Sentenza nº 34 da Constitutional Court (Italy), 31 Maggio 1960

Data di Resoluzione31 Maggio 1960
EmittenteConstitutional Court (Italy)

SENTENZA N. 34

ANNO 1960

REPUBBLICA ITALIANA

In nome del Popolo Italiano

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

Dott. GAETANO AZZARITI, Presidente

Avv. GIUSEPPE CAPPI

Prof. TOMASO PERASSI

Prof. GASPARE AMBROSINI

Prof. ERNESTO BATTAGLINI

Dott. MARIO COSATTI

Prof. FRANCESCO PANTALEO GABRIELI

Prof. GIUSEPPE CASTELLI AVOLIO

Prof. ANTONINO PAPALDO

Prof. NICOLA JAEGER

Prof. GIOVANNI CASSANDRO

Prof. BIAGIO PETROCELLI

Dott. ANTONIO MANCA

Prof. ALDO SANDULLI

Prof. GIUSEPPE BRANCA, Giudici,

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nei giudizi riuniti di legittimità costituzionale dell'art. 32, ultimo comma, del D.P.R. 26 aprile 1957, n. 818, promossi con ordinanza emessa il 27 gennaio 1959 dal Tribunale di Macerata nel procedi - mento civile vertente tra Minnozzi Aristodemo e l'Istituto nazionale della previdenza sociale, iscritta al n. 63 del Registro ordinanze 1959 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 99 del 24 aprile 1959, e con quattro ordinanze emesse il 30 aprile 1959 dal Tribunale di Brescia in altrettanti procedimenti civili vertenti tra Bernardelli Adolfo, Giornetto Giuseppe, Lela Francesco, Campanaro Luigi e l'Istituto Nazionale della Previdenza Sociale, iscritte rispettivamente ai numeri 80, 81, 82 e 85 del Registro ordinanze 1959 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 184 del 10 agosto 1959.

Viste le dichiarazioni di intervento del Presidente del Consiglio dei Ministri;

udita nell'udienza pubblica del 6 aprile 1960 la relazione del Giudice Giuseppe Castelli Avolio;

uditi gli avvocati Vezio Crisafulli e Franco Agostini, per Bernardelli Adolfo, Giornetto Giuseppe, Lela Francesco e Campanaro Luigi; Guido Nardone, per l'Istituto nazionale della previdenza sociale, e il sostituto avvocato generale dello Stato Valente Sim, per il Presidente del Consiglio dei Ministri.

Ritenuto in fatto

  1. - Nel corso del procedimento civile iniziato da Minnozzi Aristodemo davanti al Tribunale di Macerata contro l'Istituto nazionale della previdenza sociale per ottenere il pagamento dell'indennità di disoccupazione ai sensi dell'art. 73 e del R.D.L. 4 ottobre 1935, n. 1827, e successive modificazioni, l'Istituto eccepì che la richiesta non poteva essere accolta in quanto, essendo l'attore titolare di una pensione per vecchiaia a carico dell'Istituto stesso, ostava il disposto dell'art. 32, ultimo comma, del D.P.R. 26 aprile 1957, n. 818, che sancisce l'incompatibilità delle due prestazioni.

    L'attore sollevò allora la questione di legittimità costituzionale del citato art. 32, ultimo comma, del decreto n. 818 del 1957, perché viziato per eccesso dai limiti della delega legislativa di cui all'art. 37 della legge 4 aprile 1952, n. 218, sotto un duplice profilo:

    1. perché il D.P.R. n. 818 del 1957, essendo stato pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 17 settembre 1957, avrebbe oltrepassato il termine di un quinquennio dalla data di entrata in vigore della legge delegante (pubblicata nella Gazzetta Ufficiale del 15 aprile 1952), fissato al Governo per l'esercizio della funzione legislativa dall'art. 37 della suddetta legge delega;

    2. perché la norma impugnata costituirebbe una innovazione rispetto alla legislazione precedente, dalla quale non poteva desumersi alcuna incompatibilità tra l'indennità di disoccupazione e il trattamento pensionistico, e pertanto eccederebbe i limiti della delega, ristretta - a norma dell'art. 37 citato - all'emanazione, "in conformità dei principi e dei criteri direttivi cui s'informa la presente legge", di "disposizioni transitorie e di attuazione, nonché di norme intese a coordinare le vigenti norme sulle assicurazioni sociali con quelle della presente legge".

    Il Tribunale, con ordinanza del 27 gennaio 1959, dichiarò manifestamente infondata la prima censura di illegittimità costituzionale e ritenne, invece, non manifestamente infondata la seconda.

  2. - Nell'ordinanza il Tribunale osserva che la compatibilità fra le due prestazioni assicurative sarebbe riconosciuta espressamente dall'art. 17 del regolamento approvato con R.D. 7 dicembre 1924, n. 2270 (col quale si manteneva il diritto al sussidio per il disoccupato che, avendo conservato una residua capacità di lavoro nonostante l'infermità o l'invalidità temporanea, avesse di fatto trovato impiego), e dall'art. 10 della legge 29 aprile 1949, n. 264 (che classifica tra gli aventi diritto alla iscrizione nelle liste di collocamento i pensionati in cerca di occupazione). E tale riconoscimento - secondo il Tribunale - sarebbe confermato dall'art. 27 della legge 4 aprile 1952, n. 218, che, abolendo il limite di età di anni 60 per l'uomo e di anni 55 per la donna quanto all'obbligo di versamento dei contributi dovuti per le forme di previdenza e assistenza sociale obbligatoria, nel caso in cui il lavoratore continui a prestare attività lavorativa alle dipendenze altrui, avrebbe chiaramente ammesso la compatibilità fra il diritto all'indennità di disoccupazione ed il trattamento della pensione per vecchiaia.

