimo anno, con conseguente possibile saldo (attivo o passivo) difforme dai dati reali" sarebbe, ad avviso della Commissione, "non giustificato e non ispirato a criteri di ragionevolezza".

    L'ordinanza, ritualmente notificata e comunicata, veniva pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale n. 215 del 6/8/1980.

  2. - Intervenendo nel giudizio così instaurato, l'Avvocatura dello Stato negava che le norme denunziate fossero interpretabili nel senso presupposto dal giudice a quo, assumendo che esse dettano "disposizioni sulla prova della esistenza degli addebitamenti dipendenti da assegni emessi negli ultimi dodici mesi in base a contratti di apertura di credito in conto corrente bancario, e ciò fanno ponendo una disciplina che deroga a quella generale contenuta nel comma primo dello stesso articolo. Non escludono la deduzione della passività corrispondente ad addebitamenti dipendenti da assegni emessi nel periodo anteriore, per i quali deve intendersi che valga appunto la disposizione dettata dal primo comma".

    Dopo aver diffusamente richiamato la precedente disciplina della materia, contenuta nell'art. 45 del R.D. 30/12/1923, n. 3270 e nell'articolo unico della legge 24/12/1969, n. 1038, l'Avvocatura osservava che con quest'ultima norma era stata dettata una regolamentazione sussidiaria rispetto a quella generale di cui al...

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