Sentenza Nº 50428 della Corte Suprema di Cassazione, 28-11-2016

Presiding JudgeCORTESE ARTURO
ECLIECLI:IT:CASS:2016:50428PEN
Judgement Number50428
Date28 Novembre 2016
CourtPrima Sezione (Corte Suprema di Cassazione di Italia)
Subject MatterPENALE
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
SOLDANI MANLIO N. IL 15/07/1973
avverso la sentenza n. 17/2014 CORTE ASSISE APPELLO di ROMA,
del 06/05/2015
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 14/07/2016 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. GAETANO DI GIURO
Udito il Procuratore
Generale in persona
del Dott.
che ha concluso per
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Penale Sent. Sez. 1 Num. 50428 Anno 2016
Presidente: CORTESE ARTURO
Relatore: DI GIURO GAETANO
Data Udienza: 14/07/2016
Corte di Cassazione - copia non ufficiale
RITENUTO IN FATTO
1. Con la sentenza indicata in epigrafe la Corte di assise di appello di
Roma, per quanto in questa sede di interesse, in riforma della sentenza
del G.u.p. di Roma 09/12/2013, che dichiarava Soldani Manlio colpevole
dei delitti di omicidio premeditato, tentato omicidio e tentata rapina e lo
condannava alla pena complessiva dell'ergastolo, ha rideterminato detta
pena in anni trenta di reclusione.
1.1 Questi i fatti come ricostruiti dai Giudici del merito.
Alle ore 6,50 del 15 ottobre 2012 in Roma, via dei Carafa, nell'area
antistante il supermercato Todis, una persona con abbigliamento da
guardia giurata e indossante un passamontagna scuro esplodeva alcuni
colpi d'arma da fuoco all'indirizzo di due guardie giurate, Palomba
Gianluca e Proietti Salvatore, intente al prelievo dal vano della cassa
continua del supermercato di una busta sigillata contenente la somma di
circa trentacinquemila euro. Il Palomba, seppure ferito, riusciva a
rispondere al fuoco utilizzando l'arma in dotazione e mettendo in fuga il
rapinatore. Entrambe le guardie giurate venivano ricoverate in presidi
ospedalieri, ma mentre il Palomba, colpito solo di striscio al braccio
destro e con ferita penetrante al fianco destro, veniva dimesso dopo tre
ore, il Proietti, attinto da fuoco trapassante con foro di entrata a livello
dell' VIII spazio intercostale destro sull'ascellare media e foro di uscita al
fianco sinistro, nonostante molteplici interventi chirurgici, decedeva
"nell'ambito di una sequela fisiopatologica riconducibile sotto il profilo
causale alla lesività d'arma da fuoco". Sul luogo teatro dei fatti erano
repertati bossoli e ogive cal. 9x21 e cal. 40 (quest'ultimo ascrivibile al
munizionamento del rapinatore) ed era rinvenuto un passamontagna che
consentiva, attraverso il raffronto tra il profilo genotipico estrapolato dallo
stesso e il DNA del Soldani, di risalire a quest'ultimo come esecutore
materiale dei fatti. Si accertava, altresì, che nell'arco temporale dei delitti
in contestazione erano intercorsi fitti contatti tra un'utenza risultata in
possesso e in uso dell'imputato e sequestratagli al momento del suo
fermo e un'altra utenza, in relazione alla quale Soldani attribuiva l'uso a
tale Davide Rissi, suo amico, poliziotto del N.o.c.s., e a suo dire ispiratore
dei fatti per cui si procede e di altre rapine. Detta utenza veniva, però,
ricondotta dagli inquirenti alla moglie del Soldani, Clizia Forte ( nella cui
disponibilità, peraltro, era rinvenuta), imputata per
i
medesimi reati e
giudicata separatamente, la quale, secondo l'ipotesi di accusa, aveva
1
Corte di Cassazione - copia non ufficiale
ingaggiato per impersonare i fratelli Rissi i fratelli Simoni, tra cui Enrico il
sedicente Davide Rissi, chiamato in correità dal Soldani, il quale ultimo
riferisce di avere conosciuto anche il fratello dell'amico poliziotto, Andrea,
altresì manager e datore di lavoro della Forte. Il Soldani nello specifico
dichiara che l'amico gli era stato vicino in momenti difficili e lo aveva
aiutato a risolvere una crisi coniugale, acquistando, quindi, la sua fiducia.
