Nuovo sistema risarcitorio e codice delle assicurazioni

AutoreGiuseppe Cassano
CaricaAvvocato e docente di diritto privato Università Luiss-Roma
Pagine605-620

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@Seconda parte

La norma di cui all'art. 145 del Codice delle assicurazioni detta analiticamente, per quanto in maniera non del tutto scevra da imprecisioni, le condizioni di procedibilità per l'azione di risarcimento: in particolare, quelle per l'azione di risarcimento esercitata nei confronti dell'assicurazione del danneggiante (art. 148) sono previste al primo comma, quelle relative alla procedura per indennizzo diretto (art. 149) al secondo ed ultimo comma.

In entrambi i casi l'azione diviene proponibile solo allo scadere di sessanta giorni in caso di danno alle cose, ovvero di novanta giorni in caso di danno alla persona.

Detti termini, di sessanta ovvero di novanta giorni, decorrono dalla data in cui il danneggiato abbia chiesto all'impresa di assicurazione il risarcimento del danno, a mezzo lettera raccomandata con avviso di ricevimento, anche se inviata per conoscenza, avendo osservato le modalità ed i contenuti previsti all'articolo 148.

Nelle ipotesi di indennizzo diretto, poi, il danneggiato dovrà far pervenire detta raccomandata - ed è questo uno degli elementi di novità del Codice - alla propria assicurazione inviandola per conoscenza all'impresa di assicurazione dell'altro veicolo coinvolto (avendo osservato le modalità ed i contenuti previsti dagli articoli 149 e 150).

Il più immediato referente normativo antecedente alla riforma è dato dall'art. 22 della legge n. 990/1969 che dettava, come noto, le condizioni di proponibilità dell'azione per il risarcimento dei danni causati dalla circolazione dei veicoli o dei natanti per i quali vi fosse obbligo normativo di assicurazione.

È da sottolineare come già a suo tempo, in ipotesi di colposo ritardo dell'impresa assicurativa nell'adempiere alle proprie obbligazioni nei confronti del danneggiato, la Suprema Corte di Cassazione abbia precisato che «non muta la natura pecuniaria del debito dell'assicuratore, in quanto tale soggetta al principio nominalistico, ma produce il solo effetto di mutare coattivamente il beneficiario della prestazione (Cass., S.U. 5218, 5219, 5220/ 1983; Cass. 1245/2000).

Conseguentemente il giudice, nel liquidare l'indennizzo al danneggiato, deve sì considerare che la natura del debito del danneggiante assicurato è di valore, perché questi, risponde nei confronti del danneggiato a titolo di responsabilità extracontrattuale, e quindi calcolarne l'ammontare utilizzando i criteri elaborati dalla giurisprudenza per tale tipo di obbligazione, ma nei limiti del massimale, contrattuale o di legge che sia.

Per poter invece esaminare se sussiste a carico dell'assicurazione un'accessoria e coordinata obbligazione risarcitoria per il danno subìto dal danneggiato a causa del ritardo dell'assicurazione nell'adempiere al predetto debito, indennitario e di valuta, è necessario che quegli formuli autonoma domanda, rispetto a quella risarcitoria per il fatto del danneggiante, basata sul comportamento ingiustificatamente dilatorio dell'assicurazione - fatto costitutivo dunque proprio di essa - nel corrispondergli l'indennizzo come ad esempio per aver superato il termine stabilito dal precitato art. 22 della legge n. 990 del 1969 dalla richiesta; ovvero dall'art. 8, D.L. n. 576 del 1978, se la domanda è stata proposta contro l'impresa cessionaria; ovvero, ancora, quello dal quale, in base a requisiti intrinseci ed estrinseci alla predetta richiesta era possibile per l'assicurazione formulare un'offerta risarcitoria: Cass. 12780/1998).

Se il giudice riterrà fondata tale domanda, e purché il debito liquidato per il risarcimento cagionato dal danneggiante superi il massimale, per la parte eccedente il massimale stesso (altrimenti si verificherebbe una duplicazione di interessi ed eventualmente di rivalutazione), liquiderà il danno secondo i criteri stabiliti per le obbligazioni pecuniarie dall'art. 1224 c.c., primo e secondo comma, e cioè interessi moratori ed eventuale maggior danno rispetto ad essi, con decorrenza dal momento del verificarsi della mora colpevole, ponendo a base del calcolo il massimale di polizza (o la quota del massimale spettante a ciascun danneggiato, nel caso di più soggetti danneggiati), con la possibilità di superarlo. Perciò, se la responsabilità dell'assicurazione ultramassimale è originata da un titolo diverso rispetto al contratto di assicurazione, la relativa domanda risarcitoria non può ritenersi implicitamente contenuta nella domanda che il danneggiato propone nei confronti dell'assicurazione ai sensi dell'art. 18 della legge 990/1969, che è correlata a detto contratto, ma deve esser formulata appositamente e tempestivamente, altrimenti soggiace alla preclusione processuale stabilita, in primo e secondo grado, per le domande nuove, e se il giudice invece la accoglie incorre nel vizio di ultra petita (Cass. 133/1998; 6388/2001; 2910/ 2002)» (Cass. civ., sez. III, 8 giugno 2004, n. 10817).

