Spunti essenziali in tema di appello nelle controversie locatizie

AutoreAldo Carrato
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Con la sentenza n. 8947 del 2006 la giurisprudenza di legittimità riconferma il suo orientamento secondo cui, in tema di appello nelle controversie soggette al rito del lavoro (sul quale è conformato - ai sensi dell'art. 447 bis c.p.c. - anche il processo locatizio), l'art. 434, secondo comma, del codice di rito civile,nel fissare il termine di trenta giorni dalla notificazione della sentenza di primo grado per il deposito in cancelleria del ricorso introduttivo del giudizio di secondo grado, è applicabile anche nell'ipotesi in cui l'appellante irritualmente adotti la forma della citazione, a condizione che tale atto sia depositato nella cancelleria del giudice dell'impugnazione nel suddetto termine 1.

Sulla scorta del riferito principio, quindi, deriva che qualora l'appello in discorso venga formulato nella forma della citazione, intanto potrà ritenersi idoneo ad instaurare la relativa controversia se la citazione stessa sarà stata depositata nel predetto termine perentorio in cancelleria con la relativa iscrizione a ruolo.

Invero quando l'impugnazione in discorso risulta avanzata con citazione è da ritenersi che essa possa valere come ricorso - per il principio di conservazione degli atti processuali (imperfetti) - solo nel momento in cui, attraverso il deposito (tempestivo) in cancelleria, abbia raggiunto lo scopo proprio di quell'atto, in quanto non può riconoscersi alcun valore alla notificazione della citazione eseguita anteriormente al deposito, concernendo, infatti, un'impugnazione ancora non venuta ad esistenza. Alla stregua di questo inquadramento di fondo deriva che, qualora la citazione sia depositata in cancelleria dopo la scadenza del termine contemplato dal richiamato art. 434, comma secondo, c.p.c., l'appello deve essere dichiarato inammissibile, non vertendosi in tema di questione di mero rito.

Sul punto, perciò, va osservato che si deve escludere qualsiasi efficacia sanante ad ogni attività realizzata dalla controparte, in considerazione dell'inestensibilità del disposto di cui all'art. 156, comma terzo, c.p.c. alle nullità derivanti dalla violazione di termini perentori, caratteristica da riconoscersi al ricordato termine sancito dall'art. 434 c.p.c., conseguendo alla sua inosservanza l'inammissibilità dell'impugnazione. Trattandosi di violazione di termine decadenziale, il vizio in questione, è rilevabile d'ufficio in ogni stato e grado del processo ed è appunto insanabile, a nulla rilevando - oltre all'eventuale attività di controparte - il provvedimento del giudice che abbia disposto la conversione del rito da ordinario in speciale.

Ciò chiarito, appare opportuna l'illustrazione delle principali caratteristiche che connotano l'appello relativo alle controversie locatizie.

L'appello - in dipendenza dell'avvento della riforma istitutiva del giudice unico di primo grado (identificantesi con il tribunale, di regola in composizione monocratica, competente in materia di locazioni) di cui al D.L.vo n. 51/98 - si propone ordinariamente con ricorso 2 da depositarsi - come già evidenziato - entro trenta giorni dalla notificazione della sentenza che si intende gravare (ovvero quaranta, nel caso in cui la notifica abbia dovuto effettuarsi all'estero) 3 dinanzi alla corte di appello, nel cui distretto trovasi il giudice di primo grado, la quale procede all'intera trattazione (in uno all'eventuale istruzione) e alla conseguente decisione, nel contesto dell'udienza di discussione in composizione collegiale, previa nomina del giudice incaricato di provvedere alla relazione (art. 437 c.p.c.).

L'atto introduttivo dell'impugnazione in questione (che, in relazione alla specialità del rito che connota la materia delle locazioni, ritenuta omologa quoad processum alle controversie di lavoro, riveste, per l'appunto, la forma del ricorso) deve contenere gli elementi tipici (prescritti dall'art. 414 c.p.c.) di quello in base al quale si incardina il giudizio di prima istanza, con la necessaria aggiunta dell'esposizione sommaria dei fatti e dell'illustrazione dei ´motivi specifici dell'impugnazioneª 4 (art. 434 c.p.c.).

Nell'eventualità in cui sia preannunciata od intrapresa l'esecuzione sulla scorta del solo dispositivo di condanna, l'appello - finalizzato ad ottenere l'immediata sospensione dell'esecutività o dell'esecuzione del predetto titolo con ordinanza non impugnabile da parte dello stesso giudice di appello (come già evidenziato, in relazione al disposto dell'ultimo comma dell'art. 447 bis) - può essere proposto con riserva dei motivi, i quali dovranno essere presentati nel riferito termine ordinario di trenta giorni dalla notificazione della sentenza 5.

