Sentenza Nº 52051 della Corte Suprema di Cassazione, 27-12-2019

Presiding JudgeSABEONE GERARDO
ECLIECLI:IT:CASS:2019:52051PEN
Date27 Dicembre 2019
Judgement Number52051
CourtQuinta Sezione (Corte Suprema di Cassazione di Italia)
Subject MatterPENALE
SENTENZA
sui ricorsi proposti da:
ACQUAVITE VITO nato a CATANIA il 04/08/1978
BONACCORSI ANTONIO nato a CATANIA il 29/01/1968
LO GIUDICE SEBASTIANO nato a CATANIA il 24/01/1977
avverso la sentenza del 26/11/2018 della CORTE ASSISE APPELLO di CATANIA
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere PAOLA BORRELLI;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore TOMASO
EPIDENDIO
che ha concluso chiedendo il rigetto di tutti i ricorsi.
uditi i difensori:
l'Avvocato SALVATORE PAPPALARDO, insiste per l'accoglimento del ricorso e
chiede l'annullamento senza rinvio per non essere stato commesso il fatto;
l'Avvocato MARIA CATERINA CALTABIANO, quale sostituto processuale
dell'avvocato SALVATORE LEOTTA, insiste nei motivi di ricorso. Quale difensore
dell'imputato Acquavite Vito insiste per l accoglimento del ricorso e chiede
l'annullamento senza rinvio della sentenza impugnata;
l'Avvocato ANTONIO ABET insiste per l'accoglimento del ricorso e chiede
l'annullamento senza rinvio della sentenza impugnata.
Penale Sent. Sez. 5 Num. 52051 Anno 2019
Presidente: SABEONE GERARDO
Relatore: BORRELLI PAOLA
Data Udienza: 12/11/2019
Corte di Cassazione - copia non ufficiale
RITENUTO IN FATTO
1.
La sentenza impugnata è stata pronunziata il 26 novembre 2018 dalla
Corte di Assise di appello di Catania che, decidendo a seguito di annullamento
con rinvio della prima sezione penale di questa Corte del 27 maggio 2016, ha
confermato la sentenza con la quale il Giudice dell'udienza preliminare del
Tribunale della stessa città, all'esito di rito abbreviato, aveva condannato
all'ergastolo Vito Acquavite, Antonio Bonaccorsi e Sebastiano Lo Giudice anche
per l'omicidio di Mario D'Angelo (aggravato
ex
artt. 7 d.l. 13 maggio 1991, n.
152, conv. con mod. nella I. 12 luglio 1991, n. 203, per essersi avvalsi della
forza intimidatoria e per avere agevolato il clan Capello - Carateddu, nonché
dalla premeditazione e dai motivi abbietti e futili) e per il connesso reato di porto
di arma comune da sparo, anch'esso aggravato
ex
art. 7 cit. (per la detenzione,
il Giudice dell'udienza preliminare aveva dichiarato la prescrizione)
Per quanto utile ad inquadrare le doglianze che si andranno ad illustrare, va
chiarito che Mario D'Angelo è stato ucciso a colpi di arma da fuoco, tra le 20 e le
20:30 del 10 giugno 2001, all'uscita di una strada interpoderale che si immette
sulla provinciale Catania-Gela, nei pressi dell'azienda agricola familiare;
all'omicidio ha assistito, da un balcone situato a circa 100 metri dal luogo
dell'uccisione, il fratello della vittima, Giovanni, che ha visto un uomo fuoriuscire
da una Y 10 di colore scuro — che aveva bloccato la marcia del veicolo della
vittima e dove vi era altro soggetto — e sparare all'indirizzo del congiunto
mentre questi si trovava alla guida della propria vettura.
2.
Al fine di chiarire le
rationes decidendi
delle pronunzie che hanno
preceduto quella impugnata, appare opportuno precisare quanto segue circa le
passate scansioni processuali, altresì rappresentando preliminarmente che la
vicenda D'Angelo si inserisce in un più ampio procedimento, concernente anche
altri fatti omicidiari, tutti collocabili in un contesto mafioso, per cui però oggi non
si procede, dal momento che gli altri ricorsi proposti contro la sentenza della
Corte territoriale di Catania del 25 marzo 2015 sono stati rigettati dalla prima
sezione penale di questa Corte.
2.1. Il giudizio di primo grado.
Secondo il Giudice dell'abbreviato, l'omicidio D'Angelo era stato commesso
da un commando composto da Vito Acquavite, Antonio Bonaccorsi, Sebastiano
Lo Giudice e Vincenzo Fiorentino; a sparare era stato Lo Giudice, che era alla
guida di una Y10 rubata su cui viaggiava anche Fiorentino, mentre, nella Opel
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