Sentenza Nº 51126 della Corte Suprema di Cassazione, 18-12-2013

Presiding JudgePETTI CIRO
ECLIECLI:IT:CASS:2013:51126PEN
Date18 Dicembre 2013
Judgement Number51126
CourtSeconda Sezione (Corte Suprema di Cassazione di Italia)
Subject MatterPENALE
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
CAPPELLETTA FABIO N. IL 23/10/1964
avverso la sentenza n. 12127/2010 CORTE APPELLO di ROMA, del
24/01/2012
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 28/11/2013 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. GIULIANO CASUCCI
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Penale Sent. Sez. 2 Num. 51126 Anno 2013
Presidente: PETTI CIRO
Relatore: CASUCCI GIULIANO
Data Udienza: 28/11/2013
Corte di Cassazione - copia non ufficiale
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza in data 24 gennaio 2012, la Corte di appello di Roma, 2^ sezione
penale, confermava la sentenza del Tribunale di Civitavecchia appellata da
Cappelletta Fabio, con la quale questi era stato dichiarato colpevole di usura
aggravata continuata ed estorsione in danno di Milaneschi Giulio nonché resistenza
a pubblici ufficiali e condannato, riconosciute le attenuanti generiche equivalenti,
alla pena di sei anni di reclusione e ottocento euro di multa, con interdizione
perpetua dai pubblici uffici e interdizione legale per la durata della pena con
confisca della documentazione in sequestro e condanna al risarcimento dei danni in
favore della parte civile, da liquidarsi in separato giudizio, e alla rifusione delle
spese.
La Corte territoriale confermava il giudizio di responsabilità, perché fondato sulla
scorta della testimonianza della persona offesa, della perizia contabile, degli
accertamenti di polizia giudiziaria nel contesto dell' arresto, dei risultati delle
intercettazioni telefoniche.
Contro tale decisione ha proposto tempestivo ricorso l' imputato, a mezzo del
difensore, che ne ha chiesto l' annullamento:
I) a norma dell' art. 606 c. 1 lett.
e) cod. proc. pen.
per mancanza,
contraddittorietà, manifesta illogicità della motivazione e/o travisamento del fatto
e/o della prova per avere:
-del tutto taciuto in ordine alla prova dell' esistenza degli interessi usurari, con
proposizione di sostanziale ed inammissibile inversione dell' onere della prova,
senza fornire risposta alle doglianze difensive mosse con l' appello in maniera
dettagliata (per chiarezza espositiva riportate in ricorso) in ordine alla
dimostrazione dell' inattendibilità sia intrinseca che estrinseca della testimonianza
della persona offesa, per contraddittorietà anche con le denunce presentate;
- omesso di rispondere: 1) al rilievo difensivo che aveva illustrato la narrazione da
parte di Milaneschi dei suoi rapporti con l' A.C.I., quale gestore della delegazione di
Tarquinia, e i risultati delle indagini di polizia giudiziaria, per evidenziare l' assoluta
inattendibilità del teste; 2) in ordine al significato del documento, allegato da
Milaneschi alla denuncia del 31 gennaio 2007, documento redatto dalli imputato e
contengie il riepilogo dei finanziamenti erogati (13) con indicazione dei relativi
importi, dell' importo totale (C 122.685,00) dell' importo restituito (C 46.092,67) e
del debito residuo (C 76.592,33) e alla rilevata astrusità della spiegazione fornita
dal teste Milaneschi; 3) ai rilievi difensivi in ordine alle modalità anomale di
formulazione di minacce telefoniche da parte di soggetti non identificati e alla
relazione di tali minacce con l' incontro diretto con il ricorrente, il quale peraltro ha
dato prova di essere in grado di farsi valere direttamente, senza bisogno di
intermediari; 4) ai rilievi difensivi, in ordine all' insussistenza dell' elemento
Corte di Cassazione - copia non ufficiale
psicologico, relativamente al reato di cui al capo C, tenuto conto delle modalità dell'
espletamento del controllo da parte della Guardia di Finanza, con agenti in
borghese, senza istituzione di un vero posto di blocco; 5) in ordine ai rilievi difensivi
sulla valutazione di prevalenza delle attenuanti generiche, disattesi con motivazione
apparente, oltre che illogica e contraddittoria, in particolare perché l' affermazione,
secondo la quale vi sarebbero stati comportamenti consimili "nei confronti di più
