Sentenza Nº 49458 della Corte Suprema di Cassazione, 29-10-2018

Presiding JudgeDAVIGO PIERCAMILLO
ECLIECLI:IT:CASS:2018:49458PEN
Judgement Number49458
Date29 Ottobre 2018
CourtSeconda Sezione (Corte Suprema di Cassazione di Italia)
Subject MatterPENALE
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
SOCIETA' COOPERATIVA PICCOLO CARRO ARL
ARISTE1 CRISTINA N. IL 22/01/1968
SALERNO PIETRO N. IL 14/02/1962
avverso l'ordinanza n. 132/2017 TRIB. LIBERTA' di PERUGIA, del
06/02/2018
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. LUCIANO IMPERIALI;
/sentite le conclusioni del PG Dott.
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Penale Sent. Sez. 2 Num. 49458 Anno 2018
Presidente: DAVIGO PIERCAMILLO
Relatore: IMPERIALI LUCIANO
Data Udienza: 11/07/2018
Corte di Cassazione - copia non ufficiale
RITENUTO IN FATTO
1. Con ordinanza del 6/2/2018 il Tribunale di Perugia, decidendo sulla richiesta di riesame
del decreto di sequestro preventivo emesso dal Giudice per l'udienza preliminare di quel
Tribunale il 27/11/2017, avanzata nell'interesse della Società Cooperativa Piccolo Carro, di
Aristei Cristina e di Salerno Pietro, ha confermato il provvedimento impugnato.
Nella prospettazione accusatoria, venivano ipotizzate truffe aggravate e frodi in pubbliche
forniture, in continuazione tra loro, poste in essere dal Salerno e dalla Aristei, rispettivamente
vice presidente e presidente della suddetta cooperativa, che gestiva varie strutture
residenziali, nell'esecuzione di contratti di fornitura stipulati con soggetti pubblici (quali Servizi
Sociali, USL, Tribunali dei minorenni) con artifizi e raggiri posti in essere: a) proponendosi
quale struttura ad alta valenza terapeutica, elaborando anche una carta di servizi ed un sito
web idonei a rappresentare la propria capacità e competenza a fornire servizi involgenti ambiti
terapeutico-sanitari; b) confermando tale dato di legittimazione e competenza funzionale
anche nelle interlocuzioni con i soggetti che si rivolgevano ad una struttura per inviare
soggetti minori affetti da problematiche socio-sanitarie per le quali erano già in carico presso il
servizio di Neuropsichiatria infantile del distretto di appartenenza; c) attestando falsamente di
aver ricevuto in collocamento soggetti con problematiche sanitarie tutte le volte che veniva
loro avanzata richiesta di chiarimenti da parte degli organi di controllo dei comuni; d)
includendo, nella fatturazione del corrispettivo, spese per attività e servizi attinenti all'ambito
sanitario, così procurandosi l'ingiusto profitto pari alla parte sanitaria delle rette elargite, con
onere e correlativo danno a carico del servizio sanitario nazionale.
In relazione a tale reato ed all'illecito amministrativo di cui agli artt. 5 e 24 del D.Lvo
231/2001 con riferimento al medesimo reato, il Giudice per le indagini preliminari del
Tribunale di Perugia aveva emesso, nei confronti della Società Cooperativa Piccolo Carro e, in
caso di incapienza, nei confronti di Aristei Cristina e di Salerno Pietro, il decreto di sequestro
preventivo, diretto o per equivalente, della somma di euro 6.297.096,00 quale profitto
dell'ipotizzato reato. Tale decreto è stato confermato dall'ordinanza del Tribunale del riesame
soprannenzionata, che ha valorizzato il rilievo che la cooperativa era autorizzata dalla Regione
Umbria unicamente allo svolgimento di attività a ciclo residenziale o semi-residenziale per
minori; invece, il dr. Giovannini, dirigente settore sanitario della regione, aveva evidenziato
che nei centri della cooperativa venivano effettuate anche prestazioni di tipo sanitario, quindi
debordanti dai limiti del socio educativo e pagate dai servizi invianti, in violazione delle regole
che non consentirebbero dotazioni in termini di figure sanitarie e strumenti aziendali di
valenza sanitaria, a carico invece dei servizi ASL competenti per territorio; anche un
sopralluogo della USL 1 aveva consentito di rilevare strutture riconducibili sia all'area socio-
assistenziale che a quella sanitaria, e si era rilevato anche che alcune di esse - Silo, La
Ghianda, la Casa di Pietro - erano dirette da equipe psico-terapeutiche con programmi rivolti
a ospiti con multi-problematicità. Ha rilevato il Tribunale del riesame che anche la Carta dei
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servizi della cooperativa risulta offrire attività chiaramente sanitarie, come psicoterapia
classica, somministrazione di test psicodiagnostici, terapie di gruppo, servizi socio-sanitari ed
educativi, ed in definitiva proporre un'offerta di attività di tipo puramente sanitario. Una
consulenza tecnica informatica, inoltre, aveva accertato che la cooperativa si autodefiniva sul
proprio sito "cooperativa terapeutica", così effettuando consapevolmente attività terapeutico-
sanitaria, avvalendosi di una vera e propria equipe di professionisti. Infine, l'ordinanza del
Tribunale del riesame ha valorizzato una missiva della Regione Umbria in data 22/5/2013 nella
quale veniva utilizzata nei confronti della cooperativa l'ambigua definizione di "comunità
educativa a valenza terapeutica", tanto che il sottoscrittore di tale documento aveva affermato
di averlo sottoscritto quando era stato già predisposto da altri, senza prestarvi adeguata
attenzione, così come dalle s.i.t. degli operatori delle diverse ASL era emerso che molti
consideravano le diverse comunità "ad alta valenza terapeutica".
