Sentenza Nº 32351 della Corte Suprema di Cassazione, 22-07-2014

Presiding JudgeMANNINO SAVERIO FELICE
ECLIECLI:IT:CASS:2014:32351PEN
Judgement Number32351
Date22 Luglio 2014
CourtSezioni Unite (Corte Suprema di Cassazione di Italia)
Subject MatterPENALE
SENTENZA
sul ricorso proposto da
Tamborrino Emanuele, nato a Maglie il 15/11/1976
avverso la sentenza del 09/05/2013 del Tribunale di Lecce, sez. dist. di Maglie
visti gli atti, la sentenza impugnata e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Alberto Macchia;
udito il Pubblico Ministero, in persona dell'Avvocato Generale Carlo Destro, che
ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso;
udito per l'imputato l'avv. Barbara Renna, la quale ha concluso chiedendo
l'accoglimento del ricorso.
Penale Sent. Sez. U Num. 32351 Anno 2014
Presidente: MANNINO SAVERIO FELICE
Relatore: MACCHIA ALBERTO
Data Udienza: 26/06/2014
Corte di Cassazione - copia non ufficiale
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RITENUTO IN FATTO
1.
Con sentenza del 9 maggio 2013, il Tribunale di Lecce, sez. dist. di
Maglie, ha dichiarato Emanuele Tamborrino Emanuele del reato previsto dall'art.
44, lett.
a),
d.P.R. n. 380 del 2001, così modificata la originaria imputazione
dell'art. 44, lett.
b) ,
dello stesso d.P.R., condannandolo alla pena di euro 6.000
di ammenda e concedendo al medesimo il beneficio della sospensione
condizionale della pena.
L'imputato era stato tratto a giudizio per avere, in concorso con il titolare
della ditta esecutrice dei lavori e con il progettista e direttore del lavori, poi
entrambi assolti per non aver commesso il fatto, realizzato un balcone, un vano
e una veranda in totale difformità rispetto al permesso di costruire rilasciato dal
Comune di Martano. Il Tribunale, all'esito della istruttoria dibattimentale, aveva
attribuito rilevanza decisiva alla violazione delle distanze del fabbricato
confinante ed alla inottemperanza alle prescrizioni imposte con il permesso di
costruire, il che aveva determinato la inquadrabilità del fatto nella previsione
dettata dall'art. 44, lett.
a),
d.P.R. n. 380 del 2001, e non sotto la più grave
previsione della lettera
b)
del medesimo articolo, come in origine contestato.
2.
Avverso la indicata sentenza ha proposto ricorso per cassazione il
difensore, il quale ha rassegnato tre motivi di impugnazione.
Nel primo si deduce violazione della disciplina in tema di oblazione. In
particolare, si osserva che la sentenza impugnata, avendo riqualificato il reato
sussumendolo nell'ambito di una fattispecie che avrebbe potuto essere definita
con l'oblazione, è suscettibile di censura nella parte in cui ha irrimediabilmente
precluso l'esercizio di un vero e proprio diritto, regolamentato dall'art. 162 cod.
pen., dal quale consegue una pronuncia favorevole all'imputato in quanto
dichiarativa dell'estinzione del reato. Poste in luce, in particolare, le differenze
che distinguono fra loro le figure della oblazione ordinaria di cui all'art. 162 cod.
pen. e della oblazione speciale prevista dall'art. 162-bis cod. pen., si osserva
come la prima - che viene appunto in discorso nel caso di specie -
corrisponderebbe ad un diritto soggettivo pubblico individuale, mediante il quale
l'interessato ha il potere di rinunciare alla garanzia della giurisdizione chiedendo
la irrogazione di una sanzione predeterminata con criterio rigido, tale da
determinare una sorta di automaticità nella applicazione della causa estintiva, in
considerazione della minima entità dell'illecito. Nel caso concreto, osserva il
ricorrente, il giudice, per consentire l'accesso al procedimento oblativo, avrebbe
dovuto d'ufficio determinare la somma da versare ed assegnare all'imputato un
termine con la sentenza di condanna entro il quale provvedere al pagamento. A
Corte di Cassazione - copia non ufficiale

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