Sulla vendita in blocco del bene locato

AutoreMaurizio De Tilla
Pagine816-820

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La Corte di cassazione nello stabilire il principio di cui alla massima, ha precisato che nel caso di vendita in blocco dell'intero edificio del quale faccia parte l'immobile locato, non è possibile procedere alla separazione delle singole unità né sul piano fisico né su quello giuridico, sicché al conduttore di una di tali unità non spetta la prelazione né sulla unità stessa, che non è separabile del tutto, né sull'intero edificio, che è un bene diverso da quello locato.

Il problema esaminato dalla Corte Suprema ha avuto oscillanti orientamenti giurisprudenziali per poi fissarsi in principi piuttosto consolidati.

La disputa era la seguente:

I sostenitori della sussistenza del diritto alla prelazione facevano leva sui seguenti argomenti:

1) la finalità generale contenuta nella legge di rafforzare, per l'impresa, la possibilità di utilizzazione del bene attribuendo al titolare anche la proprietà dell'elemento aziendale costituito dall'immobile;

2) la volontà espressa dal proprietario, con le distinte locazioni, di «individualizzare» le singole unità immobiliari attribuendo ad esse un'autonoma destinazione economica rispetto all'intero edificio;

3) la sovrapposizione, fissata inderogabilmente dalla legge n. 392/78, della prelazione al libero potere del proprietario;

4) l'esigenza di non privilegiare ingiustamente i titolari di vaste proprietà immobiliari;

5) l'estensione del principio applicato in sede di prelazione agraria di riconoscimento del diritto di riscatto al coltivatore diretto quando il fondo coltivato sia alienato insieme ad un complesso immobiliare più ampio.

La tesi contraria alla prelazione faceva invece leva su argomenti diametralmente opposti che poi sono stati «in blocco» recepiti dalla giurisprudenza:

1) il rilievo che la prelazione non può comportare variazioni alle condizioni stabilite dal proprietario;

2) l'argomento che la vendita di tutto il complesso è preferita quando corrisponde ad un concreto interesse economico del proprietario;

3) l'aspetto di convenienza personale che una certa parte dell'immobile può non essere agevolmente vendibile isolatamente ed acquistare, invece, altro valore commerciale se venduta unitamente all'intero edificio; Page 817

4) la profonda differenza tra la prelazione agraria e quella disciplinata dalla legge n. 392/78;

5) l'aspetto, definito di tecnica interpretativa, che tra i due pericoli, della frustrazione del diritto di prelazione del conduttore e della frustrazione della facoltà del proprietario di scegliere liberamente le condizioni di vendita, va considerato il secondo, posto che la proprietà è un diritto riconosciuto dalla legislazione comune, mentre la prelazione appare fondata su una normale speciale.

Sono questi alcuni aspetti del confronto sulla questione dibattuta che la Corte di cassazione, con ripetute decisioni, ha risolto stabilendo che, nel caso di vendita in blocco di intero edificio del quale fanno parte immobili locati ad uso diverso dall'abitazione, i conduttori di questi non hanno il diritto di prelazione e di riscatto previsto dagli artt. 38 e 39 della legge n. 392/78, né sull'unità immobiliare oggetto del rispettivo rapporto locatizio né sull'intero complesso immobiliare, costituendo questo un bene diverso dalle singole unità che lo compongono, sia strutturalmente, sia dal punto di vista giuridico e amministrativo, sia sotto il profilo economico.

Il presupposto perché sorga il diritto di prelazione e possa, conseguentemente, attuarsi il meccanismo giuridico di stipulazione del contratto, è che si tratti del medesimo bene oggetto della vendita progettata dall'alienante, dello stesso prezzo da lui preteso o pattuito col terzo e, in genere, delle identiche condizioni negoziali.

Questo è il dato fondamentale per la risoluzione del quesito. È infatti innegabile che l'edificio nel suo complesso - costituito da una quantità multiforme e organizzata di materiali, di impianti e di servizi - si presenti, nella sua struttura architettonica, come un'entità autonoma con certe forme, dimensioni e volumetrie che le imprimono caratteristiche specifiche, proprie di una ben determinata e concreta unità. La normativa giuridica - contenuta nel codice civile e nelle leggi speciali - ha sottoposto gli edifici ad una disciplina che li considera come cose distinte ed unitarie ancorché costituite da entità immobiliari eterogenee, fra loro coordinate, e perciò formanti beni giuridicamente e amministrativamente diversi. È, quindi, di immediata evidenza la profonda difformità fra il valore economico dell'intero stabile e la somma dei valori delle singole entità immobiliari che in esso sono comprese, non solo per il diverso apprezzamento dell'intero stabile rispetto alle sue componenti rappresentate da alloggi, negozi, scantinati, autorimesse, ecc., ma anche per il valore venale del suolo edificatorio su cui lo stabile inerisce, che può talvolta eccedere, nella valutazione di mercato, il valore commerciale di tutte le entità immobiliari sovrastanti.

La più recente giurisprudenza ha così deciso: a) Cass. 17 marzo 1993 n. 3174, Vita not. 1993, 1410, Rass. equo canone 1993, 290, ha affermato che è manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale degli artt. 38 e 39 L. 27 luglio 1978 n. 392 dedotta, in relazione all'art. 3 Cost., per la disparità tra il trattamento previsto in tema di prelazione e riscatto, per i conduttori di unità immobiliari adibite per l'esercizio di attività commerciali o artigiane, comprese in un edificio e vendute in blocco con le altre unità del medesimo edificio, ed il trattamento previsto per i conduttori coltivatori diretti di fondi rustici compresi in un maggior fondo venduto in blocco (art. 7 L. 14 agosto 1971 n. 817), perché la diversità e non comparabilità delle situazioni considerate dal legislatore, nel settore della imprenditorialità agraria e din quello delle...

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