2. Avverso l'ordinanza del Tribunale del riesame hanno proposto ricorso per cassazione la
Società Cooperativa Piccolo Carro, Aristei Cristina e Salerno Pietro.
2.1. La Società Cooperativa Piccolo Carro ha dedotto:
2.1.1. Con il primo motivo di ricorso la violazione di legge per mancanza di motivazione,
se non meramente apparente, in ordine alle doglianze difensive con le quali si era prospettato
che erroneamente in relazione ad ogni singolo contratto si era ravvisato il fumus del reato
senza esplicitarne le ragioni, senza illustrare quali soggetti collocanti avrebbero agito
confidando sulla presenza di autorizzazioni mancanti, e senza dare risposta ai rilievi difensivi
con i quali, attraverso il richiamo alle diverse dichiarazioni acquisite, si era sostenuto che gli
invii dei minori presso strutture della cooperativa erano stati effettuati su presupposti che
prescindevano dalla presenza o meno delle autorizzazioni al trattamento terapeutico-sanitario.
Nel ricorso vengono nuovamente trascritte le dichiarazioni degli operatori di diverse strutture
pubbliche che avevano inviato minori alla cooperativa, dalle quali si assume emergerebbe in
modo inequivoco che tali operatori spesso davano conto di aver ricevuto correttamente
informazioni dal Piccolo Centro, che la carta dei servizi aveva consentito loro di ben
comprendere la portata dei servizi offerti e che i minori erano stati inviati per aspetti socio-
operativi e non terapeutici. In particolare sono esaminate le dichiarazioni relative ai singoli
inserimenti dei minori Campana e Pisani (ASL di Forlì), Linda Pedretti (ASL di Viareggio),
Eddasouni Nabil Ibraim (ASL Bologna), Sauro e Moret (ASL Conegliano), Corapi Cristian (ASL
Catanzaro), Emanuele Dore (ASL Sassari), Denise Lebbiati (ASL Empoli), ed altre ancora e si
deduce l'assenza di condotte decettive, atteso che i titoli autorizzativi avevano costituito
oggetto di verifica da parte degli enti invianti, i cui responsabili hanno riferito di essersi
determinati all'invio per tutt'altre ragioni rispetto a quelle decettive indicate dal Giudice per le
indagini preliminari. Nel lamentare che su tali circostanze il Tribunale non ha argomentato, si
deduce anche che: 1) la valenza terapeutica era effettiva ed evidenziata nella carta dei servizi
in modo non ambiguo, 2) che gli enti invianti partecipavano attivamente all'intero
procedimento, in una sorta di co-gestione del servizio di affidamento; 3) che la carta dei
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'servizi non era ambigua in relazione alla "valenza terapeutica' della struttura, esplicitandone
nel dettaglio il senso ed il contenuto; 4) la lettera della regione Umbria del 22/5/2013 -
tacciata di ambiguità nella fase genetica - dava conto, invece, senza ambiguità di quanto
certificato anche da altri enti pubblici.