Aggiunge che gli aveva garantito la "copertura" in relazione alla rapina
per cui è processo, grazie alla sua posizione all'interno delle forze
dell'ordine, che quindi aveva procurato le utenze attraverso cui avrebbero
comunicato ( risultate, invece, acquistate dalla moglie tramite il suo
allievo Filippo Zerilli ), che si erano visti alla vigilia della rapina di via
Carafa e che in quell'occasione lo aveva esortato a "sparare senza
pensare" durante la commissione della rapina. Il Soldani, in relazione
alla sua condotta durante la rapina, riferisce di avere intimato "fermo o
sparo" all'indirizzo delle due guardie giurate e, poiché una di costoro
(Proietti) si girava tentando di mettere mano alla pistola, di avere sparato
un colpo in direzione del giubbotto antiproiettile di quest'ultima; inoltre,
poiché anche l'altra (Palomba) tentava di sparare, di avere esploso due
colpi all'altezza sempre del giubbotto antiproiettile. In successive
dichiarazioni l'imputato riferisce di avere sparato soltanto per terra, mai
ad altezza d' uomo.
La Corte
a qua
evidenzia come il G.u.p. si sia soffermato sulla figura
della Forte, autrice del copione che prevedeva l'entrata in scena dei
sedicenti fratelli Rissi, individuando nella sua attività manipolatoria la
causale determinativa dei reati e nelle dichiarazioni del Soldani un
rapporto di dipendenza nei confronti della moglie, che il suddetto tentava
di tenere fuori dalla vicenda, concentrando la sua accusa sul Rissi.
La Corte territoriale, si confronta, poi, con l'appello proposto dalla
difesa dell'imputato, sottolineando, in primo luogo, come delle richieste di
rinnovazione dell'istruttoria dibattimentale sia stata accolta solo quella
dell'espletamento di perizia psichiatrica sull'imputabilità.
Nel paragrafo relativo a detto argomento si evidenzia che detta
perizia ha trattato anche aspetti genetici, escludendo la sussistenza della
sindrome di Noonan, ipotizzata dal consulente di parte prof. Marasco. Si
riportano, poi, gli stralci più significativi dell'elaborato dei periti nominati
dalla Corte, proff. Ferracuti e Molinari, in cui si evidenziano : a) "il deficit
intellettivo medio grave, ben mascherato, nella quotidianità, da buone
prestazioni linguistiche e da una buona educazione di base", tale da fare
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Corte di Cassazione - copia non ufficiale
rientrare il Soldani "nella categoria di soggetti con ritardo mentale lieve-
moderato", b) "l'incapacità di interpretare situazioni complesse e
soprattutto l'incapacità a pianificare le proprie azioni future" tale da
costringerlo "a creare soluzioni di fantasia", c) il collegamento tra i deficit
intellettivi ed "i deficit delle funzioni esecutive frontali", d) la "dipendenza
a riferimenti comportamentali esterni...che gli permettono di affrontare" il
mondo esterno ed "il suo costo in termini non solo di dipendenza da
queste figure ma anche di rigidità", quindi di costrizione "a mantenere gli
stessi parametri di riferimento anche quando palesemente falsi" e
"continuare a credere nell'amico poliziotto che non vede quasi mai, creare
un complesso complotto per mantenere la fonte di sicurezza che deriva
dalla fiducia nella moglie". Si evidenzia, inoltre, che "anche il fatto reato
per il quale è attualmente processato appare, nella versione fornita dal
soggetto, una situazione dove il Soldani, pur in piena consapevolezza del
disvalore intrinseco dell'atto, ha ceduto ad una volontà da cui si descrive
dipendente, anche perché fortemente motivato sotto il profilo
economico". Si conclude per l'insussistenza di "elementi di rilevanza
psichiatrico forense ai fini dell'imputabilità", in quanto "il soggetto pur
nella povertà delle sue risorse cognitive, ha evidenziato la sua
consapevolezza di disvalore della condotta attuata" ed "il gesto compiuto
è cognitivamente elementare e certamente alla portata anche di una
persona con disabilità intellettiva lieve".
Nella sentenza si dà, poi, atto dell'escussione nel corso dell'udienza
del 15.4.2015 dei periti e dei consulenti delle parti e del fatto che il prof.
Marasco abbia concordato con
i
periti sulla diagnosi, sulla manipolabilità
di
Soldani da parte di soggetti "forti" rispetto ai quali si pone in
condizione di sudditanza e sul fatto che si tratti di soggetto con "volontà
debole" e dunque plasmabile da terzi. Divergendo, però, nelle
conclusioni, in quanto, secondo il consulente di parte, la suddetta
"debolezza", in uno con il controllo esterno ed il deficit intellettuale
spingono
il Soldani ad azioni inconsulte, come il commettere la rapina in
divisa da guardia giurata dimenticando il passamontagna sul luogo dei
fatti, mentre, secondo il prof. Ferracuti, "dal punto di vista medico-legale
la debole volontà non è una malattia in senso medico-legale perché è
all'interno della dinamica relazionale che sì produce questo indebolimento
della volontà".