soggetti", è destituita di ogni fondamento;
- motivazione illogica: 1) in relazione alla ritenuta compatibilità tra le matrici degli
assegni e la ricostruzione del rapporto finanziario desumibile dalle dichiarazioni del
Milaneschi, perché la descrizione dei rapporti di debito-credito contenuta in
sentenza è priva di ogni riferimento temporale e quantitativo e le somme indicate
non corrispondono alli assunto secondo il quale l' interesse pattuito su base annua
era del 32% e non vi è rispondenza tra quanto dichiarato dalla persona offesa
(secondo la quale per ogni prestito da restituire in dodici mesi veniva rilasciato un
assegno in garanzia) e quanto risultante dalle matrici dei libretti degli assegni,
tanto più che è stato accertato che solo una minima parte di tali assegni risultano
incassati dal ricorrente; 2) in relazione al significato attribuito alle conversazioni
oggetto di intercettazione, in particolare alla circostanza che le somme della cui
dazione si discuteva fossero da imputare ad interessi;
- travisamento della prova: 1) per la parte della sentenza in cui si legge che "I'
ultimo mutuo concesso era di euro 66.000,00", dato che non risulta dagli atti del
processo e che contrasta con la circostanza che nel 2006 non poteva esservi
erogazione di altri prestiti perché la stessa persona offesa aveva ammesso che non
ce la faceva più a pagare; 2) in relazione alle matrici degli assegni perché non si
tiene conto del fatto che mancano le matrici degli altri due assegni sequestrati
(rispettivamente di euro diecimila/00 e trentamila/00 nonché in relazione all'
assunto per il quale Cappelletta avrebbe riscosso assegni per C 56.127,78 senza
tenere conto del fatto che assegni per C 12.509,910sono stati incassati dai genitori
di Cappelletta che avevano un separato rapporto con Milaneschi; 3) in relazione al
totale risultante degli importi riportati nelle matrici (che è di C 393.714,93) e al
totale degli assegni riscossi da Cappelletti e dai suoi familiari (che è di C
73.071,74), dati che dimostrano la necessità di disporre una nuova perizia
contabile;
II) vizio motivazionale in relazione all' art. 192 cod. proc. pen.
per avere la
sentenza impugnata valorizzato come prova di responsabilità la circostanza che l'
imputato aveva evitato di fornire una verosimile ricostruzione del rapporto
proponendo quindi una sostanziale inversione dell' onere della prova e per avere
definito attendibile Milaneschi senza tenere conto delle molteplici e macroscopiche
menzogne segnalate con l' appello, avendo fondato il proprio convincimento su
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aprioristica affermazione di veridicità del narrato della persona offesa, che ha
trascurato di considerare anche le testimonianze del M.Ilo Trilocco e di Petreti;
III) a norma dell' art. 606 c. 1 lett. b) cod. proc. pen. in relazione agli art. 337, 42
e 47 cod. pen. per erronea applicazione della legge penale, perché per le modalità
anomale di predisposizione del controllo da parte della Guardia di Finanza il
ricorrente non ha avuto la possibilità di rendersi conto che si trattava di un
intervento di polizia ed ha al contrario ragionevolmente ritenuto trattarsi di un'
imboscata a fine di rapina, errore di fatto idoneo ad escludere la sussistenza dell'
elemento psicologico del reato.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso, per la parte in cui (nelle plurime articolazioni delle argomentazioni
difensive) critica la sentenza impugnata per avere affermato l' attendibilità della
persona offesa:
1.1. è infondato, là dove denuncia omessa ed illogica motivazione, perché la Corte
territoriale (come rammentato dallo stesso ricorrente) ha preso in considerazione
complessivamente le dettagliate doglianza mosse con l' appello ed ha escluso il
rilievo delle denunciate incongruenze delle dichiarazioni della persona offesa in
ordine alle modalità di gestione della delegazione A.C.I. di Tarquinia con
motivazione che, in quanto non manifestamente illogica, non può essere oggetto di
censura in questa sede. L' assunto dei giudici di merito, secondo cui si esclude l'
incidenza di tale incongruente narrazione sulla ricostruzione del rapporto finanziario
oggetto di giudizio, include anche il giudizio di complessiva attendibilità del teste.