2.1.2. Con il secondo motivo di ricorso la cooperativa ha dedotto che il Tribunale non
avrebbe dato adeguata risposta alle censure difensive in ordine al vantaggio economico
incassato dall'Ente, atteso che si era sottolineato che anche la nota del 30/10/2017 della
Guardia di Finanza aveva indicato che in favore del Piccolo Carro, allo stato, sono state
corrisposte complessivamente solo 853.750,98 euro, alcune in relazione a corresponsioni
risalenti nel tempo, e quindi a presunte violazioni che sarebbero ormai prescritte, mentre la
maggior parte delle prestazioni da pagare si concentrano nel 2015. Cita SSUU:
2.2. Aristei Cristina, con unico motivo di ricorso, ha dedotto il vizio di violazione di legge
laddove nell'evidenziare il fumus del delitto di truffa l'ordinanza impugnata avrebbe del tutto
trascurato i rilievi difensivi in ordine all'effettività della valenza terapeutica delle prestazioni
offerte dalla cooperativa; all'attiva partecipazione degli enti invianti all'intero procedimento, in
una sorta di co-gestione del servizio di affidamento; all'assenza di caratteri di ambiguità sia
nella carta dei servizi che nella lettera della regione Umbria del 22/5/2013 non mostrava tratti
di ambiguità nel suo contenuto. Soprattutto, però, ha dedotto la ricorrente che, a fronte di
distinti contratti, il Tribunale del riesame avrebbe omesso di effettuare la doverosa verifica in
ordine al funnus del delitto di truffa con riferimento a ciascuno di essi.
2.3. Salerno Piero ha dedotto:
2.3.1. La violazione di legge per omessa motivazione sulle argomentazioni difensive in
ordine al fumus del concorso del Salerno nel reato di truffa aggravata, atteso che questi il
27/10/2010 aveva dato le dimissioni da Direttore Amministrativo per dedicarsi esclusivamente
al settore psicologico e formativo e, come mero vice presidente interviene solo per sostituire il
presidente in caso di impedimento o delega, sostituzione in concreto mai verificatasi, mentre
tutti i presunti illeciti contestati sono successivi alle predette dimissioni, a partire dal 2011.
2.3.1. La violazione di legge per omessa motivazione sulle argomentazioni difensive in
ordine al fatto che la Cooperativa Sociale Piccolo Carro
è,
appunto, una piccola cooperativa
che non può aver truffato per venti anni tutti gli enti pubblici istituzionali con i quali è venuto
in contatto: la massima parte dei casi inviati presso la cooperativa concernerebbero, infatti, i
cd. disturbi dell'età evolutiva, le ASL ed
i
Comuni concordano tra loro i pagamenti e le
eventuali compartecipazioni dell'uno o dell'altro, non esistendo alcuna normativa che preveda
che il risultato della diagnosi clinica possa basarsi sul soggetto che si fa carico della retta per
il
pagamento dell'ospite e dovendosi ritenersi arbitraria, ad avviso del ricorrente, la distinzione
tra spese sanitarie e non sanitarie effettuata, nei casi di cui si tratta, dalla G.d.F. e non da un
consulente tecnico o, comunque, un soggetto competente: il ricorrente ha descritto nel
ricorso, pertanto, le procedure seguite per l'inserimento di ogni minore, comprensive
dell'indicazione del costo accettata dall'ente inviante, ha indicato comunque come fuorviante
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quantificazione del presunto illecito nella cifra di C 6.297.096; in quanto la stessa« G.d.F.
avrebbe poi indicato nelle sole ASL di Catanzaro e di Conegliano le posizioni rilevanti
sull'esatta quantificazione dei presunti illeciti che, pertanto, ammonterebbero alla diversa cifra
di C 853.750,98 ed ha evidenziato che, comunque, non vi sono tabelle e costi prestabiliti per
gli inserimenti sanitari o sociali che siano, essendo questi rimessi, invece, alla libera
contrattazione tra le parti.
CONSIDERATO IN DIRITTO
3. I ricorsi sono fondati.
Giova infatti ricordare che, secondo l'ormai consolidato orientamento di questa Corte, che
anche il Collegio condivide, il ricorso per cassazione contro ordinanze emesse in materia di
sequestro preventivo o probatorio è ammesso solo per violazione di legge, in tale nozione
dovendosi comprendere sia gli "errores in iudicando" o "in procedendo", sia quei vizi della
motivazione così radicali da rendere l'apparato argomentativo posto a sostegno del
provvedimento o del tutto mancante o privo dei requisiti minimi di coerenza, completezza e
ragionevolezza e quindi inidoneo a rendere comprensibile l'itinerario logico seguito dal giudice
(Cass. sez. U. n. 25932 del 29/5/2008 Rv 239692; Sez. 5 n. 43068 del 13/12/2009; Sez. 6, n.
