La valutazione della prova nel rito abbreviato

AutoreAntonino Fallone
Pagine597-603

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La valutazione della prova presenta due diversi aspetti: quello relativo alla legalità della prova e più in generale dell'individuazione del materiale probatorio suscettibile di valutazione e quello, conseguente, concernente la valutazione del merito della prova medesima. Tali aspetti vanno quindi esaminati separatamente.

@1. Il rito abbreviato e la legalità della prova.

Come è noto in questa materia, con particolare riferimento alla rilevabilità dell'atto inutilizzabile e dell'atto affetto da nullità non assolute, in passato si erano manifestati orientamenti contrastanti.

Ed invero, pacifico l'orientamento secondo il quale le nullità assolute, in quanto insanabili e rilevabili anche di ufficio, potevano essere rilevate dal giudice in sede di rito abbreviato, profonde differenze invece si erano manifestate relativamente alle nullità relative, alle nullità a regime intermedio, e alle inutilizzabilità.

A fronte infatti di un orientamento, sostenuto soprattutto in dottrina, che riteneva che per quanto concerneva l'inutilizzabilità, essendo insanabile e rilevabile anche di ufficio, poteva (anzi doveva) essere sempre rilevata dal giudice anche in sede di rito abbreviato, e che per quanto riguardava le nullità a regime intermedio e/o relative, la richiesta della parte di procedere con le forme del rito abbreviato, non precludeva comunque alla parte richiedente, una volta disposto il rito abbreviato, la possibilità di eccepire le dette nullità ed inutilizzabilità 1, si era formato in giurisprudenza un orientamento opposto che riteneva invece che le inutilizzabilità, per lo meno relativamente ai quei casi in cui il vizio concerneva le modalità di assunzione della prova, costituissero un vizio analogo alle nullità relative e/o a regime intermedio, e che la richiesta di rito abbreviato precludeva alla parte, una volta disposto il rito abbreviato, la possibilità di eccepire sia l'inutilizzabilità sia le nullità relative e/o a regime intermedio, atteso che la richiesta di rito abbreviato aveva un'efficacia sanate rispetto a tali vizi, costituendo una forma di accettazione tacita degli effetti dell'atto viziato (art. 183 lett. a c.p.p.); sicché in definitiva una volta ammesso il rito abbreviato, non potevano più essere né eccepite né rilevate, né le inutilizzabilità relative al quomodo dell'assunzione, e ciò in quanto in definitiva trattasi di ipotesi di nullità relativa e non di vera e propria inutilizzabilità, né le nullità relative e/o a regime intermedio 2.

Tale contrasto è stato definitivamente composto con la pronuncia della Cassazione a Sezioni unite, che qui di seguito si riporta e secondo la quale «Il giudizio abbreviato costituisce un procedimento "a prova contratta", alla cui base è identificabile un patteggiamento negoziale sul rito, a mezzo del quale le parti accettano che la regiudicanda sia definita all'udienza preliminare alla stregua degli atti di indagine già acquisiti e rinunciando a chiedere ulteriori mezzi di prova, così consentendo di attribuire agli elementi raccolti nel corso delle indagini preliminari quel valore probatorio di cui essi sono normalmente sprovvisti nel giudizio che si svolge invece nelle forme del giudizio ordinario del "dibattimento". Tuttavia tale negozio processuale di tipo abdicativo può avere ad oggetto esclusivamente i poteri che rientrano nella sfera di disponibilità degli interessati, ma resta privo di negativa incidenza sul potere-dovere del giudice di essere, anche in quel giudizio speciale, garante della legalità del procedimento probatorio. Ne consegue che in esso, mentre non rilevano né l'inutilizzabilità cosiddetta fisiologica della prova, cioè quella coessenziale ai peculiari connotati del processo accusatorio, in virtù dei quali il giudice non può utilizzare prove, pure assunte secundum legem, ma diverse da quelle legittimamente acquisite nel dibattimento secondo l'art. 526 c.p.p., con i correlati divieti di lettura di cui all'art. 514 stesso codice (in quanto in tal caso il vizio sanzione dell'atto è neutralizzato dalla scelta negoziale delle parti, di tipo abdicativo), né le ipotesi di inutilizzabilità "relativa", stabilite dalla legge in via esclusiva con riferimento alla fase dibattimentale, va attribuita piena rilevanza alla categoria sanzionatoria dell'inutilizzabilità cosiddetta "patologica", inerente cioè, agli atti probatori, assunti contra legem, la cui utilizzazione è vietata in modo assoluto non solo nel dibattimento, ma in tutte le altre fasi del procedimento, comprese quelle delle indagini preliminari e dell'udienza preliminare, nonché le procedure incidentali cautelari e quelle negoziali di merito» 3.