Più di recente la medesima giurisprudenza di legittimità ha avuto modo di precisare: «in tema di responsabilità civile derivante dalla circolazione di veicoli e natanti, per i quali vi è obbligo di assicurazione a norma della legge 24 dicembre 1969 n.Page 606 990, l'art. 22 di tale legge, il quale subordina la proponibilità dell'azione risarcitoria, inclusa quella formulata soltanto contro il responsabile, alla richiesta del danno all'assicuratore, nonché al decorso di sessanta giorni da tale richiesta, trova applicazione, tenendo conto del difetto di espresse limitazioni e della ratio della disposizione medesima (favore per il soddisfacimento stragiudiziale delle istanze di risarcimento), anche con riguardo alla domanda riconvenzionale avanzata dal convenuto che assuma a sua volta la responsabilità dell'attore» (Cass. civ., 2 febbraio 2006, n. 2269).

Il legislatore del 1969 aveva previsto che detta azione potesse essere proposta solo dopo che fossero decorsi sessanta giorni da quello in cui il danneggiato avesse chiesto all'assicuratore il risarcimento del danno, a mezzo di lettera raccomandata con avviso di ricevimento (anche se inviata per conoscenza).

La giurisprudenza, sia di merito che di legittimità, aveva precisato poi che l'art. 22 de quo «trova applicazione, tenendo conto del difetto di espresse limitazioni e della ratio della disposizione medesima (favore per il soddisfacimento stragiudiziale delle istanze di risarcimento), anche con riguardo alla domanda riconvenzionale avanzata dal convenuto che assuma a sua volta la responsabilità dell'attore» (in questo senso: Trib. Venezia, 11 luglio 2002; Id. Cass., 1 dicembre 1998, n. 12189).

La successiva legge n. 39/1977, da parte sua, aveva impegnato, come noto, dottrina e giurisprudenza sulla natura giuridica del più lungo termine (di novanta giorni) previsto da quest'ultima (art. 3) in ipotesi di sinistri con lesioni personali.

Si tratta di un tema che oggi può dirsi definitivamente risolto in quanto allo stesso, come si è avuto modo di anticipare nel paragrafo precedente, ha dato una precisa risposta lo stesso legislatore del Codice.

L'art. 145 in esame, invero, impone di considerare il decorso del detto termine di novanta giorni quale condizione di proponibilità dell'azione di risarcimento danni.

Veniamo ora ad esaminare alcune questioni interpretative sottese alla norma di cui all'art. 143 Codice. Posto che in ipotesi di indennizzo diretto è compito del danneggiato far pervenire apposita raccomandata alla propria assicurazione da inviarsi, per conoscenza, all'impresa di assicurazione dell'altro veicolo coinvolto è doveroso, allora, porsi almeno le due seguenti domande:

1) quali conseguenze sono sottese ad una eventuale omissione, sia essa dolosa o meramente colposa, dell'invio per conoscenza della lettera di messa in mora?

2) quale logica è sottesa a tale scelta, cioè di imporre l'obbligo di detto invio, da parte del legislatore?

Pare utile, al fine di risolvere entrambe le questioni, dare una risposta dapprima al secondo quesito giacché, una volta individuata la ratio logicogiuridica sottesa alla scelta del legislatore, sarà più immediata la determinazione delle conseguenze sottese all'omissione di cui si è accennato.

È da ritenere che alla base della prescrizione di tale formalità vi sia stata, da parte del legislatore, la volontà di far rendere edotta anche l'impresa di assicurazione del soggetto danneggiante dell'esistenza del sinistro e della relativa procedura del risarcimento.

Quanto poi all'omesso rispetto della formalità dell'invio della raccomandata per conoscenza esso si deve ritenere non rappresentare un valido motivo di improponibilità della relativa domanda giudiziaria.

Il quadro normativo di riferimento dei termini da rispettare quali condizioni di proponibilità della domanda giudiziaria in ipotesi di incidente stradale, a questo punto, non può dirsi ancora completo in quanto alla lettura della norma di cui all'art. 145 deve affiancarsi quella di cui all'art. 287 del medesimo Codice.

Con previsione la cui ratio è di difficile intuizione, quest'ultima norma ha disposto che nelle ipotesi in cui il sinistro sia stato cagionato da veicolo o natante non identificato, ovvero il veicolo o natante non risulti coperto da assicurazione, o ancora il veicolo sia posto in circolazione contro la volontà del proprietario, dell'usufruttuario, dell'acquirente con patto di riservato dominio o del locatario in caso di locazione finanziaria (tutte ipotesi previste dall'art. 283, comma I, lett. a, b, d), l'azione per il risarcimento dei danni possa essere proposta solo dopo che siano decorsi sessanta giorni da quello in cui il danneggiato abbia chiesto il risarcimento del danno, a mezzo raccomandata, all'impresa designata ed alla Consap -Fondo di garanzia per le vittime della strada.

Infine, nell'ipotesi in cui il veicolo, o natante, coinvolto risulti essere assicurato presso un'impresa operante nel territorio della Repubblica, in regime di stabilimento o di libertà di prestazione di servizi, e che al momento del sinistro si trovi in stato di liquidazione...

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