Sentenza Nº 50919 della Corte Suprema di Cassazione, 08-11-2018

Presiding JudgeMAZZEI ANTONELLA PATRIZIA
ECLIECLI:IT:CASS:2018:50919PEN
Date08 Novembre 2018
Judgement Number50919
CourtPrima Sezione (Corte Suprema di Cassazione di Italia)
Subject MatterPENALE
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
FRASCATI ANTONINO nato a REGGIO CALABRIA il 18/01/1942
avverso il decreto del 27/10/2017 della CORTE APPELLO di REGGIO CALABRIA
udita la relazione svolta dal Consigliere RAFFAELLO MAGI;
lette/sentite le conclusioni del PG
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IL
Penale Sent. Sez. 1 Num. 50919 Anno 2018
Presidente: MAZZEI ANTONELLA PATRIZIA
Relatore: MAGI RAFFAELLO
Data Udienza: 13/07/2018
Corte di Cassazione - copia non ufficiale
IN FATTO E IN DIRITTO
1. La Corte di Appello di Reggio Calabria con decreto emesso in data 27 ottobre 2017 ha
respinto l'appello proposto da Frascati Antonino, relativo alla decisione con cui il
Tribunale di Reggio Calabria - in sede di misure di prevenzione - aveva rigettato la
domanda di
'non esecutività'
della confisca definitiva, proposta ai sensi dell'art.46
Convenzione Edu.
1.1 Vanno esposte alcune circostanze di fatto, al fine di inquadrare il contenuto della
decisione impugnata.
Frascati Antonino è destinatario di una misura di prevenzione patrimoniale, definitiva dal
26 settembre del 2006.
La procedura che, all'epoca, determinò la confisca venne trattata - in primo grado - in
udienza camerale, pur a fronte di richiesta di trattazione in udienza pubblica.
Circa tale aspetto, Frascati Antonino risulta destinatario di una sentenza a lui favorevole
emessa dalla Corte Europea dei Diritti dell'Uomo (da ora in avanti Corte Edu) in data 13
maggio 2014.
Ie
In particolare, la Corte Edu, nel suo dispositivo, dispone la cancellazione dal ruolo qa
parte del ricorso relativa alla mancata trattazione in udienza pubblica del procedimento
che ha dato luogo alla confisca, essendo intervenuta dichiarazione unilaterale del
Governo italiano che riconosce la violazione dell'art.6 della Convenzione, con accollo delle
spese del procedimento. La restante parte del ricorso (relativa alla denuncia di violazione
dell'art.1 Prot.1 e dell'art.4 del prot.7) viene ritenuta irricevibile, in quanto la Corte Edu
non rileva alcuna apparenza di violazione dei diritti e delle libertà sanciti dalla
Convenzione o dai suoi Protocolli.
1.2 Ciò posto, la Corte di Appello, nella decisione qui impugnata - dopo aver sintetizzato
gli argomenti della parte, tesi a ribadire il contenuto della domanda in termini di
'annullamento' della decisione di confisca, in virtù dei contenuti della sentenza emessa
dalla Corte Edu -, riuniva preliminarmente al giudizio la procedura 'parallela' che era
stata oggetto di decisione da parte di questa Corte di Cassazione in data 30 marzo 2017.
Risulta infatti che Frascati Antonino aveva contestualmente impugnato il diniego del
Tribunale sia con l'appello che mediante proposizione di ricorso per cassazione.
Questa Corte, con sentenza numero 20171 del 2017 aveva osservato che la domanda del
Frascati era inquadrabile come richiesta di
revoca
della confisca definitiva, ai sensi
dell'art.7 della legge n.1423 del 1956. Ne era derivata la qualificazione del ricorso in
appello, data la individuazione del regime giuridico di impugnazione applicabile a tale
tipologìa di domanda.
