Sentenza Nº 20290 della Corte Suprema di Cassazione, 08-07-2020

Presiding JudgeIASILLO ADRIANO
ECLIECLI:IT:CASS:2020:20290PEN
Date08 Luglio 2020
Judgement Number20290
CourtPrima Sezione (Corte Suprema di Cassazione di Italia)
Subject MatterPENALE
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
PROCURATORE DELLA REPUBBLICA PRESSO IL TRIBUNALE TRIBUNALE DI AVELLINO
nei confronti di:
COMUNITA' MONTANA PARTENIO VALLO DI LAURO
avverso l'ordinanza del 06/09/2019 del TRIB. LIBERTA' di AVELLINO
udita la relazione svolta dal Consigliere MONICA BONI;
lette/sen44e le conclusioni del PG LUIGI BIRRITTERI
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Q: C53.5 \1/43.5.5S.613•33
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Q5+313eZ)
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Penale Sent. Sez. 1 Num. 20290 Anno 2020
Presidente: IASILLO ADRIANO
Relatore: BONI MONICA
Data Udienza: 18/06/2020
Corte di Cassazione - copia non ufficiale
Ritenuto in fatto
1.Con decreto in data 13 luglio 2019 il Procuratore della Repubblica presso il
Tribunale di Avellino, nell'ambito di un procedimento a carico di ignoti per i reati di
cui agli artt. 423-bis e 640-bis cod. pen. e 256 D.Lvo n. 152/2006, disponeva la
perquisizione dei locali della Comunità Montana del Partenio Valle di Lauro, con
conseguente sequestro di quanto rinvenuto, ritenuto costituire corpo di reato o cose
ad esso pertinenti, in ogni caso utile per l'individuazione e qualificazione dei fatti
oggetto di investigazioni. In particolare si ipotizzava che i finanziamenti pubblici,
concessi per gli anni 2007-2013 ai comuni ricadenti nel "Parco Regionale del
Partenio" e per gli anni 2014-2020 a fini di risarcimento dei danni arrecati ai terreni
da incendi boschivi dolosi riguardassero progetti che non erano stati realizzati o
comunque acquisti di attrezzature che non erano state utilizzate o erano state
destinate a finalità diverse da quelle previste.
1.1 Proposto riesame avverso il predetto decreto da parte della Comunità
Montana Partenio, il Tribunale di Avellino con ordinanza in data 6 settembre 2019 lo
annullava ed ordinava la restituzione all'avente diritto del materiale sequestrato. A
fondamento della decisione il Tribunale rilevava la genericità della descrizione degli
addebiti, oggetto di indagini, nonchè la acquisizione di meri sospetti circa la
commissione del delitto di cui all'art. 640-bis cod. pen., non avvalorati da elementi
concreti che ponessero in relazione il predetto delitto con quello di cui all'art. 423-
bis
cod. pen..
1.2 Avverso il provvedimento del Tribunale ha proposto ricorso il Procuratore
della Repubblica presso il Tribunale di Avellino, il quale ne ha chiesto l'annullamento
per inosservanza o erronea applicazione della legge penale in relazione agli artt.
247 e 253 cod. proc. pen. e per carenza di motivazione. Secondo il ricorrente, il
Tribunale non ha posto attenzione agli indizi già emersi dall'informativa di p.g. del
18 giugno 2018, che aveva indicato l'opportunità di verificare l'effettività degli
interventi finanziati e la realizzazione della rete di nnonitoraggio e controllo del
territorio per la prevenzione del rischio di incendi, nè ha considerato il contenuto del
decreto di perquisizione, nel quale erano state indicate in modo analitico le cose da
ricercare e le finalità investigative perseguite. Inoltre, l'ordinanza non rispetta il
principio di diritto, secondo il quale l'eventuale illegittimità del provvedimento di
perquisizione non si estende anche al sequestro disposto in riferimento al corpo di
reato o a cose sequestrabili ed eseguito dalla p.g., in forza di quanto stabilito
dall'art. 354, comma 2, cod. proc. pen. (Sez. U., n. 5021 del 27/03/1996).
