L'Art. 419 c.p.p.: spunti critici su una trascurata questione di costituzionalitá in bilico tra diritto di difesa e paritá di trattamento

AutoreAntonio Fonzoli
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Premessa. - Nonostante le rilevanti modifiche legislative introdotte dalla legge n. 479/1999, l'udienza preliminare non ha perduto i caratteri originari di fase processuale affidata ad un giudice "terzo" rispetto all'organo inquirente, al quale è stato demandato il compito essenziale di compiere una "verifica" dell'ipotesi accusatoria formulata dal P.M. al termine delle indagini preliminari e contenuta nella c.d. richiesta di rinvio a giudizio. L'udienza preliminare, anche prima della riforma citata, rappresenta anche la fase processuale oltre la quale all'imputato non è più permesso definire il procedimento "allo stato degli atti", ricorrendo cioè ad uno dei c.d. riti alternativi al dibattimento come il giudizio abbreviato, che una volta introdotto permette al giudice di definire anche il procedimento per le indagini preliminari con l'emissione di un provvedimento sostanzialmente identico a quelli previsti all'esito del giudizio celebrato nelle forme ordinarie (v. artt. 442 e 529 e ss. c.p.p.). Tuttavia la citata legge n. 479/1999, ha introdotto uno "sbarramento" anche al procedimento speciale per l'applicazione della pena su richiesta delle parti (c.d. "patteggiamento"), stabilendo che per tutti i reati per i quali è prevista la celebrazione dell'udienza preliminare detto istituto può essere invocato soltanto «fino alla presentazione delle conclusioni di cui agli artt. 421 comma 3 e 422 comma 3» (Cfr. art. 446 comma 1, c.p.p.), e cioè non oltre la discussione delle parti nell'udienza preliminare, ovvero, qualora disposta dal giudice, al termine dell'eventuale attività di integrazione probatoria.

Questi brevi cenni ci permettono di definire lo scopo del presente lavoro, che muove dalla semplice, e forse fin troppo ovvia, constatazione che per i reati per i quali il legislatore ha previsto la celebrazione dell'udienza preliminare, la facoltà per l'imputato di accedere ai c.d. "riti alternativi", in particolare al giudizio abbreviato e al "patteggiamento", si esaurisce nel corso dell'udienza preliminare. La previsione dei modi e dei tempi processuali in relazione ai quali l'imputato è chiamato a decidere se la propria difesa debba attuarsi con tutte le garanzie riconosciute dall'ordinamento processuale penale nell'ambito di un giudizio ordinario, ovvero soffrire quelle inevitabili limitazioni al contraddittorio che derivano quando si sceglie di essere giudicati mediante un procedimento speciale, non è materia che pone dubbi in ordine alla legittimità costituzionale di un sistema che deve solo garantire alle parti la facoltà di operare scelte processuali consapevoli, in armonia col tenore letterale dell'art. 111 comma 4 Cost. che ha costituzionalizzato il modello processuale "alternativo" al giudizio ordinario mediante forme di giudizio che col consenso dell'imputato possono derogare ai fondamentali principi del contraddittorio. Ma cosa succede alla coerenza del sistema processuale se l'informazione all'imputato della facoltà di avvalersi di un sistema di giudizio "alternativo" a quello ordinario risulta insufficiente ovvero addirittura carente in relazione ai tempi entro cui è consentito l'esercizio di dette facoltà? Può dirsi comunque soddisfatta l'esigenza costituzionale di adeguatezza della difesa, soprattutto se quest'ultima non può disporre «del tempo e delle condizioni necessarie» per poter essere preparata (art. 111 comma 2 Cost.)? Questo aspetto appare largamente ignorato dal legislatore nell'art. 419 comma 1 c.p.p., che non prevede alcuna informazione all'imputato citato a comparire per l'udienza preliminare, che gli consenta di apprendere che in questa fase si esaurisce la facoltà ad esso riconosciuta di richiedere la definizione del giudizio mediante un procedimento diverso (con tutte le implicazioni sulla durata di esso e sulla eventuale pena irrogabile) rispetto a quello ordinario.

Proprio questo aspetto rappresenta, a nostro modo di vedere, un vistoso vulnus al principio costituzionale del diritto di difesa ampiamente inteso. Nel prosieguo del presente lavoro cercheremo di illustrare le evidenti anomalie sistematiche derivanti dall'omissione informativa denunciata che non appare vieppiù giustificabile anche alla luce di tutte le recenti riforme, anche costituzionali, tese ad accentuare il profilo informativo in relazione ai diritti spettanti all'imputato ed ai tempi e modi di esercitarli correttamente (ad es. pensiamo, tra i tanti, agli artt. 375, 4l5 bis, 552, 555 comma 2 c.p.p.).

L'art. 419 comma 1 c.p.p. e le relazioni-implicazioni con l'abrogato art. 555, lett. e) c.p.p. e la sentenza della Corte cost. 497/95. - Nel sistema processuale vigente, è consentito chiedere il rito abbreviato, nei procedimenti penali per i quali è preveduto lo svolgimento dell'udienza preliminare e per quelli, invece, istruiti mediante l'emissione del decreto di citazione diretta a giudizio da parte del P.M., rispettivamente fino a che non siano formulate le conclusioni a norma degli artt. 421 e 422 (ai sensi dell'art. 438, comma 2, c.p.p.), e prima della dichiarazione di apertura del dibattimento (ai sensi dell'art. 555, comma 2, c.p.p.).

Per quanto attiene, altresì, alle modalità attraverso le quali l'imputato è reso edotto della facoltà di chiedere il giudizio abbreviato, l'art. 419, comma 1, c.p.p., in relazione alle ipotesi in cui è previsto il "filtro" dell'udienza preliminare, statuisce laconicamente che: «Il giudice fa notificare all'imputato l'avviso del giorno, dell'ora e del luogo dell'udienza ...»; mentre, nei casi di decreto di citazione diretta a giudizio, il nuovo art. 552, comma 1, così stabilisce: «Il decreto di citazione a giudizio contiene ... f) l'avviso che, qualora ne ricorrano i presupposti, l'imputato, prima della dichiarazione di apertura del dibattimento di primo grado, può presentare le richieste previste dall'art. 438 c.p.p.» (recte: di giudizio abbreviato).

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Se, in relazione alle richiamate fattispecie, tale risulta essere l'attuale panorama normativo, è sufficiente una semplice comparazione tra le due disposizioni testé menzionate perché dal loro confronto emerga, ictu oculi, una sensibile quanto patente difformità riguardante la mancata previsione, nell'avviso di cui...

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