La Corte
a qua
ritiene pienamente condivisibili le conclusioni dei
periti, sottolineando come secondo la più recente giurisprudenza di
3
Corte di Cassazione - copia non ufficiale
legittimità, che ha recepito l'evoluzione della scienza psichiatrica, rilevino
ai fini dell'imputabilità anche i disturbi della personalità, che, pur non
inquadrabili nello schema classico dell'infermità di mente, sono tali da
determinare esclusione ovvero la diminuzione delle capacità cognitiva
e/o volitiva, e come niente del genere sia riscontrabile nel Soldani,
capace, pur in presenza di un deficit intellettivo di base, di costruirsi una
solida rete di legami affettivi, di esprimersi con chiarezza, di trovare un
lavoro come guardia giurata, di inserirsi in una rete di relazioni stabili.
Evidenzia, invero, la pronuncia impugnata come il Soldani riesca a fare
tutto ciò "grazie all'affidamento su figure "forti", quali la moglie, dalle
quali è inevitabilmente indipendente" e come "una volta accettata questa
protezione e accertatine gli effetti" però conoscenza e volontà siano
"soltanto sue". Rilevando che la vicenda si risolve
sul
piano psicologico e
relazionale al di fuori del più esteso concetto di infermità mentale e che
se il Soldani agisce così è per il "sistema di valori che gli è stato costruito
dalle figure di riferimento, e che ha fatto proprio"; e dunque "va a
rapinare, compiendo con piena coscienza e volontà le azioni" descritte in
quanto "si sente protetto dal poliziotto Rissi".
Quanto alla valutazione della dinamica omicida, la Corte
a qua
si
confronta con la tesi difensiva, secondo cui il fatto che sia il
Proietti
che il
Palomba siano stati attinti al fianco destro, mentre prima porgevano al
Soldani il fianco sinistro, starebbe a significare che entrambi abbiano
effettuato una torsione nel tentativo di afferrare l'arma e sparare, dopo
aver sentito l'intimazione che riferisce di avere effettuato l'imputato. Tesi
sulla base della quale, osserva la Corte, viene invocata la perizia balistica,
dalla stessa ritenuta superflua.
In primis
in quanto il Palomba ammette di
avere effettuato detta torsione e di essere stato sparato dall'imputato
mentre tentava a sua volta di sparare con la propria arma. In secondo
luogo in quanto per il Proietti non vi è prova di detta intimazione (che il
Soldani avrebbe dovuto rivolgere ad alta voce), che, invece, sarebbe
esclusa sia dal Palomba che dal Blasi. Quest'ultimo, posto alla guida del
furgone al momento dei fatti,
riferisce di aver sentito solo Io
sparo del
colpo - al pari del Palomba - nei confronti del Proietti ed il lamento di
quest'ultimo una volta colpito. Per cui non solo detta intimazione non
sarebbe dimostrabile attraverso un accertamento tecnico, ma sarebbe
smentita da tali elementi, dovendosi, pertanto, per il Collegio
a quo
rigettare la relativa richiesta istruttoria.
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Corte di Cassazione - copia non ufficiale
La Corte territoriale si confronta, poi, con la tesi del dolo eventuale,
sostenuta dalla difesa proprio per il fatto che il Soldani sapesse dell'uso
da parte delle guardie giurate dei giubbotti antiproiettili e contasse
sull'assorbimento dei colpi da parte degli stessi, come da rilievi tecnici in
atti che documentano la penetrazione del colpo esploso contro Proietti
attraverso il giubbotto. La Corte, pur dando atto della mancata prova di
un comando di sparare dell'istigatore ( il sedicente Davide Rissi oppure la
Forte oppure entrambi) sostenuta dalla difesa, afferma la sussistenza del
dolo alternativo, essendo il Soldani perfettamente consapevole di dover
fronteggiare e neutralizzare due guardie giurate armate e pronte a
reagire, che non si sarebbero lasciate disarmare senza opporre
resistenza, e fortemente animato dalla volontà di impossessarsi del
denaro. Inoltre, sempre secondo i Giudici
a quibus,
il Soldani sfruttò il
fattore sorpresa e sparò sul Proietti che non ebbe il tempo di reagire e
subito dopo sparò in rapida successione colpi contro il Palomba, che si era
voltato afferrando l'arma, in quanto aveva sentito lo sparo. I colpi, come
evidenziato dalla Corte, erano indirizzati al bersaglio umano e per il
Soldani non costituì un deterrente la presenza dei giubbotti, essendo
esperto di armi e potendo contare sugli effetti devastanti, anche nel caso
in cui sia indossato un giubbotto di protezione, di colpi sparati con una
pistola cal. 40 e quindi di notevole micidialità. Elementi, tutti, per
ritenere, secondo la Corte di secondo grado, che il Soldani si rappresentò
coscientemente l'alta probabilità di un esito letale accettandola in modo
equivalente al grave ferimento delle vittime.
I Giudici
a quibus
si confrontano, inoltre, col rilievo difensivo secondo
cui, avendo il Soldani concordato con il sedicente Rissi la rapina, sia pure
con l'impiego di armi , ma non certo la soppressione premeditata della
vittima, non vi sarebbe premeditazione, e secondo cui comunque non vi
sarebbero riscontri circa l'elemento cronologico. Ed affermano la
sussistenza della premeditazione, rilevando che l'agguato era finalizzato
ad una rapina che prevedeva la necessità di sparare contro le vittime con
elevata probabilità di causarne la morte e accettazione di ciò.
