Tematiche in materia di dichiarazioni rese da indiziati di reato innanzi alla autorità di polizia giudiziaria

AutoreMariolina Panasiti
Pagine595-601

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La presente riflessione trae spunto dalla necessità di delimitare l'ambito di operatività ed i limiti di utilizzabilità delle dichiarazioni rese da persona già indiziata di reato innanzi alla Autorità di P.G., in una fase che spesso precede oltre che l'esercizio della azione penale, anche l'intervento dello stesso P.M., e comunque che si svolge unicamente - spesso di iniziativa, ex art. 348 comma 3 c.p.p. nel testo novellato - innanzi alla Autorità di Polizia.

Fin da ora può essere anticipato che l'utilizzabilità delle dichiarazioni stesse è diversa in relazione alla fase del procedimento e, con riguardo al giudizio, all'organo innanzi a cui questo si svolge.

Il sistema è delineato dall'art. 350 c.p.p., con disposizione che, per l'importanza che la tematica è suscettibile di rivestire a seconda dei casi, può dirsi fin troppo velocemente dettata dal legislatore, il quale, è a dirsi, pur negli svariati interventi operati sul codice di rito, non è tornato pressoché mai sulla disposizione stessa, fatta eccezione dell'intervento sul comma settimo avutosi con la L. 7 agosto 1992, n. 356 direttamente correlato alla pronunzia interpretativa della Corte Costituzionale n. 259 del 1991.

La norma prevede tre distinti generi di dichiarazioni rese da persona nei cui confronti vengono svolte indagini.

  1. Dichiarazioni (tecnicamente sommarie informazioni) rese da persone indiziate che non si trovino in stato di fermo o di arresto ed acquisite con il meccanismo delle sommarie informazioni utili per le investigazioni (ipotesi di cui al comma 1 disp. rich.);

  2. dichiarazioni (tecnicamente notizie ed indicazioni) assunte sul luogo o nella immediatezza del fatto rese da persona nei cui confronti vengono svolte indagini anche se sottoposta a fermo o arresto utili ai fini della immediata prosecuzione delle indagini (ipotesi di cui al comma 5 stessa disposizione);

  3. dichiarazioni spontanee rese da persona nei cui confronti vengono svolte indagini, indipendentemente dallo stato personale (se libero o sottoposto a privazione della libertà personale) del dichiarante (ipotesi di cui al comma 7 dell'art. 350 c.p.p.).

La disciplina dettata dal codice a regolamentazione delle tre distinte ipotesi è diversa ed autonoma per ciascuna; altrettanto diverse sono le tematiche ad ognuna di esse connesse.

Prima ipotesi:

Trattasi di dichiarazioni in tutto assistite da garanzie difensive, in linea con il principio ispiratore del codice e delle novelle legislative susseguitesi, essendo prevista la necessità del previo avviso al difensore di fiducia - la cui nomina è prescritto venga raccolta - ovvero al difensore di ufficio - tempestivamente nominato ai sensi dell'art. 97 c.p.p. - e la necessaria presenza del difensore, il quale ha l'obbligo di presenziare.

Non risulta comminata nel testo della norma alcuna sanzione (inutilizzabilità o nullità) per il caso di inosservanza delle prescrizioni di cui innanzi, ma riguardando queste l'intervento e l'assistenza dell'imputato (nel prosieguo del procedimento, qualora l'indiziato assuma tale veste) è da ritenersi ricada la violazione delle prescrizioni di cui innanzi sotto la comminatoria di carattere generale di cui all'art. 178 lett. C) c.p.p. In ogni caso soccorre la disciplina generale in tema di inutilizzabilità in base al combinato disposto di cui agli artt. 191 e 63 comma 2 c.p.p., con conseguente radicale inutilizzabilità delle dichiarazioni stesse.

Quanto alla natura dell'atto, la qualifica che ne ha dato il legislatore è quella di «sommarie informazioni utili per le investigazioni rese dalla persona nei cui confronti vengono svolte indagini». L'atto si differenzia - pertanto - dall'interrogatorio, sebbene venga specificato che lo stesso debba svolgersi con le modalità (non anche con le forme, si vedrà in seguito la consistenza della specificazione) previste dall'art. 64 c.p.p. dettate in via generale per l'interrogatorio. La differenza non ha riguardo soltanto al dato formale della indicazione nominativa scelta dal legislatore (sommarie informazioni rispetto ad interrogatorio), ma anche alla essenza dell'atto, che ridonda - come si vedrà - sulla futura utilizzazione dello stesso espressamente disciplinata, che ne palesa una natura intimamente diversa rispetto all'interrogatorio.

Ed invero, nel senso della diversità ontologica dell'atto di cui all'art. 350 comma 1 c.p.p. rispetto all'interrogatorio soccorrono una indicazione letterale, desumibile dal medesimo articolo, nonché una ulteriore sistematica, desumibile dalla disciplina dettata in riferimento alla utilizzazione «in giudizio» dell'atto stesso.