1.3 Valutando le doglianze, la Corte di merito ritiene che nessun effetto ulteriore possa
derivare dalla decisione emessa dalla Corte Edu in data 13 maggio 2014 nei confronti del
Frascati, atteso che la stessa Corte Edu ha limitato l'effetto favorevole per il Frascati
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Corte di Cassazione - copia non ufficiale
all'avvenuto accertamento della violazione (riconosciuta dal Governo italiano), da
ritenersi riparazione equa, sufficiente a compensare il danno morale.
Si evidenzia altresì che l'Italia si è adeguata alla necessità di prevedere la facoltà di
udienza pubblica in primo grado, nei procedimenti di prevenzione, in tal modo eliminando
il vizio
sistemico
dell'ordinamento interno.
Tutto ciò premesso si ritiene intangibile il giudicato di prevenzione, pure in presenza di un
accertamento di violazione, peraltro limitata ad un particolare aspetto del rito. Non
potrebbe, in conclusione, farsi discendere dalla previsione di adeguamento contenuta
nell'art. 46 Conv. Edu
un obbligo di rimozione degli effetti del giudicato interno, specie lì
dove la riapertura del giudizio non sia stata sollecitata, come strumento di riparazione,
dalla stessa Corte Edu.
Viene, pertanto, ribadito che tale conclusione si impone sia ove voglia mantenersi la
domanda in termini di 'declaratoria di ineseguibilità' che in termini di 'richiesta di revoca'.
2. Avverso detta ordinanza ha proposto ricorso per cassazione - a mezzo del difensore -
Frascati Antonino, con unico - ampio - motivo, rubricato in termini di erronea
applicazione di legge e vizio di motivazione, per non avere la Corte di Appello disposto la
restitutio in integrum
pure a fronte di accertamento della violazione dell'art.6 Conv.Edu
.
2.1 Secondo il ricorrente è erronea la premessa in diritto - contenuta nella decisione
impugnata - per cui l'avvenuto accertamento della violazione sarebbe di per sè una
'riparazione equa' del pregiudizio sofferto.
Ciò perchè tale pregiudizio non è solo morale ma anche materiale, essendo stato inciso,
nel procedimento di prevenzione, il diritto di proprietà, costituzionalmente protetto.
L'accertamento della violazione è, nella prospettiva del ricorrente, fonte di un obbligo
ulteriore, quello di eliminare gli effetti pregiudizievoli del procedimento
unfair
che ancora
perdurano.
Si afferma esplicitamente che 'se un procedimento è ingiusto, tutto quel che ne consegue
risulta inficiato dalla medesima iniquità' , secondo la teoria processuale della invalidità
derivata (si compie riferimento alla disposizione in tema di nullità di cui all'art. 185 co.1
cod . p roc. pen.).
Dunque, non essendovi dubbio circa la ricorrenza di un 'vizio' nella procedura che - a suo
tempo - ha dato luogo alla confisca (rappresentato dalla violazione della norma
convenzionale, in tema di modalità di trattazione del procedimento), l'esito di quella
procedura andava dichiarato inefficace. Il fatto che la Corte Costituzionale prima ed il
legislatore poi abbiano eliminato il 'vizio sistemico' è confermativo, in tale prospettiva,
della gravità del vizio medesimo e della correlata necessità di rimozione del giudicato.
Il ricorrente cita l'arresto rappresentato da Sez. I n.43112 del 2017,
Contrada,
allo scopo
di sostenere l'ammissibilità della mera richiesta di inefficacia (domanda esecutiva), che è
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Corte di Cassazione - copia non ufficiale
cosa diversa dalla richiesta di riapertura del procedimento. Cita altresì la decisione Sez. I
n. 44193 del 2017,
Dell'Utri,
allo scopo di evidenziare che nel caso in esame non vi
sarebbe 'necessità della adozione dello strumento della revisione, trattandosi di
intervento di rimozione del giudicato privo di contenuti discrezionali.