E
sottolineano come il dolo alternativo sia compatibile con detta
aggravante. Invero, osserva la Corte che le modalità cruente che la
presenza di guardie giurate armate rendeva necessarie erano ben
presenti all'autore fin dall'inizio e nei giorni precedenti senza indurlo per
questo a recedere dal proposito criminoso (configurandosi, così sia
l'elemento cronologico che ideologico) e che quindi può parlarsi di "una
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Corte di Cassazione - copia non ufficiale
premeditata modalità aggressiva che metteva in conto l'eliminazione della
vittima". Come testimonierebbe, secondo la pronuncia impugnata, il fatto
che l'imputato sparò a freddo il primo colpo contro Proietti, espressivo del
suo giudizio di indifferenza tra la morte ed il ferimento della vittima. E nel
caso di specie sarebbe configurabile, secondo la Corte
a qua,
quantomeno la premeditazione condizionata. E senza dubbio il nesso
teleologico , in quanto la rapina fu organizzata e programmata, e poi
eseguita, con originaria previsione dell'eliminazione, ove necessaria, delle
guardie armate.
La Corte territoriale si confronta, altresì, con la richiesta difensiva
dell'attenuante del contributo di minimo rilievo ex art. 114 cod. pen.,
rilevando che il fatto che il Soldani sia influenzabile non significa che
abbia partecipato minimamente ai fatti, essendo dimostrato, invece, che
prese parte attiva sin dal primo momento alla programmazione della
rapina divenendone poi il solo esecutore materiale.
Passando, infine, al trattamento sanzionatorio la Corte osserva, in
sintonia col Giudice di primo grado, l'insussistenza di elementi di segno
positivo tali da giustificare la concessione delle generiche, a fronte a) di
fatti di indubbia gravità, commessi con violenza fredda e premeditata,
nonché b) di dichiarazioni dell'imputato spesso contraddittorie, c) di una
confessione avvenuta in presenza di schiaccianti elementi indiziari della
colpevolezza del Soldani e e) del coinvolgimento dell'imputato anche in
altre rapine, come dallo stesso ammesso. Quanto, invece, alla dosimetria
della pena il Collegio
a quo
rileva che, trattandosi di un soggetto dalla
"volontà debole" che ha manifestato "un embrione di resipiscenza", la
pena può essere determinata in complessivi anni 30 di reclusione, così
riducendo la pena inflitta in primo grado.
2.
Avverso detta sentenza ha proposto ricorso per cassazione,
tramite il proprio difensore, Manlio Soldani.
2.1 Con il primo motivo si denunciano vizio di motivazione e
violazione degli arrt. 85, 88 e 89 cod. pen., per avere la sentenza
impugnata attraverso il travisamento dei dati probatori versati in atti, con
motivazione apparente, illogica e contraddittoria affermato ia penale
responsabilità dell'imputato pur in presenza di un vizio totale di mente ex
art. 88 cod. pen. o, in ogni caso, in presenza di un vizio parziale di mente
ex art. 89 cod. pen., apoditticamente esclusi dal giudicante.
6
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Dopo avere ripercorso í punti della consulenza tecnica di parte svolta
dal prof. Marasco, il difensore evidenzia come dalla medesima emerga
che il Soldani sia affetto da patologie psichiatriche serie, gravi, plurime,
con fondata probabilità di sindrome di Noonan, con deficit cognitivo e
ritardo mentale, e quindi un quadro patologico tale da richiedere
l'approfondimento tramite perizia, quale quello disposto dalla Corte di
appello, e poi dalla medesima superato attraverso l'adesione acritica alle
conclusioni assunte dai periti, senza svolgere il ruolo di
peritus peritorum.
Conclusioni, che si censurano per avere ritenuto la volontà di
Soldani ampiamente compromessa pur permanendo la "capacità di
intendere", senza spiegare perché l'incapacità di volere non fosse idonea
a escludere la capacità complessiva di intendere e di volere, considerato
che l'applicazione della disciplina di cui agli artt. 85, 88 e 89 impone la
contemporanea esistenza di entrambe le capacità ai fini dell'imputabilità.
