SENTENZA Nº 202304240 di Consiglio di Stato, 04-04-2023

Presiding JudgeGIOVAGNOLI ROBERTO
Judgement Number202304240
Published date27 Aprile 2023
Date04 Aprile 2023
CourtCouncil of State (Italy)
Pubblicato il 27/04/2023

N. 04240/2023REG.PROV.COLL.

N. 10816/2021 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Settima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 10816 del 2021, proposto da
Mario Midiri, rappresentato e difeso dagli avvocati Giuseppe Caia, Aristide Police, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio Aristide Police in Roma, viale Liegi, 32;

contro

Università degli Studi di Modena e Reggio Emilia, rappresentata e difesa dagli avvocati Lorenzo Canullo, Paola Pecorari, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

nei confronti

Ministero dell'Economia e delle Finanze, non costituito in giudizio;

per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per l'Emilia Romagna (Sezione Prima) n. 00879/2021


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Università degli Studi di Modena e Reggio Emilia;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 4 aprile 2023 il Cons. Rosaria Maria Castorina e uditi gli avvocati Aristide Police per la parte appellante e Lorenzo Canullo per l'Università degli studi appellata;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

L’odierno appellante, già funzionario del Senato, dopo aver conseguito all’esito di procedura concorsuale pubblica, l’idoneità scientifica per professore ordinario nel settore disciplinare IUS 09 (Istituzioni di diritto pubblico), era nominato, con decreto rettorale 27 ottobre 2005 n. 488, docente di prima fascia presso l’Università di Modena-Reggio Emilia, con decorrenza dal 1° novembre 2005. Contestualmente all’adozione di detto decreto, l’interessato rendeva la dichiarazione prevista dall’art. 145, D.P.R. 29 dicembre 1973, n. 1092, chiedendo all’Amministrazione universitaria di non considerare i servizi pregressi a fini del trattamento di quiescenza, computabili per la maturazione di un trattamento pensionistico secondo il regime speciale previsto dal Senato per la previdenza dei dipendenti. Il docente cominciava a prestare regolare servizio e a ricevere la retribuzione mensile.

In data 11 marzo 2015, l’Amministrazione adottava il decreto n. 67/2015, chiedendo la restituzione di euro 108,072 euro, quale somma indebitamente percepita nell’anno 2014, calcolata sommando la retribuzione lorda corrisposta dall’Ateneo (comprensiva degli oneri previdenziali a carico del datore di lavoro e delle ritenute fiscali) nonché quota parte del trattamento corrisposto dal Senato. Il decreto veniva impugnato innanzi al Tar Emilia Romagna e cautelarmente sospeso con ordinanza dello stesso Tribunale 9 luglio 2015, n. 223/2015.

A seguito d’istanza di riesame l’Amministrazione disponeva, con il decreto n. 3 del 10 gennaio 2019 l’integrale sostituzione dell’impugnato decreto n. 67/2015 ricalcolando la somma pretesa sulla base delle retribuzioni, corrisposte nell’anno 2014, al lordo delle imposte e delle ritenute previdenziali ed assistenziali, senza più incidere sugli emolumenti corrisposti dal Senato.

Il ricorso R.G. n. 511/2015 avverso il decreto n. 67/2015, veniva dichiarato perento con decreto presidenziale n. 42 del 20 febbraio 2020.

Il decreto rettorale 10 gennaio 2019, n. 3 veniva impugnato con ricorso R.G. n. 251/2019 – deciso dalla sentenza in questa sede impugnata.

Con un primo atto di motivi aggiunti, veniva impugnato il decreto rettorale n. 268 del 15 maggio 2019 con il quale si chiedeva al docente di restituire le retribuzioni lorde relative agli anni 2015, 2016, 2017, 2018, calcolate – come nel decreto 10.1.2019 - al lordo delle imposte e delle ritenute previdenziali ed assistenziali.

In data 11 marzo 2020 l’Amministrazione adottava un ulteriore decreto - impugnato con il secondo atto di motivi aggiunti - con il quale operava alcune rettifiche degli importi fissati dai sopra decreti 10.1.2019 e 15.5.2019, con diffida ad adempiere entro 60 giorni e messa in mora, sempre assumendo come base di calcolo la retribuzione lorda.

A seguito di interpello all’Agenzia delle Entrate effettuato dall’Amministrazione, quest’ultima correggeva ulteriormente, con decreto 6 maggio 2021 l’importo delle somme pretese, ora quantificate sulla base del “netto” percepito, non computando più le imposte e le ritenute previdenziali ed assistenziali. La correzione del quantum preteso - definito in complessivi €156.549,62 - superava la censura mossa per l’illegittima pretesa della restituzione al lordo delle imposte e delle ritenute previdenziali. Restavano però impregiudicati gli altri profili d’illegittimità esposti nel ricorso, sicché l’interessato impugnava il decreto 6 maggio 2021, integralmente sostitutivo dei decreti precedenti, con il terzo atto di motivi aggiunti.

Il Tar per l’Emilia Romagna, con la sentenza 25 ottobre 2021, n. 879 – dichiarati improcedibili il ricorso introduttivo e i primi due atti di motivi aggiunti, avendo il decreto 6 maggio 2021 sostituito integralmente i precedenti – respingeva tutti i motivi di ricorso.

Appellata ritualmente la sentenza resisteva l’Università degli studi di Modena la quale evidenziava che, in data 4 maggio 2022, l’Università e l’appellante avevano modificato i termini per la restituzione rateizzata della somma dovuta da quest’ultimo; nel caso di definitiva soccombenza in tutti i gradi di giudizio veniva prevista la restituzione della somma dovuta mediante pagamento di rate mensili di euro 5.000,00 cadauna (anziché 4.000,00 cadauna).

All’udienza del 4 aprile 2023 la causa passava in decisione.

DIRITTO

1.Con il primo motivo di appello l’appellante deduce: Error in iudicando nella parte in cui la sentenza, sub nn. da 4.1. a 4.5., rigettava il 1° e 3° motivo di ricorso, per violazione e falsa applicazione del comma 489, terzo periodo, l. n. 147/2013 che fa salvi i rapporti in corso. Incongruenza e contraddittorietà della interpretazione restrittiva del lemma “incarichi”. Mancata considerazione dell’endiadi “contratti e incarichi”. Mancata interpretazione conforme ai principi, rilevanti anche a livello eurounitario, di irretroattività, tutela dell’affidamento, certezza dei rapporti giuridici e divieto di discriminazione nei rapporti di lavoro.

Contesta la mancata applicazione della clausola di salvezza introdotta dal comma 489, terzo periodo, legge 27 dicembre 2013, n. 147 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale 2014 e del bilancio pluriennale 2014-2016) per i rapporti d’impiego instaurati anteriormente alla sua entrata in...

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