2.2 Il ricorrente ribadisce di non aver chiesto - in alcun atto difensivo - la revisione ma
di aver attivato un 'semplice' incidente di esecuzione teso alla rimozione del giudicato
iniquo.
Tale intervento di rimozione degli effetti era dunque necessitato e trova fonte nella
previsione dell'art. 46 Conv. Edu
, così come tale disposizione è stata più volte
interpretata dalla stessa Corte Edu e dalla giurisprudenza interna (si cita Corte Edu 6
marzo 2007,
Scordino contro Italia,e
Sez. I 2800 del 2003
Dorigo).
3. Il ricorso è infondato, per le ragioni che seguono.
3.1 La trattazione del presente ricorso impone una - sia pur sintetica - fissazione di alcuni
punti in diritto che, per semplicità, possono definirsi come «necessaria riaffermazione del
principio di tipicità processuale».
Occorre partire, infatti, dalla vibrata rivendicazione, contenuta nel ricorso, della
tipologìa
di domanda
rivolta al Tribunale di Reggio Calabria prima, ed alla Corte di Appello in sede
di impugnazione di merito : Frascati Antonino ha attivato un incidente di esecuzione (e
non una domanda di revisione) in sede di prevenzione, prendendo a modello di
riferimento l'articolo 670 del codice di rito e domandando non già la riapertura del
procedimento definitivo, quanto la dichiarazione di ineseguibilità del provvedimento di
confisca, con immediata
restitutio in integrum.
La riaffermazione della volontà della
parte, contenuta nel ricorso, non consente alcuna diversa qualificazione dell'atto.
Ed è proprio tale - ribadita -
tipologìa di domanda
che conduce al rigetto del ricorso.
3.2 Va premesso, infatti, che i contenuti della decisione Sez. V n. 4463 del 15.11.2011,
Labíta,
condivisi dal Collegio, hanno fissato un primo principio di diritto che, nel caso in
esame, appare decisivo : la portata additiva della decisione n. 113 del 2011 della Corte
Costituzionale, in tema di 'revisione europea' si estende al procedimento di prevenzione.
La decisione in parola così argomenta il profilo di interesse :ty..
bisogna in primo luogo
rilevare che il presupposto di fatto su cui è fondato il provvedimento impugnato è errato.
Infatti la richiesta di revoca della misura del Labita era fondata sulla inconciliabilità tra la
pronuncia della CEDU ed il presupposto del provvedimento di applicazione della misura di
prevenzione personale, da cui era scaturita quella patrimoniale; era, allora evidente, la
richiesta di revoca del provvedimento genetico della misura di prevenzione. 5.2. Tanto
premesso deve rilevarsi che nessun dubbio è oramai possibile sull'obbligo della
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giurisdizione nazionale di conformarsi alle decisioni della Corte Europea per i diritti
dell'uomo a seguito della sentenza n. 113 del 2011 della Corte Costituzionale, che ha ad
oggetto l'art. 630 c.p.p., ma le cui statuizioni debbono trovare applicazione anche con
riferimento alle misure di prevenzione, dal momento che l'istituto disciplinato dalla L. n.