Si censura l'elaborato peritale per la sua contraddittorietà, in quanto,
pur avendo evidenziato il ritardo mentale dell'imputato, l'incapacità di
interpretare situazioni complesse e di pianificare le proprie azioni future,
il deficit intellettivo, la dipendenza da riferimenti comportamentali
esterni, il livello intellettivo inferiore alla media, il cedimento ad una
volontà da cui si descrive dipendente, conclude per la piena capacità di
intendere e di volere del Soldani. Cercando la Corte di appello di
rimediare attraverso il ricorso alle dichiarazioni dei periti in sede di
escussione all'udienza del 15 aprile 2015, trascurando però di valutare la
riscontrata "volontà debole" affermata in quella sede, che aggiunta al
ritardo mentale e a tutti gli altri elementi evidenziati dai periti sempre in
quella sede - il disturbo a livello di risorse cognitive, i ragionamenti
esageratamente semplicistici, il quoziente intellettivo pari a 53, di molto
inferiore alla media, l'incapacità di pianificazione, programmazione,
attenzione e concentrazione - non avrebbe potuto far propendere per
l'imputabilità del Soldani. Ed avrebbe, invece, dovuto far propendere o
per l'esclusione della capacità di intendere e di volere o comunque per le
conclusioni del consulente tecnico della difesa che, con assoluta aderenza
al dato oggettivo, escludendo il deficit della capacità di intendere in
relazione alla fattispecie di reato, parla di compromissione della capacità
di volere e di vizio parziale di mente.
Il
difensore evidenzia, altresì, come la condizione del Soldani, di
soggetto che per il suo deficit intellettivo deve necessariamente
appoggiarsi a delle figure di riferimento, possa incidere quantomeno sulla
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Corte di Cassazione - copia non ufficiale
sua partecipazione ai fatti rendendola di minimo rilievo ai sensi dell'art.
114 cod. pen. E come la Corte abbia sul punto affermato, in modo
apodittico, che il fatto che l'imputato sia influenzabile non significa che
debba essere considerato succube del complice occulto e minimo
partecipe del delitto.
2.2 Col secondo motivo di impugnazione si denunciano vizio di
motivazione e violazione degli artt. 42 e 43 cod. pen. in rapporto ai delitti
contestati di omicidio e di tentato omicidio, per avere la sentenza
impugnata, travisando il fatto per mezzo dei travisamento dei dati
probatori versati in atti, anche in merito alla ritenuta ricostruzione degli
eventi
de quibus,
erroneamente ritenuto, fra l'altro con motivazione
apparente, illogica e contraddittoria, sussistente il dolo diretto
omicidiario, pur in presenza di elementi contrari e di dati probatori di
chiaro segno contrario, nonché in assenza degli elementi tipici strutturali
dell'elemento soggettivo in esame.
La difesa sottolinea come nel caso in esame il punto cruciale sia
stabilire se si voleva-doveva uccidere per rapinare o se si voleva rapinare
e la tentata rapina si evolveva in sparatoria fra le parti. E che per
verificare ciò sarebbe stata indispensabile la perizia balistica invocata,
non finalizzata, come per errore ritenuto dalla Corte
a qua
nel rigettarne
la richiesta, esclusivamente a verificare se vi sia stata una torsione delle
guardie giurate ( torsione certa per il Palomba che l'ammette ma non
chiara quanto al Proietti, anche se appare verosimile, secondo il
difensore, che, essendo stato ferito a sinistra, abbia effettuato una
torsione e cercato di sparare al pari del Palomba). Perizia indispensabile
per verificare la veridicità del racconto del Soldani circa l'intimazione
"fermo o sparo" e l'eplosione di colpi d'arma da fuoco verso le guardie
giurate solo dopo il loro tentativo di sparare. Ed invece, secondo la difesa,
apoditticamente respinta dalla Corte territoriale sulla base del fatto che il
Blasi (chiuso nel furgone portavalori) e che il Palornba (distante dal
posizionamento del Proietti e del Soidani) non avessero sentito
l'intimazione e che quindi nessuna intimazione vi fu.
Il
difensore censura anche il vizio di motivazione in ordine al rigetto
di detta perizia. Evidenzia, inoltre, come debba ritenersi credibile il suo
assistito, che nel riferire delle condotte tenute in occasione della tentata
rapina poi degenerata si accusa anche di altri fatti di reato e collabora
con l'autorità giudiziaria.
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Corte di Cassazione - copia non ufficiale
Credibile è , quindi, la versione riferita dal Soldani di avere sparato in
direzione dei giubbotti antiproiettili solo quando le guardie giurate
avrebbero tentato di prendere la pistola per sparare a loro volta; non
smentita dalle dichiarazioni del Palomba; riscontrata dall'annotazione di
P.g. da cui risulta che un giubbotto antiproiettile fu attinto da un colpo,
nonché dall'accertamento tecnico medico-legale della Procura, da cui
emerge che entrambi erano stati attinti a destra. Il che significa, come
rilevato dalla difesa, che sia Paiomba che Proietti, che nella prima fase
offrivano al Soldani il fianco sinistro, abbiano fatto una torsione e tentato
di impugnare l'arma. E che è vero, secondo la difesa, che il Soldani abbia
fatto I' intimazione di cui sopra ad entrambi da indurli a girarsi e a tentare
di sparare. Mentre è congetturale la ricostruzione fatta dalla Corte di
appello, secondo cui l'imputato avrebbe sparato senza previa intimazione.
