Sentenza Nº 12323 della Corte Suprema di Cassazione, 31-03-2021

Presiding JudgeRAGO GEPPINO
ECLIECLI:IT:CASS:2021:12323PEN
Judgement Number12323
Date31 Marzo 2021
CourtSeconda Sezione (Corte Suprema di Cassazione di Italia)
Subject MatterPENALE
SENTENZA
sui ricorsi proposti da:
ALFANI REMO nato a SALERNO il 12/09/1944
CHIANESE CIPRIANO nato a PARETE il 20/01/1951
MENALE FILOMENA nato a TEVEROLA il 10/11/1950
CERCI GAETANO nato a NAPOLI il 20/03/1965
avverso la sentenza del 17/01/2019 della CORTE ASSISE APPELLO di NAPOLI
visti gli atti, il provvedimento impugnato, i ricorsi ed i motivi aggiunti;
udita la relazione svolta dal Consigliere Giuseppe COSCIONI;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Ettore PEDICINI, che
ha concluso chiedendo dichiararsi l'inammissibilità dei ricorsi;
Udito il difensore delle parti civili LEGAMBIENTE e COMUNE DI PARETE, Avv. Daniele
CAMEROTA, in sostituzione dell'Avv. Giovanni ZARA, il quale si è riportato alle
conclusioni e nota spese depositate;
Udito il difensore della parte civile Comune di GIUGLIANO, Avv. Paolo Maria DI
NAPOLI, il quale si è riportato alle conclusioni e nota spese depositate;
Uditi i difensori di CHIANESE Cipriano e MENALE Filomena, Avv.Giuseppe STELLATO e
Avv.Alfredo GAITO in sostituzione dell'Avv. Emilio MARTINO, i quali hanno insistito
nell'accoglimento del ricorso;
Uditi i difensori di ALFANI Remo, Avv.Attilio BELLONI e Avv.Stefano MONTONE, che si
sono riportati al ricorso ed ai motivi aggiunti, chiedendone l'accoglimento;
Penale Sent. Sez. 2 Num. 12323 Anno 2021
Presidente: RAGO GEPPINO
Relatore: COSCIONI GIUSEPPE
Data Udienza: 19/01/2021
Corte di Cassazione - copia non ufficiale
RITENUTO IN FATTO
1. La Corte di assise di Napoli, con sentenza del 15 luglio 2016, per quanto
qui di interesse, condannava : Alfani Remo per il reato di cui al capo 35 (art. 434
secondo comma e 439 cod.pen.; Cerci Gaetano per il reato di cui al capo 35 (art.
434 secondo comma e 439 cod.pen.); Chianese Cipriano per i reati di cui ai capi
1 (art. 416 bis, 1,2,3,4,5,6 e 8 comma cod.pen., 2 (110,81 cpv, 629 comma 2
con riferimento al comma 3 n.1 e 3 dell'art. 628 cod.pen., e 7 della legge 203
del 1991 limitatamente ai fatti commessi tra marzo e dicembre 1992, estorsione
ai danni di Pagano Gennaro e Sidercantieri), 30 (estorsione ai danni di Facchi) e
35; Menale Filomena del reato di cui al capo 31 (art. 648 bis cod.pen.); la
sentenza di primo grado aveva inoltre dichiarato prescritti i reati di falso e truffa
contestati in quanto estinti per intervenuta prescrizione; la Corte di assise di
appello, con sentenza del 17 gennaio-16 luglio 2019, con riferimento al reato di
cui al capo 35 riqualificava l'ipotesi delittuosa originariamente contestata (art.
434 secondo comma cod.pen.) in quella di cui al primo comma dell'art. 434
cod.pen dichiarando il reato estinto per intervenuta prescrizione e rideterminava
la pena per il reato di cui all'art 439 cod.pen., ed assolveva Chianese dal reato di
cui al capo 30, confermando nel resto la sentenza impugnata e condannando gli
imputati al pagamento delle spese sostenute dalle parti civili costituite.
1.1 Avverso la sentenza propongono ricorso i difensori di Chianese Cipriano
e Menale Filomena.