1423 del 1956, art. 7 è assimilato agli strumenti revocatori. Con la citata sentenza la
Corte Costituzionale ha dichiarato la incostituzionalità dell'art. 630 cod. proc. pen. nella
parte in cui non prevede un diverso caso di revisione della sentenza o del decreto penale
di condanna al fine di conseguire la riapertura del processo, quando ciò sia necessario, ai
sensi dell'art. 46, paragrafo 1, della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo
e delle libertà fondamentali, per conformarsi ad una sentenza definitiva della Corte
Europea dei diritti dell'uomo. Per effetto di una interpretazione costituzionalmente
orientata, l'effetto abrogante deve essere esteso anche all'istituto della revoca della
misura di prevenzione previsto dalla L. n. 1423 del 1956, art. 7, tenuto conto, come già
detto, della assimilazione di tale istituto agli strumenti revocatori e, quindi, della
medesima ratio che connota gli istituti della revisione di cui all'art. 630 c.p.p. con
riferimento al procedimento di cognizione e quello della revoca di cui al citato art. 7 con
riferimento al procedimento di prevenzione. Una diversa interpretazione renderebbe non
manifestamente infondata una eccezione di incostituzionalità della L. n. 1423 del 1956,
art.7. 5.3. L'elemento sopravvenuto che legittima la revisione del procedimento di
prevenzione non è, quindi, costituito, nel caso di specie, dal cd. fatto nuovo
tradizionalmente inteso e nemmeno dai mutamenti della giurisprudenza della Suprema
Corte in tema di rapporto tra giurisdizione domestica e decisioni della Corte Europea per i
diritti dell'uomo, mutamenti che non sarebbero rilevanti, ma dalla abrogazione, o meglio
dalla integrazione, di una norma procedurale quale è l'art. 630 cod. proc. pen.,
integrazione estensibile, come già detto, all'istituto previsto dalla L. n. 1423 del 1956,
art
.
).
In altre parole, nel sistema delle misure di prevenzione - ordinamento settoriale con tratti
comuni ma non del tutto sovrapponibili a quelli del procedimento penale -,
è
pacificamente riconosciuta come esistente
la particolare «ipotesi di revisione» introdotta
dalla Corte Costituzionale con la sentenza additiva n.113 del 2011 correlata alla necessità
di «conformazione» dell'ordinamento interno ai contenuti delle sentenze definitive
emesse dalla Corte di Strasburgo. Il contenitore procedimentale è quello dell'art. 7 della
legge n.1423 del 1956 (revoca anche
ex tunc,
in virtù delle estensioni interpretative
giurisprudenziali), disposizione ora collocata nel testo dell'art. 11 co.2 d.lgs. n.159 del
2011 (per le misure personali, posto che per quelle patrimoniali è applicabile l'art.28 del
medesimo decreto legislativo), ma la fattispecie processuale
è direttamente
quella
introdotta dalla Corte Costituzionale, con la decisione più volte citata, non essendo - a
Corte di Cassazione - copia non ufficiale
tutt'oggi - intervenuto alcun provvedimento legislativo teso a delimitare i confini
dell'istituto o stabilirne le modalità di dettaglio.
3.3 Ciò posto, va ripreso (v. Sez. I, n. 44193 del 2016,
Dell'Utri,
ai cui contenuti si fa
integrale rinvio), il secondo principio di diritto che orienta verso la soluzione del caso : in
tutti i casi - successivi alla decisione della Corte Costituzionale n.113 del 2011 - in cui
venga in rilievo una 'necessità di adeguamento' posteriore a una pronunzia della Corte
Edu e correlata all'art. 46 Conv. Edu
con potenziale neutralizzazione del giudicato
interno, la disciplina regolatrice della particolare situazione procedimentale va
individuata, con assoluta priorità, nel testo e nel dispositivo della decisione in parola,
introduttiva della
ipotesi aggiuntiva di revisione,
e non in forme procedimentali diverse.
Nel citato arresto, si è - in particolare - affermato che il ricorso alle forme e allo statuto
dell'incidente di esecuzione si è verificato, in rapporto alla esigenza sottesa all'art. 46
Convenzione Edu, in momenti 'storici' che non consentivano soluzioni diverse (ad es. il
caso
Dorigo)
o in virtù di una particolare 'sequenza' che dalla decisione della Corte Edu -
in caso di violazione del principio di legalità penale di cui all'art. 7 - ha finito con il
coinvolgere la Corte Costituzionale italiana, con rimozione
erga omnes
del precetto
contrastante con Costituzione e Convenzione (così nel caso
Scoppola..:
l'approdo allo
strumento dell'incidente di esecuzione è - dichiaratamente - frutto dell'applicazione
dell'art. 30 co.4 della legge n.87 del 1953, norma che ha senso richiamare solo in quanto
vi sia stata la decisione di illegittimità costituzionale che si pone quale «indefettibile
momento intermedio» tra la decisione emessa dalla Corte Edu e l'applicazione
post-
giudicato
dei principi in essa affermati nei confronti di soggetti «ulteriori» rispetto alla
parte vittoriosa in sede sovranazionale, sempre che la decisione CEDU abbia individuato
un vizio strutturale dell'ordinamento interno tale da rendere «necessaria» l'estensione
degli effetti come misura riparatoria ricollegabile con chiarezza alle previsioni degli articoli
41 e 46 della Convenzione, per come interpretati dalla stessa Corte Edu nel corso del
tempo).
