Le vicende dell’imputazione generica: poteri-doveri di esercizio di controllo dell’azione e dell’imputazione spettanti al Giudice per l’udienza preliminare

AutoreCarlo Dell’Agli
Pagine177-180

    Questo scritto è dedicato alla memoria del compianto dott. CARTA LUIGI, giudice per le indagini preliminari, uomo e soprattutto amico, di un’unica ed esemplare semplicità, socievole, molto sensibile e fecondo di intuizioni, stimato per le sue elevate doti di serietà, di cultura e di grande umanità.

Page 177

Con la decisione che si annota l’alto consesso, cui veniva demandato il compito di decidere sulla questione del noto contrasto «se sia abnorme, e quindi ricorribile il provvedimento con cui il giudice dell’udienza preliminare dichiari la nullità della richiesta di rinvio a giudizio per la genericità o l’indeterminatezza dell’imputazione e disponga la restituzione degli atti al Pubblico Ministero» dirime, in maniera irrefutabile, un riproposto remoto contrasto ermeneutico giurisprudenziale e dottrinario sull’ottica dell’eventuale abnormità del provvedimento del g.u.p. con cui proclama la nullità della richiesta di rinvio a giudizio nella quale difetti in toto la formulazione descrittiva del fatto per sommarietà del capo di imputazione non «in forma chiara e precisa», da indurre, quindi, il giudice dell’udienza preliminare a stimarla necessaria di chiarimenti ed aggiunte integrative e tentando di suggerire un sistema risolutivo valido nell’ambito dei canoni della ragionevolezza, invitando il pubblico ministero ad integrare e precisare la inadeguata imputazione, al fine di evitare la regressione del procedimento e circostanze di intoppo.

È, quindi, evidente che, rivelando l’atto una lacuna, nella prospettiva della valenza endofasica, il giudice dell’indagine preliminare ha il pieno potere-dovere di innescare i dispositivi correttivi nel corso dell’attività della cerimonia preliminare (c.d. attività fisiologica) o procedere con la restituzione degli atti all’ufficio della segreteria del P.M. (c.d. attività patologica). In tali ipotesi, quindi, è doverosa e logica un’ordinanza interlocutoria che giustifichi il vizio della formulazione del fatto sollecitando anche oralmente la pubblica accusa di provvedere alle necessarie integrazioni.

La eventuale conseguente relativa inerzia, però, della pubblica accusa di fronte alla richiesta sollecitatoria del provvedimento del giudice dell’udienza preliminare, consegue inevitabilmente all’adozione di un provvedimento eccezionale che rappresenta una extrema ratio nell’azione restitutoria del provvedimento, sull’espresso richiamo - attraverso l’interpretazione analogica - del secondo comma di cui all’art. 521 c.p.p. generando nella fattispecie una autentica regressione del procedimento e, quindi, il nuovo esercizio dell’azione penale, ponendosi, così, in contrasto “con le esigenze di economia processuale e di ragionevole durata”1.

La decisione quadro in oggetto che, sulla scorta delle modifiche legislative, approda nel merito del processo introducendo un autentico principio innovativo, fa leva in maniera significativa sull’ambito di una dimensione scevra di una espressa norma.

Tale circostanza, secondo la Corte che nel decisum ha ben chiarito l’ipotesi del provvedimento restitutorio del G.u.p., è da stimarsi - in forza dell’applicazione analogica dell’articolo sopra citato - pienamente legittima, nel senso che appare rituale il provvedimento con cui il medesimo giudice, dopo aver sollecitato il P.M. nel corso dell’udienza preliminare a completare l’atto di imputazione senza che quest’ultimo abbia adempiuto al dovere di provvedervi, determini la regressione del procedimento onde consentire il nuovo esercizio dell’azione penale concretamente agli effettivi esiti conclusivi di indagine. Sarebbe, invece, da ritenere atto qualificato abnorme il provvedimento con il quale il g.u.p. disponga la restituzione degli atti al P.M. per la genericità o l’indeterminatezza dell’imputazione, senza averlo invitato di precisarla e, quindi, come tale ricorribile in cassazione.

Di qui l’espresso riconoscimento del comma 1, lett. b) di cui all’art. 417, a seguito delle modifiche apportate dalla l. 479/1999 con l’introduzione dell’art. 18, il quale statuisce che il fatto sia enunciato, nei requisiti formali della richiesta di rinvio a giudizio, “in forma chiara e precisa” (v. art. 417, comma 1, lett. b) che postula che l’enunciazione del fatto deve avere tali requisiti) e, successivamente ribadito dai notevoli interventi della Corte costituzionale2.

Page 178

In breve, la funzione e i traguardi conclusivi che rappresentano la prerogativa essenziale dell’udienza preliminare esercitano in quel giudice «il dominio e la responsabilità dell’atto introduttivo del giudizio e, per altro verso, nel Pubblico Ministero, titolare dell’azione e dell’imputazione, l’organo vincolato allo schema contestativo, nei termini indicati in sede giurisdizionale, per uniformare la storicità del fatto alle emergenze probatorie in atti».

Dunque, alla Cassazione si deve notevole plauso per l’articolata, pregevole ed interessante tesi argomentativa con la quale ha rimosso ogni ragionevole dubbio alle questioni affrontate dalle Sezioni semplici che si sono pronunciate in maniera contrastante in ordine ai poteri spettanti al giudice dell’udienza preliminare nonché dalle tesi dottrinarie che si sono orientate per la ricorrenza di una nullità generale.

Già, in passato, la questione - in relazione allo scenario normativo anteriore alla l. 479/99 dell’art. 18 che ha espresso nuovamente in modo tecnicamente corretto il primo comma dell’art. 17, lett. b), c.p.p. - si era posta in rilievo, tale da indurre la giurisprudenza di legittimità a conclamare abnorme il provvedimento con cui il G.I.P. declarava la natura della richiesta di rinvio a giudizio per sommarietà o indeterminatezza del capo di imputazione3.

La natura dei rimedi funzionali, l’aspetto considerativo sulla struttura e la vera funzione dell’udienza preliminare gravitano intorno alla validità o meno del provvedimento con cui il giudice per l’udienza preliminare disponga la restituzione degli atti alla pubblica accusa.

Infatti, a fondamento di tale esame critico, diversi sono i temi caratterizzati per gradi: il primo la trasgressione del principio di tassatività connaturato al comma 1°, lett. b) dell’art. 417 che prescrive pedissequamente “l’enunciazione, in forma chiara e precisa, del fatto, delle circostanze aggravanti [..]” e, quindi, non contemplante la nullità dell’atto di imputazione per la conseguente...

Per continuare a leggere

RICHIEDI UNA PROVA

VLEX uses login cookies to provide you with a better browsing experience. If you click on 'Accept' or continue browsing this site we consider that you accept our cookie policy. ACCEPT