Sentenza nº 191 da Constitutional Court (Italy), 29 Giugno 1983

RelatoreGiuseppe Ferrari
Data di Resoluzione29 Giugno 1983
EmittenteConstitutional Court (Italy)

SENTENZA N. 191

ANNO 1983

REPUBBLICA ITALIANA

In nome del Popolo Italiano

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

Prof. ANTONINO DE STEFANO, Presidente

Dott. MICHELE ROSSANO

Prof. GUGLIELMO ROEHRSSEN

Avv. ORONZO REALE

Dott. BRUNETTO BUCCIARELLI DUCCI

Avv. ALBERTO MALAGUGINI

Prof. LIVIO PALADIN

Dott. ARNALDO MACCARONE

Prof. GIUSEPPE FERRARI

Dott. FRANCESCO SAJA

Prof. GIOVANNI CONSO

Prof. ETTORE GALLO, Giudici,

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 480 cod. civ. (Accettazione dell'eredità - Prescrizione), promosso con ordinanza emessa il 18 maggio 1976 dalla Corte d'Appello di Catanzaro nel procedimento civile vertente tra Caparra Francesco ed altri e Romeo Domenico ed altri iscritta al n. 636 del registro ordinanze 1976 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 321 del 1976.

Visti gli atti di costituzione di Caparra Francesco ed altri e di Caparra Domenico (già Romeo Domenico) ed altri e l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito, nella pubblica udienza dell'11 gennaio 1983 il Giudice relatore Giuseppe Ferrari;

uditi l'avv. Vincenzo Mazzei per Caparra Francesco ed altri, l'avv. Domenico Ambrosio per Caparra Domenico ed altri e l'avvocato dello Stato Benedetto Baccari per il Presidente del Consiglio dei ministri.

Ritenuto in fatto

  1. - Nel corso del giudizio d'appello avverso una sentenza emessa dal Tribunale di Crotone - che aveva, tra l'altro, rigettato la domanda in petizione d'eredità proposta da Romeo Domenico, Carmine Benedetto e Fortunato nei confronti dei germani Caparra per difetto della qualità di eredi legittimi dei primi, non essendo stato ancora accertato il loro rapporto di filiazione naturale col de cuius Caparra Salvatore, deceduto il 15 febbraio 1952 - la Corte d'Appello di Catanzaro - considerato che nelle more dell'appello era passata in giudicato la sentenza con la quale era stato dichiarato che gli attori erano figli naturali di Caparra Salvatore, ma che erano trascorsi più di dieci anni dalla data d'apertura della successione - ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell'art. 480 cod. civ., in riferimento all'art. 3 Cost., nella parte in cui non prevede che per i figli naturali il termine di prescrizione del diritto di accettare l'eredità decorra dal giorno della dichiarazione giudiziale di paternità anziché da quello dell'apertura della successione.

  2. - Premesso che le due deroghe contemplate dal secondo e dal terzo comma della disposizione impugnata per gli istituiti sotto condizione e per i chiamati ulteriori (nei confronti dei quali il termine di prescrizione decennale decorre rispettivamente dal giorno in cui si é avverata la condizione o é venuto meno l'acquisto ereditario dei precedenti chiamati) sono insuscettibili, per il loro carattere eccezionale, di applicazione analogica o d'interpretazione estensiva, il giudice a quo osserva che neppure può nella specie ritenersi applicabile la norma di cui all'art. 2935 cod. civ. - che prevede la decorrenza della prescrizione "dal giorno in cui il diritto può essere fatto valere" -, stante la portata generale del principio, valido solo quando manchino espresse e difformi statuizioni normative che fissino una diversa decorrenza del termine prescrizionale in determinate materie; statuizioni che, in subjecta materia, sono appunto quelle concernenti gli istituiti sotto condizione e i chiamati ulteriori, talché deve ritenersi esclusa ogni possibilità d'interferenza della generale disposizione indicata.

    Estranee al problema della decorrenza del termine fissato per la accettazione dell'eredità devono poi ritenersi, continua l'ordinanza, le disposizioni di cui all'art. 715 cod. civ. (che solo vieta la divisione in pendenza del giudizio sulla filiazione naturale di colui che, in caso di esito favorevole del giudizio stesso, sarebbe chiamato a succedere) ed alla legge n. 1047 del 1971 (che s'é limitata a restituire in termini per due anni, a decorrere dalla data di entrata in vigore, i nati prima del 1 luglio 1939 in ordine all'azione per la dichiarazione giudiziale di paternità), le quali non hanno inciso sulla disciplina dettata dall'art. 480 cod. civ. Ad analoghe conclusioni dovrebbe infine pervenirsi per quel che concerne gli artt. 230 e 232 della l. 19 maggio 1975, n. 151 (nuovo diritto di famiglia) che, pur conferendo efficacia retroattiva alla nuova disciplina sul riconoscimento e sulla dichiarazione di filiazione naturale, non incidono tuttavia sulla decorrenza del termine di prescrizione posto dalla disposizione impugnata.

    Alla stregua di siffatta interpretazione delle norme citate, alla Corte d'appello di Catanzaro non par dubbio che la decorrenza del termine di prescrizione dal giorno dell'apertura della successione anche nei confronti dei figli naturali non ancora giudizialmente dichiarati tali e, quindi, non in condizioni di poter esercitare il diritto di accettare l'eredità, contrasti col principio di ragionevolezza ed integri una disparità di trattamento in relazione a quanto previsto per le altre due categorie di soggetti contemplate dal secondo e terzo comma dello stesso art. 480 cod. civ., essendo a tutti comune l'esigenza logica di far coincidere il dies a quo del termine di prescrizione "con quello in cui si acquista la qualità di chiamati e diventa in conseguenza giuridicamente possibile l'accettazione".

    D'altro canto, non sembra al giudice a quo che possa condividersi la tesi secondo la quale "la disuguaglianza non discenderebbe dall'art. 480, bensì dalla negligenza dei vocati, che si determinano ad esercitare il diritto di accettazione molti anni dopo che la Costituzione avrebbe consentito di conseguire lo status di figli naturali". E ciò, sia perché il ritardo con cui può intervenire la dichiarazione non é sempre collegabile all'inerzia degli interessati, ma ben può dipendere da fattori indipendenti dalla loro volontà, sia perché ai nati anteriormente al 1 luglio 1939 non può certo imputarsi di non aver tempestivamente rilevato l'illegittimità costituzionale (dichiarata con sent. n. 7 del 1963) dell'art. 123, primo e secondo comma, disp. att. cod. civ., il quale nella specie rendeva improponibile l'azione.

  3. - é intervenuto in giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato dall'Avvocatura generale dello Stato, e si sono costituite entrambe le parti private.

  4. - In atto d'intervento l'Avvocatura, dopo aver preliminarmente rilevato che, nonostante taluni dissensi espressi dalla dottrina, la giurisprudenza pacificamente ritiene che il termine fissato...

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