1.3 Disposta la trattazione scritta del procedimento ai sensi dell'art. 83 del d.l.
n. 18 del 17/03/2020, convertito dalla legge n. 27 del 24/04/2020, per l'udienza del
18 giugno 2020, il Procuratore Generale presso la Corte di cassazione, dr. Luigi
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Birritteri, ha depositato requisitoria scritta con la quale ha chiesto l'annullamento
con rinvio dell'ordinanza impugnata, posto che il provvedimento di perquisizione
risulta adeguatamente motivato in ordine alla tipologia di indagini in atto ed alla
pertinenza del materiale sequestrato, strumentale all'accertamento dell'ipotesi
accusatoria di incendio boschivo e truffa aggravata. Inoltre, secondo il Procuratore
Generale, l'ordinanza è viziata da violazione di legge poichè nel procedimento di
riesame del sequestro probatorio il tribunale è tenuto soltanto a verificare il
fumus
commissi delicti.
1.4 Con memoria pervenuta in data 8 giugno 2020, il difensore della
Comunità del Partenio Valle del Lauro ha chiesto dichiararsi inammissibile il ricorso
o comunque pronunciarsi il suo rigetto.
Considerato in diritto
Il ricorso è inammissibile perchè basato su motivi manifestamente infondati e
non del tutto autosufficienti.
1.11 Tribunale, a fronte di un sequestro probatorio di beni costituenti, nella
impostazione accusatoria, corpo del reato o cose pertinenti alle vicende criminose
oggetto di investigazioni ed in grado di offrirne la prova, ha ritenuto che il
provvedimento contenesse soltanto l'indicazione dei possibili reati
"senza addurre
alcun elemento concreto a sostegno della sua prospettazione, che appare invero
generica"
e che le ipotesi di reato individuate fossero sostenute
"soltanto da
informazioni informali e confidenziali"
quanto al delitto di cui all'art. 640-bis cod.
pen. ed alla relazione ipotizzata tra tale fattispecie e quella di cui all'art. 423-bis
cod. pen., informazioni integranti meri sospetti ed insufficienti a dare concretezza al
preteso
"fumus commissi delictr.
1.1 II Procuratore ricorr'ente contrasta la decisione a ragione della denunciata
insufficienza della valutazione dei dati conoscitivi, analizzati dal Tribunale del
riesame, perchè l'ordinanza si è basata su parte soltanto del materiale acquisito
senza considerare quanto rappresentato nell'informativa del 18/6/2018 della
sezione p.g. Carabinieri della Procura della Repubblica di Avellino, che pure aveva
evidenziato la necessità di riscontrare se gli interventi per la realizzazione della rete
di monitoraggio e controllo del territorio a fini di prevenzione degli incendi,
finanziati con risorse pubbliche in favore della Comunità Montana Partenio-Valle di
Lauro, fossero stati o meno realizzati. Argomenta poi il ricorrente circa la
enunciazione nel decreto di perquisizione e sequestro dell'ipotesi accusatoria seppur
"in forma sommaria e provvisoria",
oltre che la specificazione delle cose da
ricercare e delle finalità investigative cui esse sono funzionali.
2.0sserva il Collegio che il provvedimento in contestazione contiene la
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puntuale e pertinente disamina del decreto di perquisizione e sequestro, emesso in
data 13 luglio 2019, di cui in modo del tutto corretto ha rilevato la carente
indicazione del requisito del "fumus commissi delicti", non rinvenibile
nell'enunciazione testuale della
"necessità a fini investigativi e probatori di accertare
l'effettivo acquisto ed il concreto utilizzo del materiale di seguito indicato oggetto di
finanziamenti pubblici erogati a favore della Comunità Montana del
Partrenio...costituendo corpo del reato o comunque cosa pertinente al
reato... indispensabili per individuare compiutamente e qualificare i fatti per cui si
procede".
