Sentenza Nº 40150 della Corte Suprema di Cassazione, 07-09-2018

Presiding JudgeCARCANO DOMENICO
ECLIECLI:IT:CASS:2018:40150PEN
Judgement Number40150
Date07 Settembre 2018
CourtSezioni Unite (Corte Suprema di Cassazione di Italia)
Subject MatterPENALE
SENTENZA
sul ricorso proposto da
Salatino Salvatore, nato a Aci Castello (CT) il 11/04/1971
avverso la sentenza del 30/11/2017 della Corte di appello di Catania
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
sentita la relazione svolta dal componente Maria Vessichelli;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Procuratore generale aggiunto
Francesco Mauro Iacoviello che ha concluso chiedendo la sospensione del
processo, la sospensione del termine di prescrizione e l'attivazione della
procedura di informazione della persona offesa;
udito il difensore dell'imputato, avvocato Lucia Camporeale , sostituto
processuale dell'avvocato Francesco Maria Marchesi, che ha concluso chiedendo
l'accoglimento del ricorso.
Penale Sent. Sez. U Num. 40150 Anno 2018
Presidente: CARCANO DOMENICO
Relatore: VESSICHELLI MARIA
Data Udienza: 21/06/2018
Corte di Cassazione - copia non ufficiale
RITENUTO IN FATTO
1. Ha proposto ricorso per cassazione Salvatore Salatino avverso la
sentenza della Corte di appello di Catania in data 30 novembre 2017 con la quale
è stata parzialmente modificata quella di primo grado e, per l'effetto -
confermato il giudizio di responsabilità in ordine al reato di appropriazione
indebita in danno di Valentina Internullo - è stato rideterminato il trattamento
sanzionatorio a seguito della esclusione della contestata recidiva.
Al ricorrente, nella qualità di amministratore unico della G.A.P. s.r.l. fino
all'il aprile 2010, e di datore di lavoro di Internullo, è stato addebitato di essersi
appropriato, al fine di procurarsi un ingiusto profitto, delle somme dovute alla
lavoratrice predetta a titolo di indennità di maternità, omettendo il versamento
delle indennità relative ai mesi da febbraio ad agosto 2010, per un ammontare
complessivo di 4.120 euro. La contestazione include la aggravante dell'avere
commesso il fatto con abuso di relazioni di prestazione d'opera, ciò che rendeva
il reato, ai sensi dell'art. 646, terzo comma, cod. pen., allora vigente, procedibile
di ufficio.
In punto di fatto, come si evince dalla lettura combinata delle sentenze di
merito, era rimasto accertato che il ricorrente si era reso inadempiente al dovere
di versare le indennità di maternità che spettavano alla denunciante. La Corte,
peraltro, individuava il soggetto creditore di tali versamenti anche nell'INPS,
contestualmente affermando, in risposta ad un motivo di appello, che la
contestata aggravante
ex
art. 61, primo comma, n. 11 cod. pen. doveva ritenersi
configurabile nella specie, essendosi, l'imputato, avvalso dei poteri di
amministratore per realizzare l'appropriazione.
2. Il difensore ricorrente deduce il vizio di motivazione e la violazione di
legge con riferimento alla attestazione che egli rivestisse il ruolo apicale di cui
alla imputazione al tempo cui si riferisce la contestazione. Egli era chiamato in
causa come amministratore fino al mese di aprile del 2010 sicché la condotta
appropriativa addebitatagli, formalmente contestata dalla stessa accusa come
consumata da aprile ad agosto dello stesso anno, non poteva essergli attribuita e
tanto meno poteva esserlo con la circostanza dell'abuso di relazioni di
prestazione d'opera, non essendovi stato, tra esso ricorrente e la Internullo, nel
periodo in questione, alcun rapporto lavorativo.
Per di più egli era stato amministratore solo formale, come desumibile dalle
stesse affermazioni della dipendente Internullo
bitamente portate alla
2
Corte di Cassazione - copia non ufficiale

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