Tribunale civile di Taranto 23 aprile 2015, n. 1287
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giur
4/2015 Arch. loc. e cond.
MERITO
Invero, già da una prima angolazione, deve essere evi-
denziato che, secondo una linea interpretativa sostenuta
da parte della Dottrina e fatta propria anche da una mino-
ritaria giurisprudenza (cfr. la dotta ed articolatissima sen-
tenza del Trib. Lecce n. 2564/2012, nonché Trib. Sanremo
29 ottobre 2003 e Trib. Salerno 28 ottobre 2003), il divieto
di azioni esecutive su fondo patrimoniale ex art. 170 c.c.,
opera solo con riguardo ad obbligazioni contrattuali, atteso
che la norma si riferisce espressamente a debiti ‘contratti’
per scopi estranei alla famiglia, ciò che sembra riferirsi
alle sole obbligazioni volontariamente assunte.
Pertanto, poiché l’obbligazione di pagamento azionata
verso Soncini ha pacificamente natura extracontrattuale,
derivando da un illecito compiuto dal Soncini stesso, se-
condo la ricostruzione sopra esposta, ciò sarebbe di per sé
sufficiente ad escludere la fondatezza dell’opposizione, es-
sendo radicitus inapplicabile l’invocato articolo 170 c.c.;
- osservato che, in ogni caso, anche a volere diversa-
mente opinare, e, con la maggioritaria giurisprudenza,
ritenere quindi applicabile l’articolo 170 c.c. a qualunque
tipologia di obbligazione, l’opposizione dovrebbe comun-
que essere rigettata.
Infatti, deve sul punto evidenziarsi che la Corte di Cas-
sazione, con ricostruzione qui condivisa e dalla quale non
vi è motivo di discostarsi, ha fornito una interpretazione
estremamente ampia della categoria dei bisogni della
famiglia che giustificano l’esecuzione anche sul fondo pa-
trimoniale, corrispondentemente riducendo la portata del
divieto dell’articolo 170 c.p.c., in quanto norma ecceziona-
le, come tale di stretta interpretazione, rispetto alla regola
della piena responsabilità patrimoniale ex art. 2740 c.c.
È stato infatti chiarito che nei bisogni famigliari sono da
includere anche le “esigenze volte al pieno mantenimento
dell’armonico sviluppo della famiglia, nonché al poten-
ziamento della sua capacità lavorativa, restando escluse
solo le esigenze di natura voluttuaria o caratterizzate da
intenti meramente speculativi” (Cass. n. 134/1984. Nello
stesso senso Cass. n. 11683/2001, Cass. n. 8991/2003, Cass.
n. 11230/2003, Cass. n. 5684/2006, Cass. n.15862/2009 e la
recentissima Cass. n. 15886/2014), ed in realtà nemmeno
quelle se “poste in essere al fine di impedire un danno
sicuro al nucleo familiare” (Cass. n. 15862/2009).
Ciò posto, ritiene il Giudice che vi sia coerenza tra il
fatto generatore dell’obbligazione (id est il fatto illecito
della falsificazione delle firme della moglie) ed i bisogni
della famiglia nell’ampia accezione sopra descritta, tenuto
conto che la stessa Muti, casalinga, ha spiegato come il
patrimonio mobiliare investito dal promotore ed oggetto
della falsificazione di firma da parte del marito, era rap-
presentato dai “propri risparmi” (cfr. pag. 3 sentenza), che
come tali devono contribuire ai bisogni della famiglia ex
art. 143 c.c.
Pertanto, se ne deduce che, da un lato, l’opponente non
ha provato quanto avrebbe dovuto provare, e cioè che si
trattava di somme di denaro gestite per esigenze volut-
tuarie o intenti meramente speculativi; ma anzi, dagli atti
emerge che si trattava di investimenti dei risparmi fami-
liari come tali riconducibile ai bisogni familiari (cfr. Cass.
n. 11230/2003 e Cass. n. 8991/2003 per due casi del tutto
sovrapponibili, dal punto di vista concettuale, a quello per
cui è causa, ove si è esclusa l’operatività del divieto ex
articolo 170 c.c. per una fattispecie di responsabilità aqui-
liana, laddove il creditore ha compiuto l’illecito al fine di
gestire risorse economiche destinate esigenze familiari);
- considerato che, in ragione di quanto sopra, l’opposi-
zione va rigettata, sostanzialmente qui ribadendo quanto
già evidenziato dal Giudice dell’Esecuzione con l’ordi-
nanza 15 ottobre 2014, dal Collegio con l’ordinanza 10-16
dicembre 2014 e dal G.I con l’ordinanza 14 ottobre 2014,
senza necessità di procedere all’istruttoria testimoniale
richiesta, in quanto irrilevante ai fini del decidere.
Non vi sono motivi per derogare ai principi generali
codificati dall’art. 91 c.p.c. in tema di spese di lite, che,
liquidate come da dispositivo con riferimento al D.M. n.
55/2014, sono quindi poste a carico dei soccombenti Son-
cini e Muti, in solido tra loro, ed a favore della vittoriosa
parte opposta Beggi, tenendo a mente un valore ricompre-
so tra i minimi e di medi per ciascuna delle quattro fasi di
studio, di introduzione, istruttoria e decisoria, nell’ambito
dello scaglione entro il quale è racchiuso il decisum di
causa. (Omissis)
tribunale Civile di taranto
23 aprile 2015, n. 1287
est. di todaro – riC. magaZZino (avv. traversa) C. Cuomo (avv. trivisani)
Disdetta y Forma y Priva di sottoscrizione y Inesi-
stenza y Successivo atto di intimazione di sfratto y
Effetto sanante y Esclusione y Ragioni.
. La disdetta inviata dal locatore priva di sottoscrizione
è giuridicamante inesistente e destinata a non produr-
re alcun effetto, non valendo l’atto di intimazione di
sfratto a sanare l’invalidità ratificando la precedente
comunicazione, stante la nuova disciplina in materia
di locazione (L. n. 431/98) che impone l’adozione della
forma scritta ad substantiam per la costituzione di un
valido rapporto di locazione. Conseguentemente e a
fortiori, a tale vincolo di forma devono soggiacere tutti
gli atti che incidono sul medesimo rapporto, modifican-
dolo o estinguendolo, siano essi unilaterali o bilaterali.
(c.c., art. 1324; l. 9 dicembre 1998, n. 431, art. 1)
svolgimento del proCesso e motivi della deCisione
Con citazione notificata al convenuto il 7 dicembre
2010 Magazzino Giovanni, stante la sussistenza tra le parti
di un contratto di locazione ad uso abitativo avente ad
oggetto l’immobile sito in via Marconi n. 103 di cui egli
era proprietario, intimava al conduttore licenza per finita
locazione invitandolo a rilasciare l’immobile entro il 10
febbraio 2011, data di scadenza del contratto.
Cuomo Nicola si opponeva allo sfratto, assumendo
di non aver ricevuto regolare disdetta dal contratto en-
tro i termini di legge (ossia almeno sei mesi prima della
scadenza), atteso che la missiva di disdetta ricevuta nel
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