Sentenza nº 1208 da Council of State (Italy), 19 Marzo 2008

Data di Resoluzione19 Marzo 2008
EmittenteCouncil of State (Italy)

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

N.1208/2008

Reg.Dec.

N. 6710 Reg.Ric.

ANNO 2007

Disp.vo 120/2008

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta) ha pronunciato la seguente

DECISIONE

sul ricorso in appello n. 6710/2007 proposto da

Tarricone s.p.a. e Gross Drink s.r.l., in persona dei rispettivi legali rappresentanti p.t., rappresentate e difese dagli avv.ti Elena Carpani, Massimiliano Mancusi e dal prof. avv. Franco Gaetano Scoca, elettivamente domiciliate presso lo studio di quest'ultimo in Roma, Via G. Paisiello n. 55

contro

l'Autorità garante della concorrenza e del mercato, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dall'Avvocatura generale dello Stato, presso i cui uffici in Roma, Via dei Portoghesi n. 12, è domiciliata, costituitasi in giudizio;

nei confronti di

AICAT - Associazione italiana dei club degli alcolisti in trattamento, nonché OMNES - Osservatorio media no limits e sicurezza stradale, non costituitisi in giudizio

e con l'intervento ad opponendum di

Assobirra - Associazione degli industriali della birra e del malto -, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dagli avv.ti prof.ri Paola Chirulli e Stefano Vinti, presso lo studio dei quali in Roma, Via Emilia n. 88, ha eletto domicilio, costituitasi in giudizio;

per la riforma e/o l'annullamento

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio, Sede di Roma, Sezione prima, n. 3531/2007;

visto il ricorso in appello con i relativi allegati;

visto l'atto di costituzione in giudizio dell'appellata e dell'appello incidentale da questa proposto, nonchè la memoria di costituzione dell'interveniente ad opponendum;

visti gli atti tutti di causa;

relatore, alla pubblica udienza del 12 febbraio 2008, il Cons. Fabio Taormina;

Udito l'avv. Franco Gaetano Scoca per le appellanti, l'Avvocato dello Stato Filippo Arena per l'appellata ed appellante incidentale e l'avv. Paola Chirulli per l'interveniente ad opponendum;

Ritenuto e considerato, in fatto e in diritto, quanto segue:

FATTO

Con il ricorso di primo grado era stato chiesto dalle società odierne appellanti l'annullamento del provvedimento adottato dall'Autorità garante della concorrenza e del mercato nell'adunanza dell'8 agosto 2006, prot. n. 15823, comunicato il 29 agosto 2006, con cui era stata irrogata una sanzione amministrativa pecuniaria di euro 25.000 alla società Tarricone ed un'altra di euro 35.000 alla società Gross Drink per una fattispecie di pubblicità ingannevole ai sensi del d.lgs. n. 206/05, e con il quale era stata anche disposta la pubblicazione di una dichiarazione rettificativa, nonché di tutti gli atti presupposti, e in particolare del parere dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni pervenuto in data 14 aprile 2006 e della nota redatta dalla Direzione del reparto salute della popolazione e suoi determinanti del Centro nazionale di epidemiologia, sorveglianza e promozione della salute, trasmessa dall'Istituto superiore di sanità in data 16 giugno 2006.

Si deduceva nell'atto introduttivo del ricorso di primo grado che era meritevole di censura la valutazione di ingannevolezza (resa nell'ambito di un procedimento avviato in forza di due segnalazioni pervenute dalle associazioni Aicat - Associazione Italiana dei Club degli Alcolisti in Trattamento - e Omnes - Osservatorio Media No Limits e Sicurezza stradale) attribuita ad alcuni messaggi pubblicitari relativi al prodotto denominato Drive Beer.

Il procedimento applicativo della sanzione era viziato per violazione, oltre che delle norme sull'istruttoria dettate dal d.P.R. n. 284 del 2003, anche del principio del contraddittorio. Nel merito, veniva altresì contestato il nucleo del giudizio di decettività, fondato sul parere reso dall'Istituto superiore di sanità, e l'entità della sanzione applicata. Inoltre, l'Autorità aveva erroneamente rilevato la violazione dell'art. 24 d.lgs. n. 206 del 2005, disposizione relativa alla pubblicizzazione di prodotti pericolosi per la salute dei consumatori.

Con la sentenza in epigrafe il TAR del Lazio ha preso in esame dette doglianze ed ha disatteso sia quelle afferenti alla correttezza del procedimento seguito dall'Autorità appellata, che quelle relative alla valutazione di decettività dalla stessa effettuata, condividendo il giudizio secondo cui i messaggi pubblicitari per cui è causa presentassero "nel loro complesso, un contenuto fuorviante ed omissivo".

Ha invece condiviso il profilo del ricorso di primo grado concernente la violazione dell'art. 24 d.lgs. n. 206 del 2005 (c.d. Codice del consumo), posto che dalla lettura dei messaggi pubblicitari in oggetto non si poteva "desumere una induzione dei destinatari a trascurare le normali regole di prudenza e vigilanza, poiché, al contrario, i messaggi stessi, incentrandosi sulla configurabilità dell'illecito di guida in stato di ebbrezza, valevano a richiamare l'attenzione proprio sul rigoroso limite stabilito dal codice della strada per l'assunzione di bevande alcoliche; onde i consumatori dovevano essere indotti, più che a trascurare le anzidette regole, a porvi la giusta attenzione."

