Sintesi, elaborazione e osservazioni sulla sentenza delle Sezioni Unite civili, n. 26973 del 2008, in tema di danno non patrimoniale

AutoreDomenico Potetti
CaricaGiudice Tribunale di Camerino
Pagine369-395

    Relazione tenutasi ad Ancona, il 6 marzo 2009, nell’incontro di studio organizzato dall’Ufficio dei referenti per la formazione decentrata dei magistrati togati, presso la Corte di Appello di Ancona, sul tema “Osservazioni in tema di danno non patrimoniale alla luce delle sentenze delle Sezioni Unite civili n. 26972-08 e 26975-08”.

    La sentenza n. 26973/08 è stata pubblicata in questa Rivista 2009, 25.

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@1) Introduzione

– La sentenza delle Sezioni unite che si commenta rappresenta indubbiamente una tappa di fondamentale importanza nella travagliata vicenda del danno non patrimoniale.

La sua importanza sta non solo nei nodi che ha sciolto (soprattutto sul travagliato tema del danno esistenziale), ma anche nelle conferme autorevolmente date a soluzioni già in precedenza prodotte dalla giurisprudenza di legittimità.

Scopo della presente nota è quello di esaminare gli aspetti di maggiore rilevanza, soprattutto pratica, affrontati dalle Sezioni unite.

@2) Quali sono i casi determinati dalla legge? (la tipicità del danno non patrimoniale)

– Dato il testo dell’art. 2059 c.c. («Il danno non patrimoniale deve essere risarcito solo nei casi determinati dalla legge») è agevole comprendere che uno dei passaggi essenziali in tema di danno non patrimoniale sta proprio nel chiarire quali siano questi casi determinati dalla legge.

In ciò sta il requisito della c.d. tipicità del danno non patrimoniale.

Su questo requisito della tipicità del danno non patrimoniale la Cassazione aveva già opportunamente insistito più volte1, osservando che, mentre per il risarcimento del danno patrimoniale, mediante il solo riferimento al danno ingiusto, l’art. 2043 c.c. (norma generale e primaria) detta il carattere della atipicità dell’illecito2, per il danno non patrimoniale vale invece la regola opposta della tipicità, perché l’art. 2059 c.c. ne limita il risarcimento ai soli casi previsti dalla legge.

Anticipando i rilievi della sentenza che si commenta, la stessa giurisprudenza di legittimità aveva di conseguenza affermato che ai fini dell’art. 2059 c.c. non può farsi riferimento ad una generica categoria di “danno esistenziale”, dagli incerti confini, poiché attraverso questa via si finirebbe per portare anche il danno non patrimoniale nell’atipicità, sia pure attraverso l’individuazione dell’apparentemente tipica categoria del “danno esistenziale”.

Pertanto, si era già detto, il risarcimento del danno non patrimoniale, fuori dall’ipotesi di cui all’art. 185 c.p. e delle altre minori ipotesi legislativamente previste, attiene solo alle ipotesi specifiche di valori costituzionalmente garantiti (la salute, la famiglia, la reputazione, la libertà di pensiero, ecc.).

Non è sufficiente, quindi, osservava già la Corte di Cassazione, come per il danno patrimoniale, che sussista una lesione di una posizione giuridica considerata meritevole di tutela da parte dell’ordinamento, sia pure a fini diversi da quelli risarcitori, ma è necessario (per ottenere il risarcimento ex art. 2059 c.c., e – va aggiunto – salvo per i casi di reato o altri previsti specificamente dalla legge, anche comunitaria) che tale lesione attenga a valori della persona umana che la Costituzione dichiari inviolabili e, come tali, oggetto almeno della tutela minima, che è quella risarcitoria.

Le Sezioni Unite che si commentano mostrano dunque di condividere questa “preoccupazione” per la tipicità necessaria del danno non patrimoniale, e quindi (sulla scia della giurisprudenza appena citata) indicano all’interprete quali sono i casi di ri-Page 370sarcimento del danno non patrimoniale, distinguendoli in tre categorie.

La prima tradizionale categoria è quella che ha visto la luce fin dalla pubblicazione del vigente codice civile, tanto che ha rappresentato il capostipite del danno non patrimoniale.

Si tratta ovviamente dei reati, secondo quanto dispone ancora oggi l’art. 185 c.p.

Affermano dunque le Sezioni unite che in ragione dell’ampia accezione del danno non patrimoniale, nel caso di una fattispecie concreta costituente reato è risarcibile non soltanto il danno non patrimoniale conseguente alla lesione di diritti costituzionalmente inviolabili, ma anche quello conseguente alla lesione di interessi inerenti la persona non presidiati da siffatti diritti, e tuttavia meritevoli di tutela in base all’ordinamento giuridico (secondo il criterio dell’ingiustizia ex art. 2043 c.c.).

In altre parole, quando l’illecito civile è considerato dall’ordinamento anche come reato, il risarcimento del danno non patrimoniale (nel lato concetto propugnato dalle Sezioni Unite in commento) è dovuto a prescindere dall’accertamento della lesione di un diritto costituzionale inviolabile della persona, come del resto avveniva prima che si ponesse la questione della tutela di tali diritti costituzionali mediante il riconoscimento, in siffatti casi, del danno non patrimoniale.