2.1 L'impugnazione prospetta il tema delle modalità di assolvimento
dell'obbligo di motivazione in riferimento al provvedimento di sequestro probatorio.
E' noto che, al fine della verifica conducibile in sede di riesame, si pretende il solo
riscontro del
"fumus commissi delicti",
ossia dell'astratta possibilità di sussumere il
fatto attribuito ad un soggetto in una determinata ipotesi di reato e della
corrispondenza tra il fatto per cui si procede e la fattispecie incriminata sulla base
degli elementi rappresentati, su cui si fonda la notizia di reato •(sez. 5, n. 24589 del
18/4/2011, Misseri, rv. 250397; sez. 3, n. 33873 del 7/4/2006, Moroni, rv.
234782; sez. 2, n. 44399 del 27/9/2004, Rosellini ed altro, rv. 229899; sez. 6, n.
12118 del 27/1/2004, Piscopo, rv. 228227; sez. 3, n. 19766 del 25/2/2003,
Conventi, rv. 224882; sez. 1, n. 4496 del 25/6/1999, Visconti e altri, rv. 214032).
La specificazione richiesta non è funzionale a consentire il vaglio, proprio della
cognizione piena di merito, sulla concreta fondatezza dell'accusa, ma riguarda
l'idoneità degli elementi su cui si fonda la notizia di reato a far emergere la ragione
per cui è utile l'espletamento di indagini per acquisire prove certe o ulteriori del
fatto, non altrimenti conducibili senza privare l'indagato della disponibilità del bene
per trasferirla all'autorità giudiziaria (Sez. U., n. 23 del 20/11/1996, Bassi, rv.
206657; sez. 5, n. 13594 del 22/02/2015, Gattuso, rv. 262898). L'obbligo di
motivazione del decreto di sequestro probatorio si deve estendere anche
all'ulteriore profilo del nesso tra le cose da sequestrare, costituenti corpo del reato,
ovvero cose ad esso pertinenti e la concreta finalità probatoria perseguita, profilo
che, stante la natura del bene da vincolare, deve essere assolto in relazione al fatto
di reato ipotizzato ed tipo di illecito ipotizzato (sez. 2, n. 25320 del 05/05/2016,
Bulgarella, rv. 267007). I superiori principi sono stati ribaditi anche recentemente
dalle Sezioni Unite di questa Corte, che hanno riaffermato come il decreto di
sequestro probatorio, anche se riguardi cose costituenti corpo del reato, debba
contenere una specifica motivazione della finalità perseguita per l'accertamento dei
fatti (Sez. U, n. 36072 del 19/04/2018, Botticelli, rv. 273548).
2.2 Tanto consente di dedurre che, per quanto il sindacato sulla motivazione
non possa esplicarsi in modo così penetrante da verificare la fondatezza dell'ipotesi
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accusatoria, è altrettanto pacifico che non è sufficiente la mera affermazione da
parte del pubblico ministero del fumus delicti, né la prospettazione della opportunità
o utilità di condurre investigazioni in via esplorativa rispetto ad una notizia di reato.
Come già sostenuto
"Qualsiasi sia l'indirizzo giurisprudenziale che si intenda
recepire sul quantum di motivazione sia necessaria e sufficiente in tema di verifica
del "fumus delicti", non vi è dubbio che un'ipotesi astratta di reato deve essere
configurata, atteso che ciò solo consente di verificare la causa giustifica trice per la
quale si sottopone a sequestro un determinato bene ed il nesso di pertinenza
probatoria tra quel bene ed il reato"
(sez. 6, n. 56753 del 12/09/2018, Pm in proc.
Macis, rv. 274781; in termini conformi sez. 3, n. 3604 del 16/01/2019, Pm in proc.