Dunque va tenuto presente che nel caso qui in esame pur essendo - posteriormente alle
decisioni emesse dalla Corte di Strasburgo riguardanti l'Italia - intervenuta la decisione
della Corte Costituzionale n.136 del 2010, introduttiva della facoltà di richiedere la
trattazione del giudizio di prevenzione in pubblica udienza, la sottostante violazione
dell'art. 6 Conv. per le procedure già trattate (da ritenersi accertata anche nel caso del
Frascati, avendo la Corte Edu ritenuto di non muovere rilievi alla dichiarazione
unilaterale del Governo, cancellando la causa dal ruolo) attiene al rito e si pone,
pertanto, quale logico antecedente causale di una 'rinnovazione' dell'atto (tramite la
revisione) e non di una eliminazione necessaria dei suoi effetti.
3.4 Lo strumento processuale, in altre parole, non è qualcosa di indifferente o di
surrogabile, rispetto ai valori che incarna e che intende proteggere.
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Corte di Cassazione - copia non ufficiale
L'adozione di un modello di intervento (revisione) piuttosto che di un altro (incidente di
esecuzione) non è affatto neutra, rispetto agli ambiti di intervento giurisdizionale ed agli
effetti della domanda, il che impone di indivtíduare le ragioni per cui si ritiene di ribadire
- nel caso che ci occupa - la tipicità vincolante dello strumento della revisione, non
attivato dalla parte.
3.5 Una impugnazione straordinaria come la revisione cd.europea, è - in particolare - una
forma aggiuntiva di revisione,
con vocazione generalista, che - secondo il percorso
argomentativo del giudice delle leggi - consente di coniugare più esigenze che
indubbiamente risultano meritevoli di tutela.
Da un lato quella del soggetto che ha ottenuto una pronunzia favorevole dalla Corte Edu
(nonchè, è da ritenersi dei soggetti che pur trovandosi in identica condizione non abbiano
attivato l'azione di accertamento della violazione convenzionale), successiva - per la
stessa natura sussidiaria della giurisdizione convenzionale - ad un giudicato interno (v.
art. 35 Conv. Edu
), che si pone indubbiamente in termini di
restitutio in integrum,
dovendo - in termini generali - lo Stato destinatario della pronunzia attivarsi allo scopo di
eliminare o quantomeno ridurre gli effetti della violazione della Convenzione accertata nel
giudizio sovranazionale (tra le molte decisioni della Corte Edu si veda, in riferimento ad
un recente caso riguardante l' Italia, quanto ribadito nel caso
Lorefice contro Italia,
sent.
del 23 giugno 2017 al par. 52 , ove si legge : la Corte rammenta inoltre che, quando,
come nel caso di specie, un privato è stato condannato all'esito di un procedimento che
non ha soddisfatto le esigenze dell'articolo 6 della Convenzione, un nuovo processo o una
riapertura del procedimento, su richiesta dell'interessato, costituiscono, in linea di
principio, un mezzo adeguato per riparare la violazione constatata .. si vedano, mutatis
mutandis, (5calan c. Turchia [GC], n. 46221/99, § 210, CEDU 2005-IV; Popovici, sopra
citata, § 87; e Gerovska Pogevska c. «Ex-Repubblica jugoslava di Macedonia, n.
