Sulla transazione del debitore in solido

AutoreEnrico del Prato
Pagine53-64

Relazione tenuta al IV Congresso nazionale di aggiornamento professionale organizzato dal Consiglio Nazionale Forense - Scuola Superiore dell'avvocatura a roma il 20 marzo 2009.

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@1. Il problema

Il debitore in solido può profittare della transazione stipulata dal creditore con altro condebitore. Lo prevede l'art. 1304, 1º comma, c.c., che gli consente di "appropriarsi" del contratto stipulato tra altri: tale regime si fonda sul legame consistente nella solidarietà debitoria.

Spesso le transazioni contengono una clausola di riserva del credito verso gli altri debitori in solido, nel senso che le parti limitano l'oggetto del contratto alla posizione del condebitore transigente fermi restando i diritti e i crediti nei confronti degli altri obbligati in solido; talvolta si prevede la trasformazione dell'obbligazione solidale in obbligazione parziaria.

Da qui l'interrogativo se tali clausole possano menomare la facoltà prevista dall'art. 1304, 1º comma, c.c. rendendo inutile la correlativa dichiarazione: se cioè rilevi l'intento dei transigenti di impedire al condebitore solidale di approfittare del componimento transattivo ai sensi dell'art. 1304 c.c.

La questione, che ha notevole importanza pratica, si caratterizza per la disomogeneità delle prospettive da cui è stata affrontata anche nelle decisioni di legittimità e per la disarmonicità, quanto meno apparente, di alcune conclusioni.

L'autonomia dei transigenti li autorizza, prima dell'eventuale adesione del terzo condebitore in solido, a sciogliere o a modificare la transazione, ma è dubbio che possa spingersi sino a sopprimere il diritto potestativo accordato dall'art. 1304, 1º comma, c.c. Questo, perciò, è il problema da affrontare.

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@2. Impostazione: portata dell'art. 1304 c.c.

Un primo approccio al problema passa per l'interrogativo dell'inderogabilità dell'art. 1304 c.c. e perviene, negandola, alla soluzione secondo cui la prerogativa accordata al condebitore solidale dall'art. 1304 c.c. può essere eliminata dai transigenti, e, sostanzialmente, dal creditore. Conclusione, questa, quanto meno discutibile anzitutto per come il problema è impostato.

Esso, infatti, non è da affrontare esclusivamente nella semplicistica prospettiva della derogabilità della norma, quanto, piuttosto, nell'ottica di individuarne l'ambito applicativo in relazione al tipo di efficacia della transazione ed al titolo delle obbligazioni dei diversi condebitori in solido.

Ciò consentirà, da un lato, di comprendere che impostare il problema sul piano della derogabilità è fuorviante perché qui non è questione di derogare una norma di legge inter partes (cfr. gli artt. 1321, 1322 e 1372 c.c.), quanto, piuttosto, di incidere negativamente sulla sfera giuridica degli altri condebitori in solido (cioè di terzi rispetto alla transazione), con un intendimento che si infrange contro l'impedimento dato dall'art. 1372 c.c., secondo cui il contratto, mentre ha forza di legge tra le parti (1º comma), "non produce effetto rispetto ai terzi che nei casi previsti dalla legge" (2º comma). Nel caso dell'art. 1304 c.c., come meglio vedremo più innanzi, il solo effetto che la transazione può avere nei confronti del condebitore solidale è la facoltà di profittarne, accordatagli dalla legge.

Da altro lato, consentirà di comprendere la portata di quella giurisprudenza secondo cui l'art. 1304 c.c. non opera per tutte le transazioni, la quale non è riconducibile al problema della derogabilità dell'art. 1304 c.c.

Con questa premessa possiamo affrontare la questione cercando di riproporre le conclusioni della giurisprudenza e della dottrina.

@3. Per la "derogabilità" dell'art. 1304 c.c.

Nella prospettiva della derogabilità dell'art. 1304 c.c. si pone Cass. 19 aprile 1991 n. 4257.

