I Canoni di locazione non percepiti non vanno dichiarati. Ma per il ministero va comunque tassata la rendita catastale

AutoreOrazio Dini
Pagine571-572

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@1. Premessa

Le istruzioni ministeriali al Mod. 730/99 avvertono che «a partire dal 1998 i canoni derivanti da contratti di locazione di immobili ad uso abitativo non percepiti non devono essere dichiarati».

Solo di recente, infatti, si è provveduto a porre, in qualche modo, rimedio al principio sancito dal comma 1 dell'art. 23 del Tuir, secondo il quale «I redditi fondiari concorrono alla formazione del reddito complessivo indipendentemente dalla percezione. . .».

In deroga a tale principio, sancisce ora la disposizione dell'art. 8, comma 5, della L. 9 dicembre 1998, n. 431 che «I redditi derivanti da locazione di immobili ad uso abitativo, se non percepiti, non concorrono a formare il reddito (complessivo, n.d.r.) . . .».

Sennonché ancora una volta le buone intenzioni del legislatore sembrano destinate a infrangersi sugli scogli di un orientamento ministeriale che, se consolidato, potrebbe non raramente vanificare in gran parte, se non totalmente, i contenuti della recente disposizione.

@2. Il dato testuale (art. 8, comma 5, della L. n. 431/1998)

Appare opportuno premettere, innanzitutto, che l'analisi letterale della disposizione contenente il primo periodo aggiunto al comma 1 dell'art. 23 del Tuir dal comma 5 dell'art. 8 della L. n. 431/1998 sembrerebbe suffragare l'ipotesi interpretativa secondo la quale i canoni non percepiti, pur non concorrendo alla formazione del reddito, mantengono la qualifica dai «redditi». Sembrerebbe cioè, ad una lettura pedissequamente testuale, che il legislatore non abbia inteso qualificare «non redditi» i canoni non percepiti, ma si sia limitato a sancirne, puramente e semplicemente, la (temporanea) intassabilità.

A meno che il termine «redditi» non sia stato adoperato impropriamente (come, invece, appare dalla lettura del secondo periodo aggiunto al comma 1 dell'art. 23 citato), sembrerebbe potersi sostenere che, nelle intenzioni del legislatore, la mancata percezione dei canoni verrebbe in rilievo soltanto per escludere i canoni non percepiti dalla tassazione, senza tuttavia perdere l'originaria connotazione di reddito.

Occorre tuttavia rilevare che il tenore testuale della disposizione del secondo periodo aggiunto al comma 1 dell'art. 23 del Tuir dall'art. 8, comma 5, della L. n. 431/1998 («Per le imposte versate sui canoni venuti a scadenza e non percepiti. . . è riconosciuto un credito di imposta di pari ammontare») non agevola il compito dell'interprete, per l'obiettiva difficoltà di trovare un fondamento logico-sistematico all'evidente diversità terminologica risultante dal confronto fra le disposizioni del primo e secondo periodo aggiunto...

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