Spinelli, rv. 275688;; in termini anche sez. 2, n. 41360 del 16/09/2015, Pettinari,
rv. 262273; sez. 2, n. 2787 del 03/12/2015, dep. 2016, Zhiding Hu, rv. 265776),
3.
L'ordinanza impugnata, frutto di un giudizio che considera attentamente lo
schema legale disciplinato dal legislatore e l'esatta struttura e finalità del sequestro
imposto ai sensi dell'art. 253 cod. proc. pen., non viene efficacemente contrastata
con l'impugnazione, che da un lato non considera gli arresti pìu recenti della
giurisprudenza di questa Corte, invocando principi sulla sommarietà della
motivazione, ormai superati, dall'altro non riesce a dare conto dell'effettiva
enucleazione di un'accusa dotata di minima capacità di informare il destinatario del
contenuto del'addebito. Invero, il decreto in questione è privo di qualsiasi
descrizione, anche sommaria, dei fatti di reato per cui si procede, esaurendosi lo
sforzo argomentativo compiuto nell'indicazione delle norme di legge asseritannente
violate, ma in assenza dei necessari riferimenti, anche minimi, a tempi, luoghi,
soggetti coinvolti. Inoltre, anche quanto alla finalità perseguita con la misura, dal
decreto non si evince quali beni rientrino nella nozione di corpo di reato e quali
siano cose ad esso pertinenti, né in quali termini essi assolvano alla funzione
probatoria postulata dall'accusa.
4.
Il
deficit motivazionale riscontrato non può essere superato a ragione della
possibilità di valutare in via autonoma il decreto di sequestro rispetto al
provvedimento di perquisizione. Ferma restando la validità e condivisibilità dei
principi teorici richiamati in ricorso, nel caso di specie anche quest'ultimo soffre
delle medesime carenze giustificative del decreto di sequestro, poiché non precisa
gli addebiti individuati e non spiega in nessun modo, nemmeno per implicito, quale
rapporto funzionale leghi gli oggetti vincolati e le ipotesi criminose in corso di
investigazione, precisando soltanto che quanto rinvenuto sarà oggetto di
accertamento tecnico ripetibile di cui è incaricato un consulente del pubblico
ministero, ma non la relativa natura e finalità. E', inoltre, genericamente dedotta in
ricorso la condizione di oggettiva sequestrabilità dei beni appresi nel corso delle
operazioni di perquisizione.
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Tutte le indicazioni fornite al riguardo dal ricorrente nell'impugnazione, ossia
la destinazione delle attrezzature e dei dispositivi anche informatici sequestrati a
finalità diverse da quelle per le quali erano stati erogati i finanziamenti pubblici, la
predisposizione di documentazione di comodo per occultare il reale ed illecito
impiego dei beni, la
"mancata predisposizione del sistema di monitoraggio e
controllo del territorio (che avrebbe dovuto essere approntato dalla Comunità
Partenio e Vallo di Lauro proprio mediante la effettiva installazione "sul campo"
delle attrezzature oggetto di sequestro"
ed il conseguente incremento dei fenomeni
di incendio nella zona di operatività della predetta Comunità, non sono rinvenibili,
nè nel decreto di perquisizione locale, nè nel verbale di perquisizione e sequestro e
richiamano atti probabilmente contenuti nel fascicolo del pubblico ministero, non
allegati al ricorso, che è privo di autosufficienza, quindi non valutabili da parte del
giudice di legittimità. Restano dunque allegazioni, frutto di interpretazione
soggettiva, compiuta dagli inquirenti, dei dati informativi acquisiti da fonte
imprecisata, come tali irrilevanti ed ininfluenti sul giudizio di legittimità del decreto
correttamente annullato dal Tribunale del riesame.
Per le considerazioni svolte il ricorso va dichiarato inammissibile.
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso.
Così deciso il 18 giugno 2020.
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