La prevalente dottrina 6 ritiene che, nell'ipotesi in cui si prospettino vizi che incidono sul ricorso in appello, la nuova disciplina prevista nell'art. 164 c.p.c. comporta che i vizi riguardanti la vocatio in ius siano sanabili anche nel caso in cui sia decorso il termine per l'appello, operando i relativi effetti ex tunc, mentre tale possibilità non è configurabile con riferimento ai vizi che coinvolgono l'editio actionis, la cui sanatoria scatta ex nunc.

Con il deposito del ricorso si verifica anche la costituzione dell'appellante 7, il quale deve, di regola, produrre anche il proprio fascicolo relativo al giudizio di primo grado unitamente alla copia autentica della sentenza impugnata 8.

Depositato il ricorso, l'art. 435 c.p.c. contempla un meccanismo di integrazione del contraddittorio essenzialmente omologo rispetto a quello del giudizio di primo grado: invero il presidente procede, entro cinque giorni, alla fissazione - unitamente alla nomina del giudice relatore (alla stregua della collegialità dell'organo) - dell'udienza di discussione non oltre il termine di sessanta giorni 9. Quindi è previsto l'obbligo di notificazione del ricorso e del pedissequo decreto entro dieci giorni a cura dell'appellante, con l'individuazione di un intervallo di almeno venticinque giorni tra la data della notificazione e quella dell'udienza; per il caso in cui la notifica debba essere compiuta all'estero, l'udienza va fissata non oltre ottanta giorni, e il relativo intervallo deve essere di sessanta 10.

A seguito dell'intervento della sentenza additiva della Corte costituzionale n. 15 del 14 gennaio 1977 11, il deposito del decreto presidenziale deve essere comunicato all'appellante ed è da tale comunicazione Page 522 che decorre il termine per la notificazione all'appellato 12.

L'appellato deve costituirsi almeno dieci giorni prima dell'udienza di discussione fissata 13, depositando in cancelleria il proprio fascicolo 14 unitamente ad apposita memoria difensiva, nella quale deve essere ricompresa la dettagliata esposizione di tutte le sue difese 15.

Il contenuto minimo riconducibile alla memoria difensiva è quello ascrivibile ad una replica avverso i motivi di impugnazione che l'art. 434 c.p.c. impone di specificare all'appellante nel suo ricorso; le attività precluse, se non svolte tempestivamente, comprendono, oltre all'indicazione dei nuovi mezzi di prova e delle questioni nuove in punto di fatto che risultino ammissibili e all'appello incidentale, la riproposizione delle domande e delle eccezioni non accolte dalla sentenza appellata ai sensi dell'art. 346 16.

In particolare l'appello incidentale 17 - anche se autonomo (ovvero relativo a capi diversi da quelli investiti dall'appello principale e con essi non in rapporto di connessione o di dipendenza) - deve contenere i motivi specifici su cui si fonda e, una volta inseritolo nella memoria difensiva ritualmente e tempestivamente depositata, l'art. 436, comma terzo, c.p.c. impone che quest'ultima sia notificata alla controparte, a cura dell'appellato 18 almeno dieci giorni prima dell'udienza di discussione 19.

Anche l'udienza di discussione presenta le essenziali caratteristiche già evidenziate con riferimento al giudizio di primo grado, salve le eccezioni riconducibili alla struttura collegiale del giudice di appello, alla mancata previsione dell'obbligatorietà della comparizione personale delle parti e al difetto di ogni possibilità di mutamento e di precisazione delle domande.

L'inammissibilità di domande nuove 20 in appello va dichiarata d'ufficio e si prospetta irrilevante anche l'eventuale accettazione della controparte 21; la giurisprudenza 22 è, inoltre, consolidata nel ritenere che, al di là della perentorietà del testo adottato dal'art. 437 c.p.c., sono vietate le eccezioni non rilevabili d'ufficio (c.d. ´in senso strettoª), mentre non incorrono nel previsto divieto le eccezioni di rito rilevabili d'ufficio e non precluse in primo grado, le c.d. mere difese di merito (o eccezioni ´in senso latoª, corrispondenti alle semplici contestazioni dei fatti costitutivi), nonché le eccezioni di merito rilevabili d'ufficio, anche se fondate su fatti non allegati nel corso del giudizio di primo grado o, a maggior ragione, sopravvenuti nel corso del giudizio.

Il comma secondo dell'art. 437 cit. esclude l'ammissibilità di nuovi mezzi di prova, tranne che del giuramento estimatorio e di quello decisorio, salvo che il collegio, anche d'ufficio, li ritenga...

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