La Corte di appello non ha frainteso il senso delle argomentazioni difensive: ne ha
escluso il rilievo decisivo, in una lettura complessiva della vicenda che ha consentito
di valorizzare la sostanziale credibilità del dichiarante nel nucleo essenziale della
sua esposizione, perché corroborato dal risultato della perizia contabile, dalla
valorizzazione delle conversazioni con l' imputato (oggetto di registrazione). In
particolare è stata posta in rilievo la risposta di Cappelletta ("non parlà") alli
affermazione di Milaneschi ("lo sapemo tutti e due che so' solo interessi") in un
contesto nel quale si discuteva di somme di danaro che quest' ultimo doveva
restituire al primo, somme in relazione alle quali si proponeva una sensibile
riduzione. La Corte di merito ha valorizzato anche l' episodio ultimo, quello dell'
estorsione, che ha fruttato alli imputato la consegna di novemila/00 euro in
contanti. È in relazione ad esso che è formulat. il
giudizio di inverosimiglianza delle
giustificazioni dell' imputato, senza alcuna violazione della regola probatorio ed
inversione dell' onere relativo. Nell' ambito dei poteri propri del giudice del merito,
la Corte territoriale ha raffrontato quanto oggetto di denuncia, quanto risultato all'
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esito degli accertamenti di polizia giudiziaria, quanto indicato dall' imputato ed ha
concluso per l' attendibilità della deposizione della persona offesa;
1.2. è ancora infondato per la parte in cui lamenta omessa risposta ai rilievi
afferenti l' individuazione del tasso di interesse. La sentenza non si è soffermata
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praticato, perché esso risulta dalle
dichiarazioni accusatorie della persona offesa, tasso che ordinariamente era dell'
ordine del 32% su base annua (nello stesso ricorso, a pagg. 21-22, sono riportate
le dichiarazioni di Milaneschi, secondo cui a fronte di prestito di diecimila/00 euro si
conveniva la restituzione in dodici rate mensili dell' importo ciascuno di
millecento/00 euro, per un totale di tredicimiladuecento/00 euro; da tale premessa,
impropriamente a pag. 31 dello stesso ricorso si afferma che il tasso praticato era
solo del 10%). Tasso al quale la sentenza impugnata fa riferimento allorché, nella
parte introduttiva, riassume gli argomenti posti a fondamento della sentenza di
primo grado;
1.3. Ad analoghe conclusioni deve pervenirsi quanto ai rilievi difensivi mossi con l'
appello alle (asseritamente) incongruenti spiegazioni fornite dalla persona offesa sul
significato da attribuire ai conteggi effettuati dall' imputato e risultanti da foglio
manoscritto (allegato in fotocopia anche al ricorso). Si osserva che la sentenza
(nella necessaria esigenza di sintesi della motivazione) ha dato risposta per
implicito, nel momento in cui ha espresso la complessiva valutazione di attendibilità
del narrato della persona offesa. Lo stesso ricorrente del resto riconosce che proprio
il documento in questione attesta che ad ottobre del 2006 il saldo del debito era
dell' ordine di settantaseimila/00 euro. Come risulta dal testo della sentenza
impugnata, il ragionamento probatorio del Tribunale collegava l' importo di tale
debito (C 76.592,33) alla pretesa, formulata con modalità estorsive, di ottenere
centodiecimila/00 euro. Vero quindi che il documento manoscritto non conteneva
indicazione alcuna di interessi da corrispondere, ma il loro importo è stato desunto
per differenza dalla somma pretesa attraverso le richieste telefoniche.