Con la conseguenza che sono apodittiche anche le conclusioni della Corte
sull'elemento soggettivo, che, pur ammettendo che non sia provato il
comando dato dai Rissi alla vigilia del fatto di "andare e sparare", afferma
la sussistenza nell'omicidio e nel tentato omicidio del dolo diretto nella
forma di dolo alternativo.
La Corte territoriale, secondo la difesa, erra quando afferma che è
certo il dolo alternativo per la consapevolezza di affrontare due guardie
giurate armate, pronte a difendere i valori trasportati, senza considerare
che in ogni rapina vi è questo rischio e si verrebbe in tal modo a creare
sotto forma di tale dolo una responsabilità oggettiva. Né può dirsi, ai fini
della ricostruzione della volontà omicidiaria, che il Soldani aveva
interesse ad impossessarsi dei soldi, trattandosi comunque di una rapina.
Come apodittico e congetturale sarebbe
il
riferimento, secondo la difesa,
all'arma micidiale utilizzata - cal. 40 - e quindi al fatto che l'agente in
quanto guardia giurata non potesse non sapere che avrebbe trapassato il
giubbotto. Ed altrettanto apodittica sarebbe, secondo la difesa,
l'affermazione secondo cui non vi fu intimazione, sfruttando il Soldani
l'effetto sorpresa aprendo
il
fuoco a freddo sulle vittime.
Diversamente, secondo la difesa, nessun elemento militerebbe nel
senso del dolo alternativo, quanto piuttosto per il dolo eventuale, con il
quale peraltro il confine è labile.
2.3 Col terzo motivo di impugnazione ci si duole del vizio di
motivazione e della violazione degli artt. 577, comma 1 n.3 cod. pen. e
61
n.
2 cod. pen. in rapporto ai delitti di omicidio e tentato omicidio, per
avere la sentenza impugnata, travisando il fatto per mezzo del
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travisamento dei dati probatori versati in atti, erroneamente ritenuto, fra
l'altro con motivazione apparente, illogica e contraddittoria, nonché
fondata su una erronea interpretazione ed applicazione della legge
penale, sussistente l'aggravante della premeditazione e quella del nesso
teleologico, pur in presenza di elementi contrari e di dati probatori di
chiaro segno contrario, nonché in assenza degli elementi oggettivi e
soggettivi delle circostanze aggravanti in esame.
Oltre a premettere l'incompatibilità di detta aggravante col dolo
eventuale che si assume ricorrere nella specie (incompatibile anche col
tentativo), la difesa censura la sentenza della Corte di assise di appello
laddove afferma che vi sarebbe stata premeditazione essendosi accettato
di uccidere per rapinare. Confondendo la progettazione di una rapina con
l'aggravante della premeditazione, individuata, quindi, nell'appostamento
del Soldani dietro un muretto senza alcun ripensamento durante il lasso
temporale di detta operazione, nonché nell'asserito sopralluogo svolto
dall'uomo nei giorni precedenti. Ed affermando la sussistenza
dell'aggravante per la premeditata modalità aggressiva che metteva in
conto l'eliminazione della vittima.
Si censura, inoltre, la sentenza impugnata laddove fa derivare
dall'aggravante della premeditazione automaticamente la sussistenza
anche dell'aggravante del nesso teleologico.
E tutto ciò, quando la stessa sentenza aderiva alle conclusioni dei
periti che individuavano il Soldani come persona incapace "di
pianificazione, programmazione, attenzione e concentrazione", con deficit
intellettivo e "volontà debole".
L'errore di fondo della pronuncia impugnata consiste, secondo la
difesa, nel ricollegare la premeditazione al dolo alternativo e
nell'affermarla per avere il Soldani sparato a freddo, senza considerare gli
ulteriori elementi richiesti dall'aggravante.
2.4 Col quarto motivo di impugnazione si censura la motivazione
illogica e congetturale in punto di trattamento sanzionatorio e mancato
riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche.
Ci si duole dell'eccessività della pena sia in relazione all'aumento per
la continuazione sia in relazione al diniego delle attenuanti generiche.
Quanto a quest'ultimo profilo la difesa lamenta il ricorso ad una mera
clausola di stile e l'omessa valutazione della collaborazione del Soldani
anche per episodi delittuosi diversi da quelli per cui si procede, nonché
lo
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della personalità e della maturità dell'imputato quali evidenziate dalla
perizia psichiatrica.
Quanto alla pena base e agli aumenti per la continuazione, il
difensore rileva la loro sproporzione, mentre andavano ridimensionati,
attesa l'assoluta estemporaneità dei fatti
de quibus.
Per tutti i motivi sopra riportati il difensore chiede l' annullamento
della sentenza impugnata.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è infondato e va, pertanto, rigettato.
