Le società pubbliche possono fallire: principi, regole ed eccezioni (commento a Corte di Appello Napoli, sez. I, 24 aprile 2013, n. 57)
Autore | Luigi Cesaro |
Carica | Dottore di ricerca in Istituzioni, diritto ed economia dei servizi pubblici presso l'Università degli Studi di Napoli 'L'Orientale |
Pagine | 286-307 |
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Difese e decisioni rivista di diritto privato
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Le società pubbliche possono fallire:
principi, regole ed eccezioni
(commento a Corte di Appello Napoli,
sez. I, 24 aprile 2013, n. 57)
di Luigi Cesaro1
SOMMARIO: 1. Considerazioni preliminari. – 2. I termini della questione: il regime
applicabile alle società pubbliche e la soggezione a fallimento. – 2.1. La posizione della
giurisprudenza di legittimità. – 2.2. Il dibattito sulla fallibilità delle società pubbliche:
tesi a confronto. – 3. La posizione della Corte di Appello di Napoli. – 4. Argomenti che
confermano la tesi della fallibilità delle società pubbliche. – 4.1. Criticità delle tesi fa-
vorevoli all’esenzione dal fallimento. – 4.2. La fallibilità delle società pubbliche: punto
di equilibrio tra esigenze di coerenza ordinamentale e scelte legislative. – 5. L’eccezione
alla regola generale della fallibilità delle società pubbliche. – 6. La tesi dei giudici pa-
lermitani sulla non fallibilità delle sole società in house. – 7. Riessioni conclusive:
l’esenzione dal fallimento opera solo per le società in house, sua ratio.
1. Considerazioni preliminari
La sentenza della Corte di Appello di Napoli2 aronta il controverso ma attuale
tema della fallibilità delle società a partecipazione pubblica, orendo nuovi spunti di
riessione che rinvigoriscono il già acceso dibattito dottrinale e giurisprudenziale3.
Più in particolare, la questione di fondo concerne la possibilità di estendere l’e-
senzione dalle procedure concorsuali prevista per gli enti pubblici dall’art. 1 del r.d.
16 marzo 1942, n. 267, anche alle società da detti enti partecipate.
L’esaminanda pronuncia ha dato una soluzione negativa a tale interrogativo in
quanto ha confermato il fallimento di Eav bus s.r.l. (“Eav”)4, società totalmente
partecipata dalla Regione Campania, la quale era adataria dello svolgimento e
1 Dottore di ricerca in Istituzioni, diritto ed economia dei servizi pubblici presso l’Università degli Studi di
Napoli “L’Orientale”.
2 Corte Appello Napoli, I sez. civ., 24 aprile 2013, n. 57.
3 Per un quadro dei diversi orientamenti espressi sul tema, sui quali compiutamente ci si soermerà in segui-
to, si veda L.E. Fiorani, Società pubbliche e fallimento, in Giur. comm., 2012, II, p. 532,.
4 Fallimento dichiarato dal Tribunale di Napoli con provvedimento n. 308 del 14 novembre 2012.
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della gestione dei servizi di trasporto automobilistico e autolotranviario sul territo-
rio regionale.
Ci si soermerà più diusamente in seguito sulle argomentazioni alla base di tale
decisione; tuttavia è agevole comprendere come la questione della fallibilità produca
rilevanti eetti non soltanto sul piano teorico bensì anche pratico.
Infatti, il fallimento di Eav ha prodotto notevoli conseguenze legate alla necessi-
tà di garantire la continuità del servizio pubblico di trasporto e alla dicoltà di risa-
nare il conseguente dissesto economico.
Ora, il caso concreto portato al vaglio della Corte Appello Napoli appare emble-
matico, ad avviso di chi scrive, dell’anomalia del “sistema Italia”, spesso caratterizza-
to da un abuso nel ricorso al modulo societario da parte degli enti pubblici, rivela-
tosi fonte di scompensi economici di enorme portata5.
Prima di arontare più da vicino i termini del dibattito, giova premettere che il
fenomeno delle società pubbliche costituisce, per usare un’autorevole denizione6,
una no man’s land, ossia un territorio dai conni incerti, a cavallo tra diritto privato
e diritto pubblico, in cui risulta estremamente dicile orientarsi.
Tale dicoltà è avvertita non solo dagli interpreti ma anche dal Legislatore che
ha, infatti, da sempre mostrato un atteggiamento troppo timido nei confronti delle
società partecipate dagli enti pubblici, limitandosi a dettare disposizioni frammen-
tarie e occasionali7, le quali denotano assoluta mancanza di una visione di insieme
del fenomeno.
5 A titolo meramente esemplicativo, si consideri che soltanto nel campo del trasporto pubblico locale gli
adamenti diretti a società pubbliche hanno determinato, sin dal 2010, perdite dell’ordine di mezzo miliar-
do di euro, nonché il fallimento di diverse società pubbliche a causa di bilanci totalmente dissestati, come
riportato in numerose occasioni dalla più qualicata stampa di settore, e come certicato dall’Autorità Ga-
rante della Concorrenza e del Mercato nella segnalazione al Governo e al Parlamento del 2 ottobre 2012.
L’Autorità ha segnalato che una parte davvero signicativa delle società in house operanti nei servizi pubbli-
ci locali risulta in netta perdita economica: la percentuale di tali società in perdita era pari nel 2005 al
38,69%, nel 2006 al 36,95%, nel 2007 al 37,63% (cfr. Corte dei Conti, Indagine sul fenomeno delle parte-
cipazioni in società ed altri organismi da parte di Comuni e Province, deliberazione n. 14/AUT/2010/RFG del
30 giugno 2010). Ma, quel che più conta, ha osservato l’Autorità, è che solo il 40% dei servizi di gestione
dei riuti (raccolta e trasporto) e il 51% dei servizi di trasporto pubblico locale risultano adati all’esito di
una procedura ad evidenza pubblica.
6 R. Rodorf, Le società pubbliche nel codice civile, in Le società, 4, 2005, pag. 423.
7 Si ricorda che il Legislatore dedica alle società partecipate soltanto due disposizioni del codice civile (artt.
2449 e 2450 c.c.); per il resto la disciplina è contenuta in disposizioni sparse in normative speciali. A titolo
meramente esemplicativo si possono citare il Codice dei contratti pubblici (art. 3, comma 26,d.lgs.
163/20006) che impone il rispetto della normativa sugli appalti pubblici a qualsiasi organismo, anche in
forma societaria, che risponda alla nozione di “organismo di diritto pubblico”; e l’art. 22 della L. n.
241/1990 che estende la disciplina sull’accesso agli atti ad una nozione allargata di pubblica amministrazio-
ne, inclusiva di tutti i soggetti di diritto pubblico e di diritto privato limitatamente alla loro attività di
pubblico interesse disciplinata dal diritto nazionale o comunitario.
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