6589 del 10/01/2013 Rv. 254893). Deve anche rilevarsi che in tema di misure cautelari reali la
verifica del giudice del riesame non deve tradursi nel sindacato sulla concreta fondatezza
dell'accusa, ma deve accertare la possibilità di sussunnere il fatto in una determinata ipotesi di
reato, anche se ai fini dell'individuazione del "fumus commissi delicti" non è sufficiente la mera
"postulazione" dell'esistenza del reato, da parte del pubblico ministero, in quanto il giudice,
nella motivazione dell'ordinanza, deve rappresentare le concrete risultanze processuali e la
situazione emergente dagli elementi forniti dalle parti, che dimostra indiziariamente la
congruenza dell'ipotesi di reato prospettata rispetto ai fatti cui si riferisce la misura cautelare
reale (sez. 5, n. 28515 del 21/5/2014, Rv. 260921).
Alla giurisdizione compete, perciò, il potere-dovere di espletare il controllo di legalità, sia
pure nell'ambito delle indicazioni di fatto offerte dal pubblico ministero. L'accertamento della
sussistenza del "fumus commissi delicti" va compiuto sotto il profilo della congruità degli
elementi rappresentati, che non possono essere censurati in punto di fatto per apprezzarne la
coincidenza con le reali risultanze processuali, ma che vanno valutati così come esposti, al fine
di verificare se essi consentono di sussumere l'ipotesi formulata in quella tipica. Pertanto, il
tribunale non deve instaurare un processo nel processo, ma deve comunque svolgere
l'indispensabile ruolo di garanzia, tenendo nel debito conto le contestazioni difensive
sull'esistenza della fattispecie dedotta ed esaminando l'integralità dei presupposti che
legittimano il sequestro (sez. U., n. 23 del 20/11/1996, rv. 206657), tanto da dover annullare
il provvedimento impugnato se la motivazione manca o non contiene la autonoma valutazione
degli elementi che ne costituiscono il necessario fondamento, nonché degli elementi forniti
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dalla difesa. (Sez. U,'n. 18954 del 31/03/2016, Rv. 266789): nel caso di specie, il controllo di
legalità demandato al Tribunale del riesame non risulta essere stato da questo svolto nei sensi
sopraindicati, in quanto dalla motivazione del provvedimento impugnato non emerge che
questa abbia tenuto nel debito conto una molteplicità di contestazioni difensive.
3.1. L'ordinanza impugnata, infatti, ha evidenziato che nella Regione Umbria vige il
Regolamento Regionale n.8/2005 recante la "Disciplina in materia di autorizzazione al
funzionamento delle strutture e dei servizi sociali a ciclo residenziale e semiresidenziale per
soggetti in età minore", in virtù del quale è consentito, senza necessità di autorizzazione, lo
svolgimento di servizi socio-assistenziali educativi a ciclo residenziale e semi-residenziale in
favore di soggetti di età minore, mentre per le strutture che erogano prestazioni socio-
sanitarie di cui all'art. 8-ter del D.L. 30/12/1992 n. 502 e successive modificazioni ed
integrazioni resta ferma la necessità di una specifica e diversa autorizzazione. Sulla base di
tale distinzione, il Tribunale ha rilevato che la cooperativa sociale Piccolo Carro non ha mai
conseguito (e nemmeno richiesto) l'autorizzazione allo svolgimento di attività sanitaria e socio-
sanitaria descritta dalla predetta norma, pur gestendo varie strutture residenziali nella Regione
Umbria nelle quali, oltre ad attività socio-educativo-assistenziali in favore di minori con
problemi comportamentali, venivano anche svolte, nei confronti di minori gravati da importanti
patologie e sottoposti a terapie farmacologiche, anche attività di tipo squisitamente terapeutico
sanitario, con intervento di sanitari, psicologi, infermieri e somministrazione di farmaci, tanto
che le comunità della cooperativa, anche in virtù di un documento della Regione Umbria, si
accreditavano come "comunità a valenza terapeutica", espressione ritenuta dal Tribunale
ambigua ed equivoca, atteso che la predetta distinzione tra attività socio-educativo-
assistenziali in favore di soggetti di età minore ed attività sanitaria e socio-sanitaria in favore
degli stessi non consentiva la creazione di un tertiunn genus.
