Sentenza Nº 52523 della Corte Suprema di Cassazione, 21-11-2018

Presiding JudgeTARDIO ANGELA
ECLIECLI:IT:CASS:2018:52523PEN
Date21 Novembre 2018
Judgement Number52523
CourtPrima Sezione (Corte Suprema di Cassazione di Italia)
Subject MatterPENALE
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
CISSOKHO EL HADJI SEYNI nato il 09/10/1982
avverso l'ordinanza del 08/06/2017 del TRIB. SORVEGLIANZA di PERUGIA
sentita la relazione svolta dal Consigliere VINCENZO SIANI;
lettesenttite le conclusioni del PG
ft
,
t i C/R/ rfn
rtAfki
ivrccti
atr
in
Es?iiQ,Jn
of,7Goft
i
l'opun
e
)
/( vili 4),
I
t17ì'
pp,c
fttco
.AJO
CO
-'
L
I
PAilli_ordTz,
Orc,2LR J'T(gui2
,
u
3)
'
11
C-
0
;-/j26(durc,i2,1E4 _
Penale Sent. Sez. 1 Num. 52523 Anno 2018
Presidente: TARDIO ANGELA
Relatore: SIANI VINCENZO
Data Udienza: 16/01/2018
Corte di Cassazione - copia non ufficiale
RITENUTO IN FATTO
1.
Con l'ordinanza in epigrafe, emessa in data 8 - 13 giugno 2017, il
Tribunale di sorveglianza di Perugia ha rigettato l'opposizione proposta
nell'interesse di El Hadji Seyni Cissokho, nato in Senegal, il 9 ottobre 1992,
avverso il decreto emesso il 2 febbraio 2017 dal Magistrato di sorveglianza di
Perugia che, ai sensi dell'art. 16, comma 5, d.lgs. n. 286 del 1998, aveva
disposto la sanzione alternativa alla detenzione dell'espulsione.
Il Magistrato di sorveglianza - preso atto che Cissokho era detenuto nella
Casa circondariale di Perugia, ivi ristretto per espiare la pena di anni due, mesi
otto, giorni dieci di reclusione, e che, come da comunicazione
dell'Amministrazione penitenziaria, la residua pena si era ridotta nel limite
inferiore a due anni ed i titoli in esecuzione non erano ostativi al relativo
provvedimento - aveva considerato che il detenuto suddetto era stato in
possesso di permesso di soggiorno fino all'il marzo 2008, si trovava
attualmente nelle condizioni previste dall'art. 13, comma 2, lett. b) d.lgs. cit. e
non versava in alcuna delle situazioni ostative all'espulsione stabilite dall'art. 19
d.lgs. cit., sicché sussistevano tutti i presupposti per disporne l'espulsione.
Opposto da Cissokho il decreto in questione, il Tribunale di sorveglianza ha
emesso il provvedimento reiettivo sopra indicato condividendo le argomentazioni
su indicate.
2.
Avverso l'ordinanza ha proposto ricorso nell'interesse di El Hadji Seyni
Cissokho il suo difensore chiedendone l'annullamento, previa sospensione della
sua esecutività da parte del Tribunale di sorveglianza, e lamentando, con unico
motivo, l'inosservanza o erronea applicazione di norme giuridiche in riferimento
all'art. 8 CEDU, in relazione all'art. 117 Cost., nonché mancanza,
contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione.
Secondo il ricorrente, la valutazione espressa dal Tribunale aveva svalutato
immotivatamente il fatto che egli si fosse stabilito in Italia nell'anno 2000, da
minorenne, dopo essere rimasto orfano, avendo tutti;fratelli già sul territorio
italiano, mentre soltanto a causa della crisi economica aveva perduto il lavoro
che prima uno dei suoi fratelli, poi trasferitosi in Francia, gli assicurava; non si
era tenuto conto che egli aveva trascorso metà della sua vita in Italia, che la
condotta in carcere da quando era stato condannato era stata esemplare,
avendo intrapreso un sicuro percorso rieducativo che gli aveva fatto maturare
l'intenzione di seguire i suoi fratelli, trasferiti in Francia, a cui intendeva
ricongiungersi, che la misura assunta, avendo egli dedotto l'assenza di qualsiasi
attuale legame con il paese di origine, mancava di proporzionalità, sicché la sua
2
Corte di Cassazione - copia non ufficiale
applicazione risultava conforme all'art. 27 Cost., a motivo dell'evidente
svuotamento della funzione rieducativa della pena, laddove soltanto all'esito
della valutazione del suo grado di integrazione e dell'assenza dei suoi legami con
il Senegal i giudici avrebbero potuto prendere un provvedimento dotato di idonea
motivazione.
3. Il Procuratore generale ha chiesto la declaratoria di inammissibilità del
ricorso, avendo il Tribunale di sorveglianza indicato con motivazione adeguata le
ragioni per le quali le censure proposte dalla difesa non meritavano di essere
accolte, giacché sussistevano tutte le condizioni stabilite dagli artt. 13 e 16 d.lgs.
n. 286 del 1998 per disporre l'espulsione del detenuto dal territorio dello Stato.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.