Con riferimento al primo degli indicatori di cui innanzi si è già visto come l'atto è qualificato - e con ciò stesso finalizzato implicitamente - dal legislatore come «informazioni utili per le investigazioni». Allo stesso, in particolare, è estranea alcuna funzione c.d. di garanzia dell'indagato, funzione che invece è strettamente connessa all'interrogatorio. E ad avvalorare tale interpretazione soccorre l'ulteriore dato conseguente al divieto di procedere per la P.G. a sommarie informazioni da parte di persona sottoposta a fermo o arresto. In altri termini le sommarie informazioni utili per la prosecuzione delle indagini vanno viste, e in tal senso sono state disciplinate dal legislatore, solo quale strumento utile o necessario per la acquisizione di ulteriori fonti di prova (ad esempio con riferimento alla individuazione di correi, al reperimento del materiale oggetto del reato, ovvero di cose utili ai fini della prova del reato stesso), tanto che si preclude la possibilità del ricorso allo strumento stesso nel caso di persona sottoposta a fermo o ad arresto. In definitiva, come è palesato dalla dizione formale «sommarie informazioni», trattasi di atto che in realtà è ritagliato sul modello delle sommarie informazioni rese da persone informate sui fatti di cui all'art. 351 c.p.p., da cui si differenzia unicamente per le necessarie garanzie da cui deve essere assistito, connesse alla qualità di persona nei cui confronti vengono svolte indagini di chi lo rende. Tanto che il legislatore ne ha precluso la possibilità di realizzazione nei Page 596 confronti di persona privata della libertà personale, per lo sfavore con cui è vista una indicazione «utile per le investigazioni» resa da persona in vinculis e per la necessaria prudenza che deve connotare la assunzione di elementi utili allo svolgimento delle indagini rese da persona privata della libertà personale.

Che l'atto ha natura diversa rispetto all'interrogatorio lo si desume - come sopra accennato - anche dalla interpretazione sistematica condotta con riferimento alle norme di cui agli artt. 503 comma 3 c.p.p. e 513 comma 1 c.p.p.

In particolare, l'art. 503 c.p.p., dettato in tema di esame dibattimentale delle parti private, al comma 3 prevede la possibilità che - fermi i divieti di lettura - il P.M. ed i difensori, per contestare in tutto o in parte il contenuto della deposizione resa dalle parti private, e, tra queste, l'imputato, possono avvalersi delle dichiarazioni rese precedentemente dalla parte esaminata e contenute nel fascicolo del P.M. Ed il fascicolo del P.M. conterrà certamente anche le sommarie dichiarazioni rese alla P.G. dalla persona indiziata di reato ai sensi dell'art. 350 comma 1 c.p.p., dichiarazioni che vanno documentate ai sensi dell'espresso disposto di cui all'art. 357 comma 2 lett. B) c.p.p. Le dichiarazioni lette per la contestazione possono essere valutate ai fini della credibilità della parte (combinato disposto di cui agli artt. 503 comma 3 e 500 comma 2 c.p.p.).

Per converso il disposto di cui all'art. 513 c.p.p. in tema di lettura delle dichiarazioni rese dall'imputato contumace, assente ovvero che rifiuta di sottoporsi all'esame, prevede la possibilità - a richiesta di parte - della lettura dei verbali delle dichiarazioni rese dall'imputato al P.M. o alla Polizia Giudiziaria su delega del P.M. o al giudice nel corso delle indagini preliminari ovvero dell'udienza preliminare e non anche delle dichiarazioni assunte dalla P.G. di iniziativa, come nella specie sono le sommarie informazioni utili per le investigazioni di cui all'art. 350 comma 1 c.p.p.

A ciò consegue ulteriormente che le informazioni assunte dalla Autorità di P.G. da parte di persona indiziata non possono confluire nel materiale probatorio in sede di giudizio con il meccanismo delle letture di cui all'art. 513 comma 1 c.p.p. non soltanto qualora rese prima dell'intervento del P.M., ma anche qualora assunte successivamente ad esso, come è reso possibile dalla riforma legislativa dell'art. 348 c.p.p. recentemente intervenuta, ma essere unicamente utilizzate per le contestazioni.

Valenza in tutto diversa hanno le sommarie informazioni acquisite ex art. 350 comma 1 c.p.p. nel caso di definizione anticipata del procedimento conseguente alla scelta di giudizio abbreviato: in particolare la disposizione di cui all'art. 442 comma 1 bis c.p.p. espressamente prevede che ai fini della deliberazione il giudice utilizza gli atti contenuti nel fascicolo di cui all'art. 416 comma 2 e la documentazione di cui all'art. 419 comma 3 c.p.p., tra i quali atti vi è anche - per la espressa dizione di «documentazione relativa alle indagini espletate» contenuta nell'art. 416 comma 2 c.p.p. - anche la documentazione - doverosa ex art. 357 comma 2 lett. B) c.p.p. - relativa alle sommarie informazioni rese da persona nei cui confronti vengono svolte indagini, con conseguente piena utilizzabilità a fini decisori delle dichiarazioni stesse nell'ambito del giudizio abbreviato.

Seconda ipotesi:

Trattasi di previsione assai poco disciplinata e delineata dal legislatore che, pertanto, apre rilevanti tematiche applicative.

Innanzi tutto essa è rivolta alla persona nei cui confronti vengono svolte indagini anche se sottoposta a fermo o ad arresto.

Una prima tematica interpretativa - di agevole...

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