1.4. Ad analoghe conclusioni deve pervenirsi in ordine alla pretesa omessa risposta
alla doglianze evidenziate con l' appello in ordine alle modalità anonime di
formulazione delle richieste estorsive. La sintetica conclusione cui perviene la Corte
territoriale si fonda sul contenuto delle registrazioni delle minacce ricevute per
telefono, registrazioni il cui contenuto è valorizzato nel suo significato, perché
messo in relazione con quanto accertato dalla Guardia di Finanza la sera dell'
11.12.2007. La fuga, il tentativo di liberarsi delle banconote (per l' importo di
novemila/00 euro) appena ricevute da Milaneschi mediante il lancio dal finestrino
della busta che le conteneva, sono circostanze che la Corte di appello ha valutato a
chiusura e coronamento del ragionamento probatorio che, si ripete, in quanto non
manifestamente illogico, si sottrae a censure di legittimità e che vale come
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esaustiva risposta alle osservazioni difensive che ponevano in dubbio la possibilità
di relazionare le telefonate di minaccia e le azioni intimidatotp ad opera di ignoti
con la conclusione culminata nel rammentato episodio dell' 11 dicembre 2007.
1.5. La valutazione che il ricorrente pretende di dare alla frase pronunciata dall'
imputato nella telefonata del 21 novembre 2007 ("Mo' me so' rotto le palle, eh, mo'
cambio sistema") è alternativa rispetto a quella, sia pure sintetica, cui è pervenuta
la sentenza impugnata, che è giunta alla determinazione di "disattendere la censura
sulle varie conversazioni intercettate". I giudici del merito hanno messo in relazione
le telefonate del ricorrente con quelle delle ignote persone che rendevano espliciti
gli intendimenti minacciosi dell' imputato, sicché la frase da ultimo pronunciata nel
novembre dava contenuto diretto a quello che per via anonima fino a quel
momento era accaduto.
1.6. La denuncia di illogicità della motivazione e di travisamento della prova:
- è inammissibile quanto al primo profilo, perché con esso si propongono questioni
che attengono al merito attraverso la sollecitazione di una ulteriore valutazione in
fatto come tale non consentita in sede di legittimità. Ed invero si formulano ipotesi
alternative di ricostruzione dei rapporti debito credito, che si pretende di desumere
dalla sintetica parte espositiva della sentenza impugnata, che riassume le
argomentazioni della sentenza di primo grado, sentenza la cui motivazione è stata
oggetto di critica con l' appello e che quindi non può essere recuperata in questa
sede al fine di 5/4 ulteriori doglianze, perché ormai sono precluse, per l' effetto
devolutivo sancito dall' art. 597 c. 1 cod. proc. pen.;
- è ancora inammissibile quanto al secondo profilo.
Come noto, la formula novellata dell' art. 606 c. 1 lett. e) c.p.p. ha introdotto come
nuova ipotesi di vizio della motivazione (oltre alla mancanza e alla manifesta
illogicità) la contraddittorietà della stessa, risultante non soltanto dal testo del
provvedimento impugnato, ma anche "da altri atti del processo specificamente
indicati nei motivi di gravame". Il dato normativo lascia inalterata la natura del
controllo del giudizio di cassazione, che può essere solo di legittimità. Non si fa
carico alla Suprema Corte di formulare un' ulteriore valutazione di merito. Si
estende soltanto la congerie dei vizi denunciabili e rilevabili. Il nuovo vizio è quello
che attiene sempre alla motivazione ma che individua come tertium comparationis,
al fine di rilevarne la mancanza l' illogicità o la contraddittorietà, non solo il testo
del provvedimento stesso ma "altri atti del processo specificamente indicati nei
motivi di gravame". L' espressione adottata ("altri atti del processo") deve essere
interpretata non nel senso, limitato, di atti a contenuto valutativo (come gli atti di
impugnazione e le memorie difensive) ma anche in quello di atti a contenuto
probatorio (come i verbali) al fine di rimediare al vizio della motivazione dipendente
dalla divaricazione tra le risultanze processuali e la sentenza. La novella normativa
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introduce così due nuovi vizi definibili come: 1) travisamento della prova, che si
realizza allorché nella motivazione della sentenza si introduce un' informazione
rilevante che non esiste nel processo; 2) omessa valutazione di una prova decisiva
ai fini della decisione. Attraverso l' indicazione specifica della prova che si assume
travisata o omessa si consente alla corte di cassazione di verificare la correttezza
della motivazione (sotto il profilo della sua non contraddittorietà e completezza)
rispetto al processo. Questo ovviamente nel caso di decisione di appello difforme
da quella di primo grado. Ed invero in caso di c.d. doppia conforme il limite del
devolutum
non può essere valicato ipotizzando recuperi in sede di legittimità
(Cass.- Sez. 2, 22.3-20.4.2006 n. 13994; Cass. Sez. 2. 12-22.12.2006 n. 42353;
Cass. Sez. 2, 21.1-7.2.2007 n. 5223).