1.1. Inammissibile è il primo motivo di impugnazione in quanto il
difensore, prospettando violazione di legge, vizio di motivazione e
travisamento dei dati probatori, in realtà censura le valutazioni della
Corte di appello, opponendovi una propria valutazione degli elementi
fattuali, non consentita in questa sede.
Invero, l'accertamento della capacità di intendere e di volere
dell'imputato costituisce questione di fatto la cui valutazione compete al
giudice di merito e si sottrae al sindacato di legittimità se
esaurientemente motivata, anche con il solo richiamo alle valutazioni
delle perizie, se immune da vizi logici e conforme ai criteri scientifici di
tipo clinico e valutativo (Sez. 1, n. 32373 del 17/01/2014 - dep.
22/07/2014, Secchiano, Rv. 26141001).
Orbene, nel caso di specie la Corte territoriale non solo ha disposto
perizia psichiatrica ai fini della verifica dell'imputabilità dell' imputato,
aderendo alla richiesta della difesa di rinnovazione dell'istruttoria
dibattimentale mediante detto approfondimento, ma in sede di
escussione dei periti ha confrontato le risultanze del loro elaborato con
quelle dell' elaborato del consulente dell'imputato, e all'esito ha spiegato,
con le argomentazioni non manifestamente illogiche riportate in punto di
fatto (si vedano pagg. 3 e 4), la convergenza tra perizia e consulenza di
parte dell'imputato sulla diagnosi e la divergenza tra le medesime sulle
conclusioni, propendendo per le conclusioni dei periti, che pur
riconoscendo un deficit intellettivo del Soldani, escludono un' infermità
mentale tale da eliminare o anche solo ridurre le capacità cognitiva e/o
volitiva. Dando spiegazione delle ragioni della condivisibilità di dette
conclusioni, come sopra dettagliatamente riportato, non solo avuto
riguardo al loro rigore scientifico e valutativo, ma anche alla disamina
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Corte di Cassazione - copia non ufficiale
della vicenda di cui ci si occupa e comunque delle modalità
comportamentali del Soldani.
A fronte di un tale
iter
argomentativo, scevro da vizi logici e coerente
con gli esiti degli approfondimenti medici espletati, risulta aspecifico
ritornare sull' argomento della "volontà debole" in grado di
compromettere, in uno col deficit intellettivo, col controllo esterno e
quant'altro in punto di fatto (pag.7) riportato, la capacità di intendere e di
volere e di determinare il vizio parziale di mente ritenuto dal consulente
di parte. Laddove con tali argomenti la sentenza impugnata si confronta,
aderendo alli esclusione della rilevanza patologica di tale debolezza
volitiva, sotto il profilo medico-legale, sostenuta dal perito.
Come da consolidato orientamento di questa Corte (si veda per tutte
Sez. 2, n. 32839 del 09/05/2012, di cui si ripercorrono le
argomentazioni), in questa sede è preclusa la rilettura degli elementi di
fatto posti a fondamento della decisione impugnata e l'autonoma
adozione di nuovi o diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei
fatti, ritenuti maggiormente plausibili o dotati di una migliore capacità
esplicativa, dovendosi il giudice della legittimità limitare a controllare se
la motivazione dei giudici dì merito sia intrinsecamente razionale e
capace di rappresentare e spiegare
l'iter
logico seguito. Quindi, non
possono avere rilevanza le censure volte ad offrire una lettura alternativa
delle risultanze probatorie, dal momento che il sindacato della Corte di
cassazione si risolve pur sempre in un giudizio di legittimità e la verifica
sulla correttezza e completezza della motivazione non può essere confusa
con una nuova valutazione delle risultanze acquisite.
Anche la censura difensiva circa l'esclusione dell' attenuante della
minima partecipazione di cui alli art. 114 cod. pen. è inammissibile,
essendosi la pronuncia impugnata già confrontata con la richiesta della
difesa, sottolineando (si veda nel fatto a pag. 6), con argomentazioni
logiche ed aderenti allo sviluppo della vicenda di cui ci si occupa, che il
difensore si limita a confutare genericamente, come rinfluenzabilità
dell'imputato non incida sul grado di partecipazione al fatto.
2. Infondato è, invece, il secondo motivo del ricorso, col quale si
censura la motivazione della sentenza impugnata per avere ritenuto, con
riferimento sia all'omicidio che al tentato omicidio il dolo omicidiario
diretto (alternativo), senza neanche un approfondimento balistico come
quello invocato dalla difesa.
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Corte di Cassazione - copia non ufficiale
Orbene la Corte
a qua,
come può rilevarsi sopra a pag. 4,
diversamente da quanto opinato dal difensore, ben ha compreso le
finalità dell' invocata perizia balistica, ripercorse in questa sede,
ritenendola superflua - e motivando adeguatamente sul punto - a fronte
delle dichiarazioni del Palornba e del Blasi sopra riportate.