Sulla base di tali elementi, il Tribunale del riesame ha rilevato che le comunità della
Cooperativa Piccolo Carro risultano aver svolto attività sanitarie e terapeutiche alle quali non
erano autorizzate, in quanto gli enti che collocavano i minori, talvolta per negligenza, altre
volte per risolvere concretamente situazioni oggettivamente problematiche concernenti la
collocazione dei minori in condizioni di vita critiche, non approfondivano le condizioni di
regolarità amministrativa delle strutture collocatarie. Con riferimento ad una pluralità di
condotte individuate come volte a nascondere la mancanza di autorizzazioni o la vera natura
dei servizi in concreto prestati in favore dei minori, pertanto, l'ordinanza impugnata ha
riconosciuto la sussistenza del fumus commissi delicti in ordine ad una pluralità di episodi di
truffa ex art. 640 comma 2 n. 1 cod. pen., idoneo a giustificare il sequestro dell'importo della
somma di euro 6.297.096,00 quale profitto dei reati in danno di enti pubblici, nei confronti
della predetta cooperativa o, in caso di incapienza, nei confronti dell'Aristei e del Salerno.
3.2. Quanto a quest'ultimo, il Tribunale del riesame ha anche dato conto degli elementi in
base ai quali ha ritenuto sussistente il fumus della sua partecipazione alle condotte contestate,
riconoscendo nella cooperativa i caratteri di una vera e propria impresa familiare nei fatti
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gestita dai coniugi Salerno-Aristei, ed a
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tal proposito ha anche richiamato una pluralità di s.i.t.
di dipendenti della cooperativa che avrebbero indicato in questi, al di là delle qualifiche
formalmente assunte, le persone che gestivano di fatto la cooperativa sotto ogni profilo, sicché
non può riconoscersi la dedotta mancanza di motivazione in ordine alle censure rivolte, sul
punto, al provvedimento impugnato davanti al Tribunale del riesame.
3.3. Gli altri motivi di ricorso sono, invece, fondati.
I ricorrenti hanno dedotto, infatti, che la carta dei servizi della cooperativa non era
ambigua in relazione alla "valenza terapeutica" della struttura, legittima o meno che questa
fosse, giacché ne esplicitava nel dettaglio il senso ed il contenuto, che i responsabili degli enti
committenti hanno spesso riferito di essersi determinati all'invio dei minori per ragioni diverse
dall'ignoranza della mancanza di autorizzazioni allo svolgimento di servizi di carattere sanitario,
e che, comunque, talvolta gli enti invianti partecipavano attivamente all'intero
procedimento, in una sorta di co-gestione del servizio di affidamento, sicché almeno in questi
casi sembrerebbe doversi escludere che gli enti pubblici siano stati tratti in errore dai ricorrenti
con artifizi e raggiri.
Su tali contestazioni difensive non si rinviene nel provvedimento impugnato motivazione
alcuna, né risulta essersi dato conto del corretto rilievo difensivo secondo cui, quantomeno ai
fini della determinazione del profitto dell'ipotizzato reato, trattandosi di distinti contratti, la
verifica in ordine al fumus del delitto di truffa andava effettuata con riferimento a ciascuno di
essi, con specifica valutazione delle ragioni che portavano a ritenere i singoli contratti stipulati
dagli enti confidando sulla presenza di autorizzazioni mancanti.
Infine, nella determinazione del profitto dell'ipotizzato reato, al quale viene commisurato
l'importo della somma in sequestro, il provvedimento impugnato non appare aver considerato
il vantaggio economico, per le ipotizzate parti offese, dei servizi di carattere sanitario che si
assumono effettivamente prestati nei singoli casi, così non conformandosi il Tribunale ai
principi riconosciuti da questa Corte di legittimità secondo cui, in tema di responsabilità da
reato degli enti collettivi, il profitto del reato oggetto della confisca di cui all'art. 19 del D.Lgs.
n. 231 del 2001 si identifica con il vantaggio economico di diretta e immediata derivazione
causale dal reato presupposto, ma, nel caso in cui questo venga consumato nell'ambito di un
rapporto sinallagmatico, non può essere considerato tale anche l'utilità eventualmente
conseguita dal danneggiato in ragione dell'esecuzione da parte dell'ente delle prestazioni che il
contratto gli impone (Sez. U, n. 26654 del 27/03/2008i, Rv. 239924).
4. L'ordinanza impugnata va, pertanto, annullata con rinvio al Tribunale di Perugia, perché
provveda ad un nuovo esame che renda adeguatamente conto, alla luce di principi di diritto
così esposti, della valutazione delle deduzioni difensive dinanzi indicate.
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P.Q.M.
Annulla l'ordinanza impugnata con rinvio per nuovo esame al Tribunale di Perugia, sezione
riesame misure cautelari reali, con integrale trasmissione degli atti.
Così deciso nella camera di consiglio dell'Il luglio 2018.
Il Consigliere estensore
Il Presidente
Dott.
ciano Irnpriali
Dott. iercamillo Davigo
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