Il ricorrente, in caso di c.d. doppia conforme, deve limitarsi a dimostrare di aver
rappresentato con l' appello il risultato probatorio del dibattimento per poter poi
denunciare il vizio di mancanza di motivazione, in relazione all' omessa
considerazione delle deduzioni difensive. A tanto in effetti ha adempiuto attraverso
le dettagliate contestazioni di cui al primo motivo di ricorso e alle quali si è già data
risposta articolata ai paragrafi che precedono.
2.
Il secondo motivo di ricorso, che denuncia vizio motivazionale in relazione alli
art. 192 cod. proc. pen., è infondato, perché reitera le questioni più
dettagliatamente sviluppate con il primo motivo di ricorso in relazione alle non
condivise valutazioni di attendibilità dei giudici di merito in relazione alle
dichiarazioni della persona offesa, che, si ribadisce,
sono state accolte non
acriticamente maVeguito dell' espressa considerazione dei già rammentati elementi
di prova, che hanno consentito di superare le iniziali ragioni di diffidenza (come lo
stesso ricorrente richiama con riferimento alla testimonianza del M.Ilo Trilocco) da
parte degli stessi organi inquirenti nella fase delle indagini.
3.
Il terzo motivo di ricorso, che denuncia erronea applicazione della legge penale in
relazione agli artt. 337, 42 e 47 cod. pen., è dedotto in maniera inammissibile,
perché propone una non consentita lettura alternativa del medesimo materiale
probatorio già esaminato dai giudici di merito, con motivazione che, in quanto non
manifestamente illogica, si sottrae a censure in questa sede. L' indagine di
legittimità sul discorso giustificativo della decisione ha un orizzonte circoscritto,
dovendo il sindacato demandato alla Corte di cassazione essere limitato - per
espressa volontà del legislatore - a riscontrare l' esistenza di un logico apparato
argomentativo sui vari punti della decisione impugnata, senza possibilità di
verificare l' adeguatezza delle argomentazioni di cui il giudice di merito si è avvalso
per sostenere il suo convincimento o la loro rispondenza alle acquisizioni
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processuali. Esula infatti dai poteri della Corte di cassazione quello della "rilettura"
degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione, la cui valutazione è, in
via esclusiva, riservata al giudice del merito, senza che possa integrare il vizio di
legittimità la mera prospettazione di una diversa, e per il ricorrente più adeguata,
valutazione delle risultanze processuali (Cass. S.U. 30.4/2.7.97 n. 6402, ric.
Dessimone e altri; Cass. S.U. 24.9-10.12.2003 n. 47289, ric. Petrella).
Il ricorrente vuole ancora giustificare il comportamento serbato allorché i militari
della Guardia di Finanza gli intimarono di fermarsi, mentre a bordo del suo veicolo
si stava allontanando dal luogo di incontro con Milaneschi, che gli aveva fruttato la
consegna di novemila/00 euro in contanti. Ma dimentica che in questa sede non è
consentito sovrapporre una diversa valutazione (ancorché logicamente
apprezzabile) rispetto a quella formulata in sede di merito, ma solo sindacarne la
tenuta logica (nei limiti della non manifesta illogicità).
4. Il ricorso deve in conseguenza essere rigettato, con condanna del ricorrente al
pagamento delle spese processuali e alla rifusione, in favore della costituita parte
civile, delle spese del grado che, in difetto di specifica, si liquidano in via equitativa
in C 1.500,00 di onorari oltre accessori di legge.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali
nonché alla rifusione di quelle sostenute dalla parte civile Milaneschi Giulio,
liquidate in C 1.500,00 oltre accessori di legge.
Roma 28 novembre 2013
Corte di Cassazione - copia non ufficiale

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