Sulla partecipazione dei condòmini all'assemblea per deliberare la ristrutturazione dell'ascensore

AutoreRenato Del Chicca
Pagine639-640
639
giur
Arch. loc. e cond. 6/2015
LEGITTIMITÀ
SULLA PARTECIPAZIONE
DEI CONDÒMINI ALL’ASSEMBLEA
PER DELIBERARE
LA RISTRUTTURAZIONE
DELL’ASCENSORE
di Renato Del Chicca
La pronuncia ha esaminato le doglianze espresse dai
ricorrenti aventi ad oggetto, sotto prof‌ili diversi, la que-
stione della partecipazione di tutti i condòmini all’assem-
blea convocata per la deliberazione in ordine all’inter-
vento di ristrutturazione dell’ascensore condominiale e
a quella collegata della ripartizione delle spese relative
all’impianto.
Si fa proprio nella pronuncia l’assunto della sentenza
della Corte n. 5975 del 2004, che viene riferito, secondo
cui "la disciplina contenuta negli artt. 1123-1125 c.c., sul
riparto delle spese inerenti ai beni comuni, è suscettibile
di deroga con atto negoziale, e, quindi, anche con il rego-
lamento condominiale che abbia natura contrattuale; "ed
anche che" ... con riguardo alla ripartizione delle spese per
la manutenzione, ricostruzione e installazione dell’ascen-
sore deve ritenersi legittima non solo una convenzione che
ripartisca tali spese tra i condomini in misura diversa da
quella legale ma anche quella che preveda l’esenzione to-
tale o parziale per taluno dei condomini dall’obbligazione
di partecipare alle spese medesime. In quest’ultima ipote-
si ... si ha il superamento della presunzione di comproprie-
tà su quella parte del fabbricato."
L’oggetto della sentenza in esame si collega evidente-
mente con il controverso istituto del condominio parziale.
Per trattare l’argomento è necessario rifarsi all’esame
della sentenza a Sezioni Unite della Cassazione n. 7449 del
7 luglio 1993, lontana nel tempo, mai contraddetta aperta-
mente da altre successive pronunce.
Il ricorso, oggetto della sentenza, era stato assegnato
all’esame delle Sezioni Unite sul presupposto che si fosse
formato un contrasto tra le sentenze della Corte di Cassa-
zione nell’interpretazione dell’art. 1117 del codice civile,
perché la comunione del bene mentre per alcune di esse
sarebbe esclusa dalla sua destinazione all’uso e al godi-
mento di una sola parte dell’immobile, per altre dovrebbe
risultare sempre da un atto scritto.
Riporto diversi brani della pronuncia che sembrano
precisi e condivisibili anche se non tenuti in considerazio-
ne da diverse successive sentenze delle sezioni semplici
della Corte di Cassazione, come apparirà evidente da una
semplice lettura.
“La norma dell’art. 1117 del codice civile stabilendo
che: «Sono oggetto di proprietà comune dei proprietari
dei diversi piani o porzioni di piani di un edif‌icio, se il
contrario non risulta dal titolo», le cose in essa elencate
nei nn. 1, 2 e 3, non ha sancito una presunzione legale
di comunione delle stesse, come erroneamente si è affer-
mato in alcune sentenze di questa Corte, ma ha dispo-
sto che detti beni sono comuni a meno che non risultino
di proprietà esclusiva in base a un titolo che può essere
costituito o dal regolamento contrattuale o dal comples-
so degli atti di acquisto delle singole unità immobiliari
o anche dall’usucapione. E che la norma non abbia pre-
visto una presunzione risulta non solo dalla sua chiara
lettera che ad essa non accenna affatto, ma anche dalla
considerazione che nel codice si parla esplicitamente di
presunzione ogni qual volta con riguardo ad altre situa-
zioni si è voluto richiamare questo mezzo probatorio (v.
art. 880, 881 e 899 cod. civ.). D’altra parte, se con la di-
stinzione dell’art.1117 si fosse effettivamente prevista la
presunzione di comunione, si sarebbe ammessa la prova
della proprietà esclusiva con l’uso di qualsiasi mezzo e
non soltanto con il titolo".
È di tutta evidenza la constatazione che la puntuale
affermazione soprariportata letteralmente sia stata disat-
tesa o ignorata da tutte le successive sentenze di merito
o di legittimità nelle quali si sia scritto di "presunzione di
comproprietà".
Prosegue la sentenza: «Tuttavia, con le pronunce di
questa Corte nelle quali è stato richiamato il concetto di
presunzione, non si è inteso affermare che la prova della
proprietà esclusiva delle cose comuni di cui all’art. 1117
cod. civ. possa essere fornita con ogni mezzo e non con
il solo titolo cui la norma espressamente si riferisce, ma
si sono volute escludere dallo stesso complesso delle
cose comuni quelle parti che per le loro caratteristiche
strutturali risultino destinate oggettivamente al servizio
esclusivo di una o più unità immobiliari di un determinato
edif‌icio".
In altri termini "la destinazione particolare esclude
già all’origine che il bene rientri nella categoria delle
cose comuni, e che od esso possa quindi riferirsi la norma
dell’art. 1117 del codice civile. Come esempio chiarif‌ica-
tore può considerarsi l’ipotesi di una scala che serva per
accedere a un solo appartamento dell’edif‌icio condomi-
niale. Non può dubitarsi che essa sia di proprietà esclu-
siva del titolare di questa unità immobiliare, ma non per-
ché la sua destinazione particolare superi la presunzione
legale di comunione bensì in quanto in tale caso la scala
per le sue caratteristiche strutturali non rientra proprio
nell’ambito delle cose comuni di cui all’art. 1117 del co-
dice civile".
Sulla base dei principi soprariportati non sembra con-
divisibile la pronuncia già ricordata n. 5975/2004 laddove
a riguardo delle spese per la manutenzione dell’ascenso-
re richiede per la esenzione dalle stesse di un condòmi-

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