Chiariva altresì la Corte con la citata pronuncia, richiamando altra precedente pronuncia sempre a Sezioni unite 4, che «nel vizio di inutilizzabilità rientrano tanto le prove oggettivamente vietate quanto le prove comunque formate o acquisite in violazione o con modalità lesive dei diritti fondamentali della persona tutelati dalla Costituzione, e perciò assoluti e irrinunciabili, a prescindere dall'esistenza di un espresso tacito divieto al loro utilizzo nel procedimento» 5; ne consegue quindi, a contrario, che non costituiscono delle ipotesi diPage 598 inutilizzabilità, ma eventualmente delle ipotesi di nullità, a seconda dei casi assolute o relative, le prove acquisite in maniera difforme dal "modello legale" ma non integranti lesioni di diritti soggettivi costituzionalmente tutelati.

Il Supremo Collegio quindi ha definitivamente risolto la questione della eccepibilità e rilevabilità dell'inutilizzabilità dopo l'ammissione del rito abbreviato 6; nulla però di esplicito ha affermato in merito al problema della possibilità di eccepire e rilevare, dopo l'ammissione del rito abbreviato, le nullità relative e le nullità a regime intermedio.

A tal proposito va comunque rilevato che l'orientamento nettamente prevalente in Dottrina è nel senso di ritenere che la richiesta di rito abbreviato non costituisce in alcun modo un'accettazione tacita degli effetti dell'atto probatorio invalido, sicché non verificandosi alcuna sanatoria, né tanto meno alcuna decadenza dalla facoltà di eccepire la relativa nullità, la parte conserva integro il potere di eccepire la nullità relativa e/o la nullità a regime intermedio dell'atto probatorio viziato anche dopo l'ammissione del rito abbreviato 7.

Ulteriore problema non affrontato dalle Sezioni unite con la pronuncia da ultimo richiamata, è quello relativo alla rinnovazione dell'atto dichiarato nullo o inutilizzabile.

In merito, occorre distinguere tra inutilizzabilità della prova derivante dalla mancata osservanza di un divieto probatorio, ed inutilizzabilità della prova, astrattamente ammissibile, ma malamente acquisita 8.

Ed invero solo le seconde sono astrattamente rinnovabili, diversamente dalle prime che, stante il loro vizio congenito, non sono comunque mai rinnovabili.

Sennonché, ammesso che le nullità ed inutilizzabilità che attengono ad illegittimità verificatesi nel procedimento di acquisizione dell'atto, sono rinnovabili, si pone l'ulteriore problema di verificare in base a quale parametro decidere se rinnovare o meno l'atto viziato, nonché determinare il tipo di attività d'integrazione probatoria che può eventualmente disporsi in seguito alla dichiarazione di nullità o inutilizzabilità di un atto probatorio.

Orbene, per quanto concerne il tipo di attività probatoria da porre in essere eventualmente in conseguenza della dichiarazione di inutilizzabilità e/o di nullità, si ritiene che possa procedersi sia alla rinnovazione dello stesso atto (es. risentire il medesimo dichiarante) oppure procedere all'assunzione di un atto diverso da quello dichiarato nullo e/o inutilizzabile (ovvero, ad esempio sentire un soggetto diverso) 9.

Tale conclusione, si giustifica in quanto, venendo così anche alla problematica relativa al parametro in base al quale decidere se effettuare o meno l'attività integrativa, la decisione va presa ex art. 441/5 c.p.p., ovvero si procederà alla rinnovazione/ integrazione probatoria, se e in quanto tale attività probatoria integrativa appare necessaria ai fini della decisione.

Ed invero, la dichiarazione di nullità e/o inutilizzabilità di un atto probatorio, comporta evidentemente una modifica della piattaforma probatoria esistente, in conseguenza della quale è possibile che diventi necessaria ai fini della decisione un'integrazione dell'attività probatoria, sicché sotto questo profilo, non vi può essere alcuna limitazione a che il giudice disponga l'assunzione di un atto diverso da quello dichiarato nullo e/o inutilizzabile.

Per quanto riguarda invece la questione relativa a quando una prova può ritenersi necessaria ex art. 441/5 c.p.p., nonché la questione relativa alla applicabilità o meno in sede di integrazione probatoria ex art. 441/5 c.p.p. del criterio della "economia processuale" di cui all'art. 438/5 c.p.p., atteso che tali problematiche riguardano specificamente la tematica dei margini e dei limiti del potere integrativo di cui all'art. 441/5 c.p.p., e non presentano quindi aspetti peculiari connessi alla tematica ora in esame della rinnovazione dell'atto probatorio nullo o inutilizzabile, si fa qui rinvio a quanto si dirà di specifico a tal proposito tra breve (v. infra).

@2. La decisione del rito abbreviato e il principio del contraddittorio.

La decisione finale del rito abbreviato, presuppone preliminarmente l'individuazione del materiale di prova oggetto di valutazione e sul quale quindi basare la decisione.

A tal proposito la Cassazione, sin dai primi anni dell'entrata in vigore del nuovo codice di rito, ha avuto modo di affermare che «Nel giudizio abbreviato, mancando la fase del dibattimento, è inapplicabile il divieto di utilizzabilità di prove diverse da quelle in esso acquisite, sancito dall'art. 526 c.p.p., e vige, invece, il principio della decisione "allo stato degli atti", stabilito dall'art. 440 comma 1 c.p.p., che comporta la facoltà di...

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