Con un primo motivo i difensori eccepiscono che la sentenza impugnata
meritava censura per inosservanza ed erronea applicazione degli artt. 649
cod.proc.pen. e 416 bis cod.pen. in merito: a) alla delimitazione sino al 31
dicembre 1991 della efficacia del giudicato assolutorio di cui alla sentenza
emessa in data 11 novembre 1993; b) alla denegata identità tra il fatto oggetto
di accertamento nel giudizio risalente al 1993 e quello contestato nel
procedimento in esame; quanto al primo aspetto, contrariamente a quanto
ritenuto dalla Corte di Assise di Appello, la contestazione elevata a Chianese nel
processo del 1993 era da considerarsi "aperta" (e non "chiusa"), non essendo
esplicitamente individuata la data di cessazione della condotta partecipativa, non
rilevando, in senso contrario, l'indicazione di "fatti commessi in varie località del
territorio nazionale tra il 1988, 89, 90, 91", giacchè essi erano pertinenti al
presunto rilascio di autorizzazioni illegali che, nella prospettazione accusatoria,
integravano solo una delle modalità operative della consorteria malavitosa;
quanto al secondo, la decisione della Corte recepiva acriticamente la
ricostruzione dei fatti da parte del collaboratore di giustizia Perrella Nunzio (non
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confortato da alcuna ulteriore emergenza), non considerando che la
contestazione del presente procedimento era pienamente contenuta in quella del
precedente procedimento (era addirittura identica la modalità di partecipazione
contestata a Chianese e non si potava giudicare ostativa alla invocata
preclusione la parzialmente diversa composizione soggettiva del sodalizio, né la
differente ampiezza dell'oggetto del programma); la dedotta violazione dell'art.
649 cod.proc.pen. trovava conforto in plurime contingenze emerse nel corso
dell'istruttoria dibattimentale e riscontrate dalla documentazione prodotta dalla
difesa.
1.2 I difensori lamentano poi l'inosservanza ed erronea applicazione degli
artt. 110, 416 bis cod.pen., 192 comma 3 e 4, 546, 530 cod.proc.pen. in merito:
a) alla presunta operatività della cd. convergenza del molteplice rispetto al
contributo cognitivo offerto dai collaboratori di giustizia, a prescindere da
qualsiasi preliminare verifica circa le condizioni che consentono di accedere a tale
istituto e da una puntuale comparazione tra il narrato e le singole condotte di
partecipazione di cui al capo 1; b) alla omessa valutazione di elementi a favore,
pur prospettati dalla difesa; c) alla apodittica affermazione di persistenza della
condotta di partecipazione oltre i confini spazio/temporali (anno 1993) tracciati
dai propalanti; d) alla denegata riqualificazione del fatto ai sensi degli artt. 110,
416 bis cod.pen.; i difensori rilevano: che i giudici di merito avevano proceduto
ad una valutazione complessiva, che si era risolta in un assemblaggio confuso
delle emergenze istruttorie, avulso dalla verifica di ciascun segmento di addebito
e degli elementi di prova ad esso conferenti; che la partecipazione di Chianese
alla attività di controllo mafioso dei rifiuti dei concorrenti necessari Cerci Gaetano
e Bidognetti Francesco doveva arrestarsi, a tutto voler concedere, all'anno 2003,
quando nei confronti di entrambi era stata eseguita l'ordinanza di custodia
cautelare per il delitto dal quale Chianese era stato assolto con la sentenza
emessa 1'11 novembre 1993; che il propalante Perrella si era occupato della
questione smaltimento rifiuti non oltre il 1990 (pag.14 ricorso); che l'apporto di
Schiavone Carmine,
de relato,
non andava oltre il 1992 e le sue dichiarazioni (al
pari di quelle di De Simone e Ferrara) erano state già valutate per ben due volte
inidonee a sostenere l'accusa in giudizio (decreti di archiviazione del giudice per
le indagini preliminari del 29/9/97 e del 10/10/02); che Quadraro Giuseppe, pur
avendo precisato di essere stato coinvolto nella fase genetica della
organizzazione del traffico dei rifiuti, non conosceva Chianese, né ne aveva mai
sentito parlare; che Diana Luigi, pur avendo riferito del coinvolgimento di
Chianese nel traffico dei rifiuti, non aveva mai presenziato ad incontri con
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