La seconda categoria di fatti illeciti è, anch’essa, frutto della produzione normativa a livello della legge ordinaria.

Essa è costituita da tutti gli altri casi (previsti, appunto, da norme di livello non costituzionale) in cui il legislatore ordinario dispone il risarcimento anche dei danni non patrimoniali.

Si tratta di leggi ordinarie che predispongono la tutela risarcitoria a fronte della compromissione di valori personali (es. art. 2 L. n. 89/2001, in tema di mancato rispetto del termine ragionevole di durata del processo).

Opportunamente le Sezioni unite gettano lo sguardo anche alla normativa sovranazionale, ricordando che casi di risarcimento del danno non patrimoniale potrebbero essere previsti anche da una norma comunitaria, in ragione della prevalenza del diritto comunitario sul diritto interno3.

@3) Segue: la violazione dei diritti costituzionali della persona e la collocazione sistematica del danno biologico

– Peraltro, pare a chi scrive che la categoria di fatti illeciti più problematica, direttamente connessa alla controversa figura del danno esistenziale (ed anzi contrapposta ad essa) sia quella della violazione dei diritti costituzionali inviolabili della persona.

In realtà la tanto invocata tipicità del danno non patrimoniale viene (in parte non secondaria) rinnegata anche delle Sezioni unite in commento, come si vedrà soprattutto trattando dell’art. 2 Cost.

Qui si osserva, intanto, che anche le Sezioni Unite in commento accettano il principio per cui la norma di rango costituzionale la quale preveda un diritto inviolabile della persona (es. art. 13 Cost.) venga integrata dall’interprete nel senso che essa preveda (per il caso che intervenga violazione di quel diritto) anche il risarcimento del danno civile a favore della vittima.

Si sostiene, infatti, che, consacrata l’esistenza di un tale diritto, non si può poi negare ad esso la tutela minima, che è quella risarcitoria.

Affermano quindi le Sezioni unite che, al di fuori dei casi determinati dalla legge (cioè al di fuori delle prime due categorie di cui sopra si è detto), in virtù del principio della tutela minima risarcitoria spettante ai diritti costituzionali inviolabili, la tutela è estesa ai casi di danno non patrimoniale prodotto dalla lesione di diritti inviolabili della persona riconosciuti dalla Costituzione.

Secondo il pensiero delle Sezioni unite (del resto ineccepibile) anche il danno biologico viene assorbito in questa terza categoria di illeciti produttivi di danno non patrimoniale risarcibile.

Affermano infatti le Sezioni unite che, per effetto di tale estensione della tutela risarcitoria ai diritti costituzionali inviolabili della persona, va ricondotto nell’ambito dell’art. 2059 c.c., il danno da lesione del diritto inviolabile alla salute (art. 32 Cost.) denominato danno biologico, del quale è data, dagli artt. 138 e 139 D.L.vo n. 209 del 2005, specifica definizione normativa suscettibile di generale (quindi anche oltre i sinistri stradali) applicazione.

Fra l’altro, pare assai significativo questo accenno delle Sezioni unite alla possibile generale applicazione della definizione del danno biologico, perché potrebbe essere utilizzato dagli interpreti per ritenere che gli interi artt. 138 e 139 cit. (compresi i relativi meccanismi di calcolo del risarcimento) debbano essere applicati anche fuori del settore dei sinistri stradali, come individuato dal D.L.vo n. 209 del 2005.

Già in dottrina4, si era osservato che l’intervento sulla materia del danno, consistito nella L. n. 57 del 2001 (una progenitrice in tema di danno biologico in diritto positivo), era stato attuato attraverso un inserimento delle nuove disposizioni nel D.L. n. 857 del 1976 (conv. in L. n. 39 del 1977) che, a sua volta, costituiva parte novellistica rispetto alla 1. n. 990 del 1969 (oggi lo stesso si può dire rispetto agli artt. 122 e s. del D.L.vo n. 209 del 2005).

Quindi si ripropongono oggi taluni dubbi di costituzionalità a proposito dei limiti applicativi di una normativa per sua natura di rilevanza generale (come quella del danno biologico, che può derivare dai più vari fatti illeciti dannosi), ma che è stata inserita in una materia ristretta e specifica (quella dei sinistri stradali).

Infatti, i nuovi artt. 138 e 139 del D.L.vo. n. 209 del 2005 sono applicabili, a stretto rigore letterale, solo ai fatti illeciti che rientrano nell’ambito dellaPage 371 «Assicurazione obbligatoria per i veicoli a motore e i natanti» (titolo X, artt. 122-160)5.

Ciò posto, non può essere ragionevolmente giustificato, in relazione agli artt. 3 e 32 Cost., che i criteri di individuazione e quantificazione del danno biologico previsti dalla novella (D.L.vo. n. 209 del 2005) siano diversi da quelli applicabili in tutte le altre numerose fattispecie risarcitorie, quale che sia il fatto generatore del risarcimento e la natura contrattuale o extracontrattuale dell’illecito.

Chiusa questa breve parentesi, pare di poter dire che le Sezioni unite, assorbendo il danno biologico nella categoria dei diritti costituzionali inviolabili della persona (e quindi nell’art...

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