Gli ulteriori rilievi difensivi, di cui al summenzionato motivo, non
possono in alcun modo esser presi in considerazione, in quanto
costituiscono invito ad una rivisitazione - preclusa in questa sede per
quanto sopra ampiamente esaminato - di elementi fattuali ampiamente
approfonditi dalla Corte territoriale, come emerge sopra a pag. 5, la
quale, con argomentazioni non manifestamente illogiche (facenti leva
sulla necessità dell'imputato, fortemente animato dalla volontà di
impossessarsi del denaro, di neutralizzare due guardie giurate armate e
pronte a reagire, sulla direzione dei colpi verso il bersaglio umano, sulla
micidialità dell'arma e sull'effetto sorpresa nei confronti del Proietti), oltre
che conformi al dato normativo e alla sua interpretazione
giurisprudenziale, ne evince la volontà omicidiaria del Soldani nella forma
del dolo alternativo, attesa l'equivalenza di conseguenze - letale o
meramente lesiva - dell'azione, previste e perseguite con indifferenza da
parte dell'autore del reato.
3. In parte infondato, in parte inammissibile è il terzo motivo di
impugnazione.
Infondato è
,
invero, il rilievo difensivo circa la derivazione automatica
dell'aggravante del nesso teleologico dalla configurazione della
premeditazione e comunque la riconducibilità di entrambe le aggravanti
al Soldani, pur se individuato dai periti come incapace di pianificazione e
quant'altro, con deficit intellettivo e volontà debole.
Non è vero, infatti, che la pronuncia impugnata ricollega
automaticamente il nesso teleologico alla premeditazione, argomentando
piuttosto, in modo non manifestamente illogico, su entrambe le
aggravanti, come può evincersi in punto di fatto ( alle pagg. 5 e 6).
Mentre il secondo rilievo è assorbito dalle argomentazioni di cui alla
pronuncia impugnata, laddove evidenziano, in sintonia con le conclusioni
dei periti, come la volontà debole del Soldani si fortifichi attraverso le
figure di riferimento come il Rissi (e quindi anche in relazione alla
programmazione).
Tutte le altre doglianze di cui al suddetto motivo - nelle quali si
ritorna ancora una volta alla prospettiva del dolo eventuale, escluso
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Corte di Cassazione - copia non ufficiale
invece dalla pronuncia impugnata, e, a fronte di un' ampia e logica
motivazione sulle modalità cruente necessarie dell'agguato e sulla
ricorrenza di entrambi gli elementi (ideologico e cronologico) della
premeditazione, si parla di confusione con la progettazione di una rapina
- invitando ad una mera rivisitazione degli elementi fattuali sviscerati
dalla Corte
a qua
sono inammissibili.
4. Inammissibile è, infine, il quarto motivo di impugnazione, nel
quale ci si duole della mancata valorizzazione, nella determinazione della
pena, di una serie di elementi in esso specificati, e della sproporzione sia
della pena base che degli aumenti per la continuazione.
Invero, quanto a quest' ultimo profilo si osserva che la pena per
l'omicidio premeditato è individuata
ex lege
nell'ergastolo, e che
comunque l'aumento di pena per la continuazione nel caso specifico non
ha inciso sulla pena finale (rimanendo individuata, anche all'esito di
detto aumento, in quella dell' ergastolo, ridotta per il rito ad anni trenta
di reclusione).
Inoltre, la valutazione attinente ad aspetti che rientrano nel potere
discrezionale del giudice di merito, esercitato congruamente, logicamente
ed anche in coerenza con il principio di diritto secondo il quale l'onere
motivazionale da soddisfare non richiede necessariamente l'esame di tutti
i parametri fissati dall'art. 133 cod. pen., si sottrae alle censure che
reclamino una rivalutazione in fatto di elementi già oggetto di valutazione
ovvero la valorizzazione di elementi che si assume essere stati
indebitamente pretermessi nell'apprezzamento del giudice impugnato.
2. Al rigetto del ricorso consegue, ai sensi dell'art. 616 cod. proc.
pen., la condanna del Soldani al pagamento delle spese processuali e alla
rifusione delle spese sostenute dalle costituite parti civili, che si ritiene
equo liquidare, in considerazione dell'impegno professionale profuso,
come da dispositivo.
P. Q. M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali, nonché a rimborsare alle costituite parti civili la spese
sostenute per questo giudizio, che liquida rispettivamente in favore di
Picarcazi Antonia, Proietti Anna, Proietti Adelaide e Proietti Massimo in
cumulativi euro 5.616,00, oltre spese generali (15%), Cassa Avvocati e
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IVA, in favore di Palomba Gianluca in euro 3.510,00, oltre spese generali
(12,5 %), Cassa Avvocati e IVA, in favore di Coopservice S.C., Piras
Maria Giuseppina e Proietti Martina in cumulativi euro 4.914,00, oltre
spese generali (15%), Cassa Avvocati e IVA.
Così deciso in Roma, il 14 luglio 2016.
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