Il ricorso si profila inammissibile per essere le censure formulate dal
ricorrente aspecifiche e di natura essenzialmente fattuale.
2.
Il Tribunale ha raggiunto l'approdo oggetto della presente impugnazione
osservando, con analisi aderente alle risultanze probatorie citate e connotata da
iter
logico corretto, che, fra le deduzioni svolte dall'opponente, alcune (il non
aver alcun parenti nel paese di origine, l'essere in possesso di passaporto
scaduto, l'aver serbato costantemente buon comportamento inframurario e
l'assenza di finalità rieducativa nel provvedimento di espulsione) non avevano
rilevanza giuridica a fronte del carattere obbligatorio, in presenza dei relativi
presupposti, della misura alternativa alla detenzione applicata, di natura
amministrativa e finalizzata ad evitare il sovraffollamento carcerario.
Quanto, poi, alla dedotta precarietà della situazione politica del Senegal,
prospettata come tale da mettere a repentaglio l'incolumità dell'opponente, il
Tribunale ha espressamente evidenziato che non risultavano specificate le
circostanze sulla cui base si era paventata la dedotta persecuzione, a fronte del
carattere di Repubblica democratica semipresidenziale del Senegal, dotata di
Costituzione che tutelava l'eguaglianza dei cittadini davanti alla legge e aderiva
alla Dichiarazione dei diritti dell'uomo e del cittadino del 1789, alla Dichiarazione
universale dei diritti dell'uomo del 1948, alla Convenzione sull'eliminazione di
tutte le forme di discriminazione nei confronti delle donne del 1979 e alla Carta
Africana dei diritti dell'uomo e dei popoli del 1981, sicché non sussistevano
comprovate ragioni che avallassero la prospettazione di Cissokho.
3.
In sostanza, a fronte della natura amministrativa dell'espulsione ex art.
3
Corte di Cassazione - copia non ufficiale
16, comma 5, d.lgs. n. 286 del 1998, avente funzione di sanzione alternativa alla
detenzione residua, il Tribunale ha, con motivazione adeguata, preso atto che il
Magistrato di sorveglianza aveva accertato l'evenienza di tutti i presupposti
richiesti dalla norma, mentre le contestazioni dell'opponente - poi reiterate in
sede di ricorso - non erano parse, né paiono allegare e dimostrare fatti precisi
idonei ad integrare in modo specifico e documentato una della situazioni di fatto
tali da imporre, sulla traccia della casistica disegnata dall'art. 19 d.lgs. cit., il
diniego di espulsione.
Questa forma di espulsione dello straniero condannato e detenuto in
esecuzione di pena - riservata alla competenza del giudice di sorveglianza e,
come si è anticipato, avente natura amministrativa - costituisce un'atipica
misura alternativa alla detenzione, finalizzata ad evitare il sovraffollamento
carcerario, della quale è, quindi, obbligatoria l'adozione in presenza delle
condizioni fissate dalla legge. In ragione della natura del provvedimento non va
tratta, tuttavia, la meccanicistica conseguenza dell'applicazione a questo istituto
delle norme dettate specificamente per altre forme di espulsione (ossia quelle
che prendono in considerazione anche la natura e l'effettività dei vincoli familiari
dell'interessato e l'esistenza di legami familiari e sociali col suo paese d'origine,
relative rispettivamente ai provvedimenti di rifiuto del rilascio del permesso di
soggiorno e alla revoca o al diniego di rinnovo del predetto titolo nei riguardi di
cittadini stranieri presenti nel territorio per ragioni di ricongiungimento familiare
o del familiare ricongiunto, nonché la corrispondente espulsione amministrativa
di coloro che versino in tali situazioni).
L'art.
16
d.lgs.
cit.
disciplina
specificamente
l'istituto
suindicato
contemperando le esigenze - contrapposte - dello Stato all'allontanamento del
condannato straniero sulla base di norme di ordine pubblico e quella di
quest'ultimo a trattenersi per conservare i legami familiari e personali, tanto da
aver previsto per esigenze umanitarie una serie di esenzioni dalla soggezione
all'espulsione, che costituiscono un ragionevole bilanciamento tra gli interessi in
gioco.
Questa disciplina, scaturente dal combinato disposto degli artt. 16, comma
5, e 19 d.lgs. n. 286 del 1998, è dunque peculiare, essendo previsto contro di
essa il solo rimedio dell'opposizione, per cui non può disporsi la sua
disapplicazione nell'ambito di altri procedimenti (Sez. 1, n. 48160 del
23/10/2013, Saoudi, Rv. 257718).
Essa, per come strutturata, ha, fra l'altro, superato positivamente il vaglio
relativo alla sua conformità ai principi fissati dall'art. 8 CEDU, nel senso della
salvaguardia dell'unità familiare, intesa quale vincolo tra genitori e figli o tra
parenti legati da consanguineità e convivenza effettiva, che impone allo Stato di
4
Corte di Cassazione - copia non ufficiale
contenere le limitazioni all'esercizio del diritto alla famiglia ed ai rapporti familiari
(potendole stabilire soltanto in presenza delle condizioni di cui al par. 2 dell'art. 8
cit., ossia in forza di una disposizione di legge, per assicurare "la sicurezza
nazionale, l'ordine pubblico, il benessere economico del paese, la prevenzione
dei reati, la protezione della salute o della morale o la protezione dei diritti e
delle libertà altrui" e se proporzionate al fine legittimo perseguito).