Ha conseguentemente annullato la determinazione delle sanzioni (punti c e d del provvedimento impugnato) e, "in considerazione, di tutti gli elementi evidenziati dalla stessa Autorità nella parte finale del provvedimento ("nel corso del procedimento, il messaggio diffuso a mezzo internet è stato parzialmente modificato e quello a mezzo spot televisivo è stato sospeso", dai dati del bilancio del 2004 è risultato inoltre "che la società Gross Drink S.r.l. era in perdita)" ha ridotto l'importo delle sanzioni nell'entità minima del 50% rispetto a quella individuata dall'Autorità.

I capi della sentenza confermativi della sanzione sono stati appellati dalle originarie ricorrenti che ne contestano la fondatezza ribadendo le prospettazioni sottese al ricorso di primo grado.

Nel ricorso in appello, dopo una articolata e diffusa premessa in ordine alle correttezza dei test eseguiti sul prodotto da commercializzare, l'impegno delle appellanti a perseguire obiettivi di sicurezza stradale (questi ultimi riconosciuti anche da alcune Onlus), l'impegno a promuovere un prodotto più costoso della media e diretto ad una fascia matura e consapevole di consumatori, si è articolata una serrata critica alle statuizioni della sentenza.

Si è in particolare rilevato che avrebbe errato il TAR del Lazio a non trarre le corrette conclusioni dalla circostanza che l' Autorità aveva chiesto alla Tarricone, pur richiamando l'art. 5, comma 2, lett. a, del d.P.R. n. 284/03, di fornire prove sulla esattezza materiale dei dati di fatto contenuti nella pubblicità (ai sensi del comma 2, lett. b, della disposizione citata) formulando all'Istituto superiore di sanità alcuni quesiti che avrebbero piuttosto dovuto formare oggetto di consulenza tecnica (comportante la necessità di attuare il contraddittorio).

Era stato di fatto disposto, quindi, l' inversione dell'onus probandi non traendo poi le dovute conseguenze dalla circostanza che i test eseguiti dalle appellanti erano stati correttamente posti in essere (tanto è vero che nessun rilievo era stato mosso sul punto).

Né le appellanti erano state messe in condizione di partecipare all'attività dell'ISNN (cui erano state richieste non mere informazioni,ma vere e proprie valutazioni tecniche attingenti il prodotto pubblicizzato) così violandosi la regola del doveroso contraddittorio, intangibile ove, invece, fosse stata disposta consulenza tecnica. Peraltro, si rilevava nell'appello, in passato, l'Autorità aveva seguito una prassi difforme da quella oggetto di doglianza, garantendo tutte le garanzie procedimentali agli operatori soggetti alla procedura di accertamento della violazione in oggetto.

La sentenza appariva poi contraddittoria laddove aveva ritenuto che tale vizio potesse essere "sanato" mercè l'esercizio del "diritto di accesso agli atti e di controdedurre sui lavori dell'organo officiato degli accertamenti" posto che le appellanti non erano state poste in grado di valutare la correttezza del modus procedendi di tale organo.

Del pari essa meritava censura laddove, pur non smentendo la correttezza dei test effettuati dalle appellanti a supporto della specifica riportata nel messaggio, li riteneva non idonei a "legittimare la categoricità del claim", basando tali valutazioni su fonti extranormative (in parte anche ricavate da altre Legislazioni) e prive di pregio scientifico.

La predetta decisione, infine, conteneva una omissione di pronuncia, laddove nulla specificava con riguardo alla disposta pubblicazione di una dichiarazione rettificativa.

Le appellanti principali hanno poi depositato una articolata memoria conclusiva, volta a ribadire e specificare le doglianze esposte nel ricorso in appello.

L'amministrazione resistente in primo grado si è costituita depositando memorie con le quali ha chiesto respingersi, perché infondato, il ricorso avverso le statuizioni della sentenza confermative del giudizio di ingannevolezza dei messaggi pubblicitari ascrivibili alle società appellanti.

Ha anche proposto ricorso in appello incidentale, chiedendo l'annullamento dei capi della sentenza che hanno escluso che fosse stato violato l'art. 24 d.lgs. n. 206 del 2005 (c.d. Codice del consumo): la sentenza in epigrafe era contraddittoria, secondo tale argomentare, in quanto, accertata l'ingannevolezza del messaggio, ne conseguiva la pericolosità, da rapportarsi non già (come ritenuto in sentenza) all'utilizzo in senso assoluto, quanto all'uso della Drive beer.

La sentenza del Tar, laddove riteneva che la decettività del messaggio attingesse unicamente le "scelte di acquisto" del consumatore (art. 21 lett. B del d.lvo n. 206/2005) aveva omesso di considerarne l'incidenza sulla possibile omissione dell'adozione delle cautele da parte del consumatore nella fase dell'utilizzo del prodotto e doveva pertanto, in parte qua, essere riformata.

Le considerazioni...

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