48783/07, § 68, 7 gennaio 2016).
Dall'altro, quella non già della tutela formale del giudicato, quanto l'esigenza di
«perimetrare gli effetti della violazione» ed apprezzare l'effettiva «incidenza» della
violazione accertata (al di là della possibile ridiscussione del suo fondamento) in un
contesto giurisdizionale
aperto,
atteso che la violazione che può riguardare aspetti
sostanziali, aspetti in rito, condizioni di validità del processo in punto di indipendenza e
imparzialità del giudice, regolarità del procedimento probatorio, effettiva conoscenza
dell'accusa o quant'altro ricada nelle generali descrizioni dei principi fondamentali
contenuti nella Convenzione Europea.
A ben vedere, dunque, l'avvenuta individuazione della revisione come strumento tipico
attraverso il quale introdurre il procedimento di «verifica delle condizioni per
l'adeguamento» ai contenuti di una decisione Corte Edu non è avvenuta solo in
riferimento
all'occasio
(il giudizio incidentale di costituzionalità che ha dato luogo alla
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Corte di Cassazione - copia non ufficiale
pronunzia) ma è stata valorizzata dallo stesso giudice delle leggi come contenitore
idoneo, proprio nella misura in cui lo strumento della revisione implica quella
«riapertura» del
giudizio
(atto prodromico alla eliminazione della violazione in rito) a
soluzioni aperte
che garantisce l'osservanza del principio di legalità costituzionale.
Ciò si coglie esplicitamente in alcuni passaggi argomentativi della decisione n.113 del
2011 Corte Cost. che proprio in virtù della latenza legislativa rappresentano un utile
riferimento interpretativo.
3.6 In particolare, è la stessa Corte Costituzionale ad affermare che [..] il giudice
a
quo
ha, per altro verso,
non ingiustificatamente individuato
nell'art. 630 cod. proc. pen.
la
sedes
dell'intervento additivo richiesto: la revisione, infatti - comportando, quale
mezzo straordinario di impugnazione a carattere generale, la
riapertura del processo,
che
implica una ripresa delle attività processuali in sede di cognizione, estesa anche
all'assunzione delle prove -
costituisce l'istituto, fra quelli attualmente esistenti nel
sistema processuale penale, che presenta profili di maggiore assonanza con quello la cui
introduzione appare necessaria al fine di garantire la conformità dell'ordinamento
nazionale al parametro evocato [..] .
In tale quadro, viene sottolineatQ, g) [...] la
riapertura
del processo - intesa,
quest'ultima, come concetto di genere, funzionale anche alla rinnovazione di attività già
espletate, e, se del caso, di quella integrale del giudizio - quando la riapertura stessa
risulti necessaria, ai sensi dell'art. 46, paragrafo 1, della CEDU, per conformarsi a una
sentenza definitiva della Corte europea dei diritti dell'uomo (cui'
pei1 ot
-
d11.
cy, va
equiparata la decisione adottata dal Comitato dei ministri a norma del precedente testo
dell'art. 32 della CEDU). La necessità della riapertura andrà
apprezzata -
oltre che in
rapporto alla natura oggettiva della violazione accertata (è di tutta evidenza, così, ad
esempio, che non darà comunque luogo a riapertura l'inosservanza del principio di
ragionevole durata del processo, di cui all'art. 6, paragrafo 1, CEDU, dato che la ripresa
delle attività processuali approfondirebbe l'offesa) - tenendo naturalmente conto delle
indicazioni contenute nella sentenza della cui esecuzione si tratta, nonché nella sentenza
interpretativa eventualmente richiesta alla Corte di Strasburgo dal Comitato dei ministri,
ai sensi dell'art. 46, paragrafo 3, della CEDU. S'intende, per altro verso, che,
quando
ricorra l'evenienza considerata, il giudice dovrà procedere a un vaglio di compatibilità
delle singole disposizioni relative al giudizio di revisione. Dovranno ritenersi, infatti,
inapplicabili le disposizioni che appaiano inconciliabili, sul piano logico-giuridico, con
l'obiettivo perseguito (porre l'interessato nelle condizioni in cui si sarebbe trovato in
assenza della violazione accertata, e non già rimediare a un difettoso apprezzamento del
fatto da parte del giudice, risultante da elementi esterni al giudicato), prime fra tutte -
per quanto si è osservato - quelle che riflettono la tradizionale preordinazione del
giudizio di revisione al solo proscioglimento del condannato [..].