Ed è stato già ricordato (v. l'analisi di Sez. 3, n. 18527 del 03/02/2010,
Nabil, Rv. 246974) che la Corte EDU (sent. del 26/09/1997, El Boujaidi c.
Francia del 26/09/1997; sent. del 30/06/2005, Bove c. Italia; sent. 13/01/2009,
Todorova c. Italia; sent. del 07/04/2009, Cherif c. Italia; sent. 12/01/2010,
Khan A.W. c. Regno Unito) ha, al riguardo, precisato che, nel garantire l'ordine
pubblico e nell'esercitare il controllo dei flussi in ingresso ed il soggiorno degli
stranieri, gli Stati hanno diritto di espellere coloro, tra questi, che delinquono,
dovendo rispettare, quando tale misura incida su diritto protetto dall'art. 8
CEDU, il principio di proporzione con lo scopo che intendono perseguire e
valutare comparativamente i contrapposti interessi, quello collettivo e quello
personale dello straniero, bilanciamento che, secondo quanto è stato già
argomentato, è riscontrabile nelle disposizioni di legge del T.U. sull'immigrazione
di cui al d.lgs. n. 286 del 1998 (cfr. Sez. 1, n. 55199 del 15/09/2017, Chevez
Alvarez, n. m.; Sez. 1, n. 45601 del 14/12/2010, Turtulli, Rv. 249175).
4. Posto ciò, le prospettazioni articolate dal ricorrente non si confrontano
con la valutazione specificamente compiuta nel provvedimento impugnato della
sua situazione, considerata, con motivazione congrua, del tutto aderente al
parametro stabilito dall'art. 16, comma 5, d.lgs. cit., senza l'emersione di alcuno
dei casi contemplati nel catalogo
dei divieti
di cui all'art. 19 cit., pur interpretato
in modo aderente all'indicazione fornita dalla giurisprudenza costituzionale (v.
Corte cost., sent., n. 252 del 2001, la quale ha in particolare evidenziato che il
provvedimento di espulsione pronunciato nei confronti di persona irregolarmente
soggiornante nello Stato non può essere eseguito qualora dall'esecuzione derivi
un irreparabile pregiudizio per la salute dell'individuo, essendo il giudice
comunque tenuto a verificare, in concreto, se del caso anche ricorrendo a mezzi
istruttori, che l'espulsione non leda il nucleo irriducibile del diritto alla salute
garantito dall'art. 32 Cost.: v. Sez. 1, n. 38041 del 26/05/2017, Mokaadi, Rv.
270975): ciò fa sì che debbano ritenersi, all'evidenza, incontrastate le
conclusioni raggiunte dal Tribunale.
Né la sua pregressa situazione in Italia, né la sua intenzione di trasferirsi in
Francia presso i fratelli, invero, risultano integrare alcuno dei casi contemplati
dall'art. 19 cit., sicché in modo fondato il Tribunale non le ha ritenute rilevanti,
5
il
Corte di Cassazione - copia non ufficiale
essendo poi del tutto eccedente lo scopo perseguito dall'espulsione in parola,
come sopra chiarita, annettere al provvedimento impugnato lo svuotamento
della funzione rieducativa della pena.
Del tutto sfornita di dimostrazione è restata, poi, la prospettazione della
paventata persecuzione del ricorrente, ove in concreto rimpatriato in Senegal:
congrue e non contestate in modo specifico sono le osservazioni svolte dai
giudici specializzati circa l'assenza delle condizioni asseverative del sospetto di
persecuzione soltanto predicato da Cissokho.
L'impugnazione, conclusivamente, si è risolta in una replica rotatoria e
generica degli argomenti già addotti nel reclamo proposto innanzi al Tribunale di
sorveglianza che li ha analizzati e respinti: il ricorrente si è limitato, all'evidenza,
a dedurre in modo complessivamente generico l'inquadramento dei fatti già
scartato dai giudici di merito con motivazione adeguata e non illogica, con
conseguente inammissibilità del mezzo.
5. Da tale inammissibilità deriva, ai sensi dell'art. 616 cod. proc. pen., la
condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e - per i
profili di colpa correlati all'irritualità dell'impugnazione (Corte cost., sent. n. 186
del 2000) - di una somma in favore della cassa delle ammende nella misura che,
in rapporto agli aspetti esaminati, si reputa equo fissare in euro 2.000,00.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di euro duemila alla cassa delle ammende.
Così deciso il 16 gennaio 2018
Corte di Cassazione - copia non ufficiale

Per continuare a leggere

RICHIEDI UNA PROVA

VLEX uses login cookies to provide you with a better browsing experience. If you click on 'Accept' or continue browsing this site we consider that you accept our cookie policy. ACCEPT