    Il Tribunale, quindi, ordinava la trasmissione degli atti alla Corte costituzionale per la decisione della suddetta questione di legittimità costituzionale del citato art. 32, ultimo comma, in relazione all'art. 76 della Costituzione.

  3. - La menzionata ordinanza veniva notificata l'8 febbraio 1958, comunicata ai Presidenti delle due Camere del Parlamento. e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 99 del 24 aprile 1959.

    Nel giudizio di legittimità costituzionale si costituiva l'I.N.P.S., in persona del presidente on. Angelo Corsi, rappresentato e difeso dagli avvocati Massimo Aureli, Mario Pizzicannella, Guido Nardone e Pierino Pierini, i quali depositavano le proprie deduzioni nella cancelleria della Corte il 13 maggio 1959.

    Si costituiva anche il Presidente del Consiglio dei Ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, che depositava le deduzioni in cancelleria il 27 febbraio 1959.

  4. - Nel corso di analogo procedimento civile iniziato contro l'I.N.P.S. davanti al Tribunale di Brescia da Bernardelli Adolfo, titolare di pensione per vecchiaia, l'Istituto, nell'opporsi alla domanda, si richiamò egualmente al ripetuto art. 32, ultimo comma, del D.P.R. n. 818 del 1957, e l'attore formulò la questione di legittimità costituzionale di tale norma sostanzialmente negli stessi termini svolti dal Minnozzi davanti al Tribunale di Macerata.

    Il Tribunale di Brescia, con ordinanza del 30 aprile 1959, ritenne la questione non manifestamente infondata sotto entrambi i profili delineati dal Bernardelli, e cioé sia sotto l'aspetto dell'eccesso formale di delega per violazione del termine temporale imposto dall'art. 37 della legge n. 218 del 1952, sia sotto l'aspetto dell'eccesso sostanziale, per avere esorbitato dai limiti della delega fissati dallo stesso art. 37.

    Il Tribunale nell'ordinanza, quanto alla prima censura, afferma senz'altro che la pubblicazione oltre il quinquennio del decreto delegato concreterebbe violazione del termine suddetto, e quindi violazione dell'art. 76 della Costituzione; quanto alla seconda censura, formula osservazioni analoghe a quelle contenute nella ricordata ordinanza del Tribunale di Macerata.

  5. - Nel corso di altri tre paralleli giudizi, pure pendenti davanti al Tribunale di Brescia, rispettivamente fra Giornetto Giuseppe, Lela Francesco, Campanaro Luigi e l'Istituto Nazionale della Previdenza Sociale, gli attori, anch'essi titolari di pensione per vecchiaia a carico dell'I.N.P.S., sollevarono identiche questioni di legittimità costituzionale dell'art. 32, ultimo comma, del D.P.R. 26 aprile 1957, n. 818, ed il Tribunale, anche in data 30 aprile 1959, ed egualmente ritenendo non manifestamente infondate le questioni, pronunciò altre tre ordinanze identiche a quella sopra richiamata, disponendo la trasmissione alla Corte costituzionale anche degli atti relativi ai detti giudizi.

    Le ordinanze sono state tutte regolarmente notificate il 20 giugno 1959, comunicate ai Presidenti delle due Camere del Parlamento e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale del 1 agosto 1959, n. 184.

    Davanti alla Corte costituzionale si sono costituiti il Bernardelli, il Giornetto, il Lela ed il Campanaro, rappresentati e difesi dagli avvocati Vezio Crisafulli e Franco Agostini, che hanno depositato le proprie deduzioni il 19 agosto 1959.

    Si é pure costituito l'I.N.P.S., in persona del presidente, rappresentato e difeso dagli avvocati Massimo Aureli, Mario Pizzicanella, Guido Nardone e Pierino Pierini, i quali hanno depositato le deduzioni il 17 agosto 1959.

    é altresì intervenuto il Presidente del Consiglio dei Ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, che ha depositato le proprie deduzioni il 6 luglio 1959.

  6. - La difesa delle parti private, in tutti i giudizi predetti, insiste nella tesi di incostituzionalità della norma impugnata sotto il solo aspetto sostanziale. Afferma che la stessa non può essere considerata norma di attuazione della legge n. 218 del 1952, perché in questa legge non si rinviene alcun principio escludente il cumulo fra le due prestazioni assicurative; né può considerarsi una norma di coordinamento con la precedente disciplina legislativa, per la carenza di tale principio, sia nella legislazione precedente, sia nella legge n. 218 del 1952, specie in relazione agli artt. 12 e 27 di questa. Onde la norma impugnata sarebbe innovativa rispetto al passato, ed in contrasto con la delega contenuta nell'art. 37 della legge n. 218 del 1952.

  7. - I patroni dell'I.N.P.S., sia nelle deduzioni relative alle cause provenienti dal Tribunale di Brescia, sia in quelle relative alla causa proveniente dal Tribunale di Macerata, fondano la loro difesa sulla considerazione che, a norma dell'art. 38 della Costituzione, le assicurazioni sociali hanno lo scopo di garantire ai lavoratori mezzi adeguati alle esigenze di vita in caso di inabilità, vecchiaia o disoccupazione, supplendo alla mancanza del salario. Onde rientrerebbe nelle direttive costituzionali il...

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