Questa decisione, che si può considerare l'espressione dell'orientamento più liberale, riprendendo testualmente un passo della motivazione, è così massimata: "il principio che deriva dalla disposizione di cui all'art. 1304, primo comma, cod. civ., secondo il quale la transazione, fatta dal creditore con uno dei debitori in solido, giova agli altri che dichiarano di volerne profittare, opera solo in mancanza di diversa e contraria manifestazione di volontà del creditore, contenuta nella transazione stessa, ovvero in una clausola aggiunta ad essa, atteso che, come i condebitori possono, omettendo la dichiarazione suddetta, escludere l'efficacia della transazione per se Page 55 stessi, così che il creditore può, in virtù del principio della autonomia negoziale, impedire che l'efficacia stessa sia a loro estesa. Pertanto nella transazione tra il creditore ed uno o più dei condebitori sociali è perfettamente legittimo che sia inserita una clausola che escluda la possibilità per gli altri condebitori, che non hanno partecipato alla transazione, di profittare della stessa"1.

Già la massima - che, in effetti, rispecchia la ratio decidendi - di Cass. 4257/91 suscita perplessità. La ragione della "derogabilità" della disposizione in esame è ricavata da due assiomi di dubbio fondamento.

Il primo è la simmetria tra facoltà del condebitore in solido di profittare della transazione e facoltà dei transigenti di precludere questa facoltà. Tuttavia, di tale anomalo bilanciamento non è traccia nella norma né nel sistema, dal quale, piuttosto, si ricavano segni in senso contrario: se, infatti, come è pacifico, quello accordato dall'art. 1304 c.c. al condebitore in solido è un diritto potestativo di fonte legale (così, testualmente, Cass. 29 gennaio 1998 n. 884; Cass. 23 febbraio 2005 n. 3747), l'esigenza di costruire una facoltà simmetrica del creditore-transigente non solo non è avvertita, ma, soprattutto, appare errata, perché si risolverebbe nell'inibire la nascita del diritto stesso ad onta del principio che i diritti potestativi non possono essere menomati da chi è destinato a soggiacervi.

Questo assioma poggia su un altro, più generale, assioma: che l'accennata simmetria esprima il "principio della autonomia negoziale" (art. 1322 c.c.), da cui la menzionata sentenza n. 4257/91 ricava la regola che "è consentito alle parti di stabilire liberamente il contenuto del negozio, anche eventualmente alterandone gli effetti tipici".

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Tuttavia una riflessione sulla portata del principio non avrebbe potuto che confermare l'inettitudine della clausola con cui si intende impedire la nascita del diritto potestativo del terzo condebitore in solido non transigente a produrre qualche effetto nei confronti dello stesso. L'autonomia privata, infatti, consente alle parti di dettare le regole per sé, senza alcuna diretta incidenza sulla sfera giuridica di terzi (art. 1372 c.c.), salvi i casi previsti dalla legge, i quali si riducono ai soli fenomeni attributivi (cfr. l'art. 1411 c.c.).

In altri termini, se autonomia significa potere di autoregolare i propri rapporti, é evidente che è ad essa estranea la facoltà di regolare, e tanto più di menomare, i diritti altrui. Ciò a maggior ragione quando si tratti di diritti aventi una fonte legale, qual è quello di cui si dibatte. Del resto, Cass. 23 giugno 1982 n. 3827 - richiamata da Cass. 4257/91 a proposito dell'autonomia contrattuale - non ha nulla a che vedere con la presunta facoltà dei contraenti di menomare diritti di terzi estranei al contratto, ma si limita ad affermare che, inter partes, "l'autonomia contrattuale può esprimersi non soltanto con ipotesi innominate di contratti ma anche orientando in contenuti atipici gli effetti di negozi tipici, singolarmente presi ovvero combinandoli".

Del resto, in dottrina non si riscontrano voci volte ad affermare il potere dei transigenti (ed, in definitiva, del creditore) di precludere agli altri coobbligati in solido l'esercizio del diritto potestativo loro accordato dall'art. 1304 c.c.

La dottrina quasi totalitaria è nel senso della nullità e comunque della inefficacia della clausola con cui i transigenti intendono escludere la facoltà del condebitori in solido di profittarne. Tuttavia, siccome si registra una voce autorevole che, sia pure in una breve nota a sentenza, pare propendere per qualche apertura2, è doveroso darne conto, pur sottolineando che l'opinione dottrinale che ci accingiamo a considerare, ha veicolato la facoltà dei transigenti -...

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