8
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Non vi è dubbio, dunque, che lo strumento della revisione europea, per come disegnato
dalla decisione additiva che lo ha introdotto, presenti quegli ineliminabili connotati di
atipicità, rispetto alla revisione ordinaria, che risultano funzionali al raggiungimento di
uno scopo essenziale per la tutela dell'ordinamento costituzionale, ossia la capacità di
coniugare l'esigenza di 'eliminazione' delle conseguenze della violazione con quella della
rielaborazione
dei dati cognitivi idonei a pervenire alla soluzione del caso, sia con
assoluzione che con nuova condanna (inequivoca la parte finale dello stralcio
motivazionale di cui sopra), in un contesto giurisdizionale aperto, che si ponga l'obiettivo
di rimettere il soggetto in una condizione 'emendata' dal vizio in rito, ma non per questo
necessariamente liberatoria (dipendendo tale effetto dalla natura del vizio accertato e
dalla specifica situazione processuale che si va a riprodurre).
3.7 Tale particolare
valore sistemico
della revisione non è, di contro, assicurato
dall'incidente di esecuzione, strumento processuale che sottintende - in rapporto alla
rimozione del giudicato - una mera presa d'atto della esistenza di accadimenti successivi
che ne travolgano la validità (art. 673 cod.proc.pen.) o la riconoscibilità di un vizio di
formazione del titolo, con esclusione dei vizi del procedimento coperti dal giudicato (art.
670 cod.proc.pen., disposizione che, come affermato nella citata decisione
Dell'Utri,
mantiene un significato storico di enorme rilievo, antecedente alla introduzione dello
strumento della revisione europea).
Ed è proprio tale 'natura ontologica' dell'incidente di esecuzione che, salvo ipotesi
particolari (esistenza di una decisione dichiarativa della illegittimità costituzionale di una
norma di diritto sostanziale incidente sul giudicato o assenza, per circostanze processuali,
di altri rimedi esperibili, come nel caso trattato da Sez. I 43112 del 2017,
Contrada,
che,
per tale ragione, non si presta a generalizzazioni come quelle proposte nel ricorso)
contrasta in modo irrimediabile con quel complesso confronto di valori che l'istituto della
revisione consente di realizzare.
4. Il caso in esame offre dimostrazione tangibile delle differenze tra gli istituti e della
erroneità dell'approccio coltivato dalla difesa.
A fronte di decisione emessa dalla Corte Edu che : a) accerta, sia pure in via indiretta,
l'esistenza della violazione correlata alla mancata celebrazione della udienza pubblica ; b)
esclude, al contempo, la violazione dei parametri sostanziali correlati alla tutela del diritto
L
proprietà, l'opzione del ricorrente inquadra rigidamente - ma illogicamente - l'unica
possibile risposta interna nell'incidente esecutivo di rimozione degli effetti (con
travolgimento irrimediabile del giudicato),lì dove l'adozione dello strumento da ritenersi
tipico (la revisione, non richiesta) avrebbe consentito la riapertura del procedimento (con
celebrazione della pubblica udienza) ma, al contempo, il doveroso esercizio dei poteri
cognitivi e valutativi del Tribunale della prevenzione, con soluzione aperta.
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Il ricorso va, pertanto rigettato. Segue,
ex lege,
la condanna del ricorrente al pagamento
delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali .
Così deciso il 13 luglio 2018
Corte di Cassazione - copia non ufficiale

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