SENTENZA Nº 202007086 di Consiglio di Stato, 12-11-2020

Presiding JudgeCORRADINO MICHELE
Date12 Novembre 2020
Published date16 Novembre 2020
Judgement Number202007086
CourtCouncil of State (Italy)
Pubblicato il 16/11/2020

N. 07086/2020REG.PROV.COLL.

N. 09216/2019 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 9216 del 2019, proposto da
Antonino De Masi, De Masi Costruzioni s.r.l., Giuseppe De Masi, Calfin s.p.a., rappresentati e difesi dagli avvocati Giacomo Francesco Saccomanno e Andrea Saccomanno, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

Ministero dell'Interno, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato, presso i cui uffici domicilia ex lege in Roma, via dei Portoghesi n. 12;
Commissario Straordinario Antiracket del Governo per il Coordinamento delle Iniziative Antiracket e Antiusura, Ufficio Territoriale del Governo di Reggio Calabria, non costituiti in giudizio;

per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Calabria, Sezione staccata di Reggio Calabria, n. 00161/2019, resa tra le parti


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero dell'Interno;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 12 novembre 2020 il Cons. Ezio Fedullo e dato atto che gli Avvocati della parte appellante hanno presentato istanza di passaggio in decisione della causa senza discussione;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:


FATTO e DIRITTO

L’esame dell’appello esige la preliminare ricostruzione dei passaggi procedimentali e processuali che hanno preceduto l’instaurazione della presente controversia.

Iniziando dalla sentenza n. 398 del 13 aprile 2016, con la stessa il T.A.R. Calabria riconosceva la fondatezza della domanda di annullamento proposta dai sig.ri Antonino De Masi, in proprio e quale amministratore unico della De Masi Costruzioni s.r.l., e Giuseppe De Masi, in proprio e quale amministratore unico della Calfin s.p.a., avverso i provvedimenti assunti dal Commissario Straordinario del Governo per il Coordinamenti delle Iniziate Antiracket e Antiusura, mediante i quali erano stati riconosciuti i seguenti importi quale “mutuo antiusura”:

- decreto n. 304-U-10/7/2013 del 18 luglio 2013: € 330.819,00 a titolo di anticipazione, con contratto sottoscritto in data 19 luglio 2013;

- decreto n. 489-U-26/8/2013 del 9 settembre 2013: €. 1.126.986,83 a titolo di saldo, con contratto sottoscritto in data 20 settembre 2013.

Va infatti precisato che la controversia è relativa ai benefici richiesti dalle società suindicate nell’ambito dell’accesso al Fondo di solidarietà per le vittime dell’usura presso l’ufficio del Commissario Straordinario del Governo per il Coordinamento delle Iniziative Antiracket, ai fini della concessione di un mutuo senza interessi ai sensi dell’art. 14 l. n. 108/1996, a titolo di ristoro dei danni dalle stesse subiti quali vittime del reato di usura, asseritamente commesso in loro danno dai rappresentanti e dai funzionari degli istituti di credito ai quali si erano rivolte per ottenere il finanziamento necessario alla loro attività di impresa.

Va altresì evidenziato che la sentenza suindicata era stata preceduta da altri pronunciamenti del giudice calabrese, aventi ad oggetto i provvedimenti reiettivi adottati dal Commissario Straordinario del Governo per il Coordinamento delle Iniziative Antiracket e Antiusura, sul presupposto che i richiedenti non fossero al momento della presentazione della domanda nella posizione di parte offesa in un procedimento penale per usura.

In particolare, con la sentenza n. 27/2011, il T.A.R. calabrese annullava i decreti nn. 46 e 47 del 2008, con i quali il Commissario aveva respinto la domanda di mutuo antiusura, ritenendo sussistente il requisito della “posizione di parte offesa nel procedimento penale” per l’intero procedimento penale come principiato all’esito della sporta denuncia ed evidenziando che la mera emissione di una sentenza di assoluzione in primo grado, laddove non passata in giudicato, non fosse ostativa all’esame della domanda e non potesse atteggiarsi a presupposto onde attivare il potere di revoca previsto dal comma 9 dell’art. 12 l. n. 108/1996.

Stante l’inerzia dell’Amministrazione resistente, gli interessati adivano nuovamente il T.A.R. con ricorso di ottemperanza, al fine di ottenere l’esecuzione della citata pronuncia n. 27/2011, e all’esito del giudizio di ottemperanza veniva emessa la sentenza n. 437/2012, con la quale il T.A.R. dava mandato all’Amministrazione di riesaminare la domanda di mutuo nei termini di cui in motivazione.

Il Commissario Straordinario, quindi, emanava i decreti nn. 222, 223 e 460 del 2012, con i quali rigettava nuovamente la domanda di mutuo, sul rilievo della sopravvenienza della sentenza del 19 novembre 2011 della Corte Suprema di Cassazione, di conferma della sentenza di assoluzione della Corte di Appello di Reggio Calabria del 2 luglio 2010, ritenendo che ciò avrebbe determinato il sopravvenuto difetto del presupposto di cui all’art. 14 l. n. 108/1996 (ovvero l’essere le imprese ricorrenti “persone offese nel reato di usura in un procedimento penale”).

Con la successiva sentenza n. 433/2013, quindi, il T.A.R. Calabria annullava il decreto n. 460/2012 del 1° agosto 2012 (dichiarando l’improcedibilità del gravame avverso i provvedimenti nn. 222 e 223 del 3 aprile 2012), statuendo l’obbligo di riesame delle istanze nel rispetto delle condizioni indicate in motivazione.

Il T.A.R. evidenziava in particolare che i ricorrenti erano ancora da qualificarsi come parti offese in un procedimento penale per il reato di usura, in quanto il procedimento definito con la prima sentenza emessa nel novembre 2007 era proseguito con la richiesta di rinvio a giudizio dei direttori generali, con l’accoglimento della richiesta da parte del G.I.P., e con la pendenza dello stesso processo dinanzi al Tribunale di Palmi, ove i ricorrenti erano costituiti parte civile, mentre doveva considerarsi irrilevante la sentenza del 19 novembre 2011 emessa dalla Corte di Cassazione, così come la temporanea perdita della qualità durante il procedimento di esame della domanda a cura del Commissario Straordinario, atteso che a rilevare era solo l’aver denunciato uno specifico reato di usura “…mentre gli sviluppi delle successive vicende giudiziarie – che ben possono articolarsi in più processi coevi e successivi, dipendendo tale circostanza dalle concrete evenienze del giudizio – non influiscono sul presupposto sostanziale, fino a che non si pervenga all’accertamento dell’esistenza del delitto ed alla individuazione degli autori”.

Proseguiva il T.